In Italia siamo abituati a un fenomeno che parte dai consigli di circoscrizione, passa per i Comuni e le Provincie, attraversa le Regioni, arriva al Parlamento e persino in Europa. Il fenomeno è il seguente: una parte politica chiede una riforma a cui poi segue il nulla che, in filosofia, è un concetto alto, mentre in politica è un fallimento. Ma poi cos’è che succede di così particolare in Italia? Che quella stessa proposta formulata da una parte politica, e poi accantonata, quando viene realizzata dall’opposizione non va più bene, non è sufficiente, è su una strada che non va nella direzione giusta e qui nasce il concetto di benaltrismo, che consiste nell’affermazione che «ci vuole ben altro». Non si tratta di un episodio isolato, ma di una prassi costante che induce a una noia mortale per la ripetitività, l’inutilità e il tasso di velleitarismo presente in questo modus operandi.
Non fa eccezione la riforma dell’accesso alla facoltà di Medicina promosso dalla ministra Anna Maria Bernini, secondo cui «finalmente cambia un sistema che ha tenuto troppo chiuse le porte delle università e ha costretto i ragazzi a sottoporsi alla gogna dei test inutili che erano diventati una specie di roulette russa con alla base una formazione preventiva costosissima e totalmente inutile». Diversa l’opinione dell’opposizione che parla, ovviamente, di finta abolizione del numero chiuso e di propaganda. Vediamo di spiegare di cosa si tratta e lasciamo alle gentili lettrici e ai lettori il giudizio, ben consci che i cittadini valutano, al contrario delle forze politiche, non chi ha fatto un provvedimento, ma la validità dello stesso. E questa è una gran consolazione. La riforma prevede l’abolizione del test di ingresso, diventato davvero ridicolo, buffonesco, strampalato, farsesco e financo puerile. La prova, infatti, prevedeva domande che non avevano alcuna attinenza con la facoltà a cui si chiedeva l’ammissione, ma soprattutto nulla c’entravano con il buon senso. Si andava da domande su particolari del Risorgimento ad alcune che riguardavano specie floreali o fauna in via di estinzione. Come se non bastasse, a volte, comparivano test di intelligenza evidentemente redatti da soggetti mancanti dell’intelligenza medesima, quindi potremmo definirle, con termine non aulico, «stronzate». Ma non solo.
Gli studenti, per prepararsi, dovevano farlo sovrapponendo lo studio a pagamento per questi test (molto costoso) alla preparazione della maturità con un aggravio sconsiderato di studio e di tempo tolto irragionevolmente a quello per la preparazione di un esame così importante. Ebbene, non riusciamo a capire come non si sia arrivati prima a pensare che non si potessero sovraccaricare così gli studenti dell’ultimo anno della scuola superiore già impegnati in una prova fondamentale e che, in qualche modo, compiva e compie il loro ciclo di studi. Sarebbe come se, nel momento delle finali dei 100 metri stile libero, al nuotatore venissero applicati dei pesi di piombo alle braccia e alle gambe. Complimenti: fare peggio era difficile.
La riforma prevede l’introduzione di un semestre ad accesso libero nel quale gli studenti dovranno studiare materie comunque utili, qualunque sia l’esito di questo periodo; nello specifico, discipline delle aree di scienze biologiche, chimica e fisica, la cui conoscenza potrà essere utilizzata per l’ammissione al secondo semestre, ma anche nel caso in cui lo studente non superi i relativi esami di profitto e decida di iscriversi a un altro corso di laurea scientifico. Così facendo non solo non perderà tempo, ma il contenuto di quelle materie non risulterà peregrino per il proseguimento degli studi. Nel caso in cui superi le prove, sarà ammesso al secondo semestre. Un percorso lineare, semplice, utile e comunque proficuo per lo studente stesso, qualunque ne sia l’esito. L’opposizione sostiene che, comunque, rimane il limite dei posti che si attestano a oltre ventimila l’anno, anche se il ministro Bernini ha già annunciato un aumento a quota trentamila per il prossimo anno, mettendolo anche per iscritto.
Andrà tutto bene? Boh. La riforma contiene difetti? Certamente. I trentamila posti li vedremo veramente e non subiranno tagli per cause di bilancio? Vedremo. Non ci risulta che il ministro dell’Università sia dotato della prerogativa papale dell’infallibilità. Noi, per ora, stiamo alla proposta che supera un problema grande per gli studenti e che apre la strada a un numero maggiore di medici di cui c’è un bisogno estremo. Per il resto vedremo. Il tempo ci dirà se la direzione imboccata porterà agli obiettivi che tale direzione si è posta. Certo è che uno che critica una proposta prima di verificarne il tasso di attuazione, è uno che ragiona non sui fatti ma sui pregiudizi.