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Il problema è l’indigenza, non la diseguaglianza

Il problema è l’indigenza, non la diseguaglianza

Il 5 per cento delle famiglie italiane ha il 46 per cento delle ricchezze nazionali. Ma è normale che in una società ci siano differenze. Il vero obiettivo è aiutare chi sta peggio.


I tassi di diseguaglianza economica non danno segnali di diminuzione, anzi, danno segnali in senso inverso, e questo non è un fenomeno che è riferibile a pochi anni ma ai decenni passati e del quale, soprattutto dopo il Covid e la crisi energetica, se ne possono vedere i segnali più evidenti con maggiore chiarezza. In una analisi della Banca d’Italia si legge che «Il 5 per cento delle famiglie italiane più ricche possiede quasi il 46 per cento della ricchezza netta totale. I principali indici di disuguaglianza sono rimasti sostanzialmente stabili tra il 2017 e il 2022, dopo essere aumentati tra il 2010 e il 2016».

Lo studio evidenzia come le famiglie meno abbienti possano contare sul possesso dell’abitazione mentre quelle più benestanti detengono un portafoglio più diversificato in azioni, depositi e polizze. Del resto, non meraviglia che i nuclei familiari meno abbienti non abbiano risparmi di vario tipo e questo vorrebbe evidentemente dire che non sono in grado di destinare parte del reddito al risparmio stesso perché il reddito è appena sufficiente, quando lo è, a soddisfare i bisogni essenziali. Nel 2010 circa la metà del patrimonio abitativo era detenuto dalle famiglie della classe media; nel 2022 tale percentuale è scesa al 45 per cento soprattutto a vantaggio del decimo più ricco; la quota di abitazioni posseduta dalle famiglie è rimasta stabile nel tempo attorno al 14 per cento. I depositi sono aumentati il 40 per cento tra il 2010 e il 2022 soprattutto per le famiglie appartenenti al decimo più ricco. In altri Paesi europei come la Francia e la Germania la situazione va pure peggio perché, come è noto, la percentuale di possessori di casa in Italia è tra le più alte d’Europa. Come è stato sottolineato molte volte, la questione fondamentale non è quella della diseguaglianza ma è quella dell’indigenza. Eppure, c’è un «però». Se la diseguaglianza arriva a livelli per i quali la fascia più bassa si impoverisce sempre di più a favore delle fasce più alte fino a entrare speditamente oltre la soglia di povertà, allora, evidentemente, il problema della diseguaglianza diventa serio.

Ma non bisogna comunque lasciarsi confondere, il tema centrale è l’estremo bisogno perché è noto che non potremo mai avere una società senza diseguaglianze, dunque, la questione è fare in modo che coloro che sono in povertà non si trovino strangolati da essa. Tra l’altro, ce lo insegnano i Paesi in via di sviluppo, in certe situazioni dove aumenta il lavoro e il reddito, aumenta anche la diseguaglianza. Non è difficile da capire: se quel luogo dove tutti vivevano in povertà assoluta vede insediarsi un’impresa di qualsiasi tipo grazie alla quale comunque una qualche forma di reddito diventa disponibile per un gruppo ristretto di popolazione è chiaro che, essendo stati tutti poveri precedentemente, ed avendo avuto ora qualche inserimento nel mondo del lavoro, si è creata una diseguaglianza, neanche minima, tra coloro che ora lavorano e coloro che sono rimasti disoccupati. Questo per parlare dei Paesi in via di sviluppo, ma un ragionamento simile potrebbe essere anche azzeccato per alcune regioni italiane o zone europee. Alcuni economisti americani come Joseph Stiglitz hanno proposto una sorta di tassa universale che vada a favore di coloro che sono nelle fasce estreme della diseguaglianza. A parte la difficoltà di realizzare un meccanismo di questo tipo, comunque, a oggi, sarebbe praticamente impossibile da mettersi in pratica per la mancanza di un organismo internazionale che abbia questi poteri, certamente non l’Onu. Il problema ricade come sempre entro i confini della sovranità nazionale o entro i confini di Stati che si siano in qualche forma uniti (vedi l’Europa), ma ancora la lentezza burocratica e l’entità delle cifre messe a disposizione non si avvicinano neanche lontanamente a ciò che sarebbe necessario per costruire un meccanismo alla Stiglitz anche solo su scala europea. © riproduzione riservata

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