In queste settimane stanno emergendo nuovi dati sull’odio on-line. Facebook ha eliminato oltre 9 milioni e mezzo di contenuti in tre mesi. Lo stesso, ma con numeri dimezzati, vale per gli altri social network come Twitter, Instagram, Tik Tok. E’ il fenomeno dell’hate speech che avanza sulla Rete, ma che non è un fatto esclusivo del mondo digitale. Al netto dei profili social fake, oggi la vita digitale e quella “terrena” sono sempre meno separabili. L’una è il contenitore dell’altra. Dunque, il dato è che l’aumento dell’odio cibernetico rispecchia un aumento, seppure non in egual misura, dell’odio reale tra le persone. Che dobbiamo preoccuparci per questo è un’ovvietà. Vale però la pena fare uno sforzo ulteriore e comprendere cosa può succedere attorno a noi, se non anticipiamo alcuni comportamenti sociali.
Sappiamo di vivere in un tempo molto complicato. La crisi sanitaria del Covid-19 ha scatenato uno shock economico le cui conseguenze non sono ancora calcolate neppure nei dossier più informati delle agenzie internazionali. Probabilmente tra l’inizio dell’estate e settembre le aziende subiranno il primo vero impatto con la crisi. Questo si ripercuoterà sui lavoratori, i cittadini che ogni giorno si svegliano per portare a casa lo stipendio. E’ probabile che l’occupazione calerà e l’Italia dovrà fare i conti con una crisi sociale che coinvolgerà centinaia di migliaia di persone. La nostra società sarà messa a dura prova. Quelle persone, e tra quelle potrebbe esserci anche chi scrive o chi legge, non potranno riprendersela con il coronavirus. Il virus è un’entità presente ma astratta. Il virus non si può insultare. Contro il virus non ci possiamo sfogare. Allora, la rabbia sociale contro cosa o chi si sfogherà? Dovrà essere canalizzata ed è probabile che succeda nel modo sbagliato.
Per questo, per scongiurare questo pericolo che è all’orizzonte – e i dati sull’odio on line sono solo un’anticipazione del problema che verrà -, bisogna sperare in un governo che sappia bilanciare l’esigenza del singolo individuo e l’esigenza della collettività. Dobbiamo pensare alla nostra comunità italiana come fosse un grande corpo umano. All’interno ci sono gli organi e gli organismi. Finché questi vivono in armonia tra loro, tutto funziona. Ma che succede se uno di questi organi smette di funzionare? Il corpo intero va in difficoltà e può generare una escalation di problemi. Così è per la società, se le singole componenti non svolgono il proprio lavoro in modo sano, tutta la società si ammala. Chi governa, oggi che siamo sulla porta d’ingresso di un tempo difficile, deve applicarsi affinché i singoli individui siano nelle condizioni di operare bene e possano dunque contribuire al bene sociale. Se ci sbagliamo ora, rischiamo che un pezzo importante di noi si ammali. Stavolta non di Covid, ma di odio gratuito.