Mentre dal mare arrivano sempre più migranti, in Italia si trova già mezzo milione di clandestini che facilmente diventano sbandati e criminali. Ciò nonostante, rimangono spesso in libertà. E nessuno si sente più al sicuro.
Bobo ha appena compiuto trent’anni. È nato e cresciuto in Guinea, ma dal 2010 è uno tanti clandestini che vaga tra Lombardia e Veneto. Ha una fedina penale lunga cinque pagine, fitta come la nebbia padana che ha imparato a sopportare. Il suo casellario conta 26 precedenti: denunce, arresti, quattro condanne, due annetti in cella. L’ultima impresa criminale è di una decina di giorni fa. Bobo si sveglia di buon’ora. Alle sette e trenta è già al Caffè Pedrocchi, il più antico e celebrato di Padova. Tenta di svaligiare la cassa, aggredisce due baristi, minaccia i sopraggiunti poliziotti.
Lo arrestano. Ancora una volta. Il pm di Padova, Sergio Dini, legge i precedenti del guineano. Trasecola: com’è possibile che Bobo sia libero? È un primatista assoluto. Solo negli ultimi sette mesi ha collezionato dieci denunce per furti e reati vari. Gli ultimi due arresti si succedono nel giro di pochi giorni. Il 17 settembre scorso a Monselice, sempre nel Padovano, tenta di entrare in una villetta. Vista la sterminata fedina penale, resta in cella? No. Il clandestino senza fissa dimora avrà l’obbligo di dimora in una cascina abbandonata, che dice di bazzicare. Così, il 21 settembre tenta l’ennesima rapina: stavolta al Pedrocchi. Viene riarrestato. Recidiva reiterata: Dini chiede la convalida della custodia cautelare. Invano. Al processo, celebrato per direttissima, viene confermato il buffetto: divieto di dimora, ma a Padova. Insomma, se proprio ci tiene, vada a far danni in provincia: a Vigonza o Saccolongo, per esempio.
Bobo è uno dei 124.771 clandestini denunciati o arrestati in Italia nel 2022. Sono il 15,4 per cento del totale, italiani e stranieri compresi. Senza permesso di soggiorno, casa o futuro. Criminali, incalliti o sporadici, che vagano per le città, soprattutto del Nord. Bisognerebbe essere accoglienti, dicono i buonisti. Magari regolarizzarli con una maxi sanatoria, come propone la segretaria del Pd, Elly Schlein. Ma i numeri, a differenza delle discettazioni, sono difficili da distorcere. «L’aritmetica non è un’opinione» disse un vecchio ministro delle Finanze del Regno d’Italia. E dunque: gli irregolari nel nostro Paese, secondo stime concordi, sono mezzo milione. E quelli che hanno compiuto reati quasi 125 mila. Conclusione: un clandestino su quattro delinque. Più in generale: nonostante siano appena l’1 per cento della popolazione, la loro incidenza sul totale dei reati è del 15,5 per cento, che sale al 21,7 al Nord.
Lo scorso giugno la Direzione centrale della polizia criminale ha concluso un rapporto dal titolo eloquente: «Delittuosità straniera in Italia». L’analisi parte da un dato. Nel 2022 sono stati segnalati 271.026 stranieri: ovvero il 34,1 per cento dei denunciati e arrestati, che al Nord salgono al 43,9. Una robusta e generale crescita rispetto al 2021: quasi due punti percentuali. Tra gli stranieri, a sua volta, il peso criminale degli irregolari è del 45 per cento, che nelle regioni del settentrione sfiora la metà. Le percentuali si aggravano per alcuni reati: quelli che possono capitare nella vita quotidiana e minano la sicurezza degli abitanti. Come i furti: il 45,5 per cento degli autori è straniero. Il dato sale ulteriormente per le rapine: oltre il 47 per cento, di cui il 57 di clandestini. Aumentano anche nello spaccio di stupefacenti: 38,8 per cento, con gli irregolari che sfiorano il 64. Così come le violenze sessuali: oltre il 43 per cento dei denunciati non è italiano. Il rapporto del Viminale conclude: «I dati confermano la sensazione di un’incidenza significativa degli autori stranieri nell’ambito dei presunti autori noti di delitti, con percentuali sempre superiori al 30 per cento a fronte di una popolazione straniera residente pari a circa l’8,5 per cento del totale». E tutti i dati, aggiunge lo studio del Dipartimento di sicurezza, «sono saliti dai 2 ai 4 punti percentuali nel biennio». Dunque, numeri alla mano, l’emergenza si aggrava.
Del resto basta dare un’occhiata, sempre per rimanere nel tribunale padovano, al calendario delle udienze. Una mattinata qualunque, di un giudice qualunque. Il 21 settembre scorso, per esempio: gli imputati di nove processi su dodici erano immigrati. Danneggiamento, furto, maltrattamenti, atti osceni in luogo pubblico, resistenza a pubblico ufficiale. Quella sfilza di reati che aggravano sempre di più il senso di criminalità diffusa. Destinato ad acuirsi, ovviamente, quando le notizie brevi diventano titoloni in prima pagina.
Come nel caso dell’assassino che ad agosto 2023 uccide, a Rovereto, la sessantunenne Iris Setti, dopo aver tentato di violentarla. È un quarantenne nigeriano senza fissa dimora, con una lista di precedenti interminabile: danneggiamenti, lesioni, spaccio. Un anno prima lo fermano per strada, completamente ubriaco. Dopo aver vandalizzato diverse auto, compresa quella dei carabinieri, entra in un locale. Brandisce una bottiglia di vetro, minacciando il proprietario e un avventore. Per fermarlo, serve la pistola elettrica. Eppure, un siffatto galantuomo resta libero. Con l’unica incombenza, mai mantenuta, dell’obbligo di firma in caserma. Al connazionale nigeriano che, lo scorso 21 agosto, tenta di decapitare alcuni agenti con la mannaia al grido di «ora vi uccido», viene invece benevolmente concesso il divieto di dimora a Macerata. Al di fuori del capoluogo marchigiano, ovviamente, lo attende sicura redenzione.
Anche il trentanovenne marocchino arrestato quest’estate a Prato era un criminale matricolato: rapina, resistenza, lesioni, spaccio. Precedenti per cui aveva avuto una punizione esemplare: il vaporoso divieto di dimora nella vicina Agliana. Che lui aveva diligentemente osservato, andando a delinquere altrove. Fino all’ultima prodezza: una volante della polizia lo ferma mentre è alla guida di un’auto. La sua macchina zigzaga pericolosamente, urtando perfino quelle in sosta. Una scena da «crime» hollywoodiano nella provincia toscana. Insomma, l’uomo è ubriaco marcio. Gli chiedono di fare il test dell’alcol. Lui comincia a insultare a minacciare gli agenti: «Ammazzo voi e tutti i poliziotti di Prato». Seguono sputi, calci e pugni. I quattro agenti finiscono al pronto soccorso. Furto, aggressione, resistenza a pubblico ufficiale: nonostante la giovanissima età, persino il tunisino diciottenne senza permesso di soggiorno arrestato in Laguna vantava già una sfilza di reati. Non sono bastati a privarlo di quella libertà che gli ha invece permesso l’ultima prodezza in quel di Mestre: ha seminato il panico lanciando gli sgabelli di un bar contro i clienti.
Sono i casi giudiziari che ormai ingombrano le scrivanie dei pm e dei giudici. Stesse facce. Stessi nomi. Stessa impunità. Zompano da un luogo all’altro, spavaldi e indisturbati. Sono la pagina più scura dell’immigrazione incontrollata. I principali responsabili, al di là della preconcetta benevolenza, del senso di insicurezza che pervade città e metropoli. Torniamo allora a Padova, da dove siamo partiti. Tra i centinaia di fascicoli somiglianti, spunta pure quello di Abdol, marocchino trentenne. Un altro incontenibile fuoriclasse della criminalità extracomunitaria.
Limitiamoci, anche nel suo caso, alle ultime peripezie. La sera del 2 luglio 2023 viene arrestato dai carabinieri di Vigodarzere per furto pluriaggravato. Giorno seguente: processo per direttissima. Il pm Dini chiede di convalidare l’arresto: è «un clandestino senza fissa dimora, sottoposto a plurimi procedimenti penali». Fermato per sette volte negli ultimi tempi, dettaglia il magistrato, ha fornito sette generalità diverse. E a giugno gli è stato notificato pure il decreto di espulsione. «Unica misura adeguata», dunque, è il carcere. Mica il divieto di residenza. «Non è certo spostandosi in un altro territorio che troverà da vivere lecitamente» scrive il magistrato. O si nutre la speranza che lo scatenato Abdol si redimerà appena toccato il suolo trevigiano? Il pm ironizza: e avrà forse le conoscenze geografiche approfondite, di cui spesso sono privi anche gli italiani più istruiti, sui confini della provincia? Come farà a sapere dove si trovano Boara Pisani o Castelbaldo? L’iperbole convince il tribunale: scarcera il malvivente, dietro promessa dell’obbligo di firma in caserma. Ovvero, una misura ancora più inconcludente.
Il minaccioso Abdol, quindi, continua a peregrinare. Il 14 agosto viene denunciato dai carabinieri di Rovigo per tentato furto. Anche stavolta è condannato a pena esemplare: il solito obbligo di firma. Il 4 settembre lo riacciuffano nel Casertano. Tornato immediatamente in libertà, fa rotta verso il Sannio. Il 6 settembre è riarrestato a Benevento, con l’accusa di duplice furto. Alle due di notte frantuma con una mazza il vetro di un’enoteca. Ruba un centinaio di euro e un tablet. Lo portano in questura, per scoprire l’arcinoto: Abdol è una vecchia conoscenza, instancabile collezionista di crimini vari. Finisce in cella. Tre giorni dopo, viene nuovamente scarcerato. Non desiste. Lo riacciuffano a Bari il 15 settembre. S’era cimentato nell’antica passione: i furti d’auto. Le recenti gesta delinquenziali, quattro arresti e una denuncia in poco più di due mesi, basteranno per schiudergli le porte del carcere? Macché. Gli vanno piuttosto concesse le più robuste attenuanti. Abdol, ancora una volta, è libero. Pronto per l’ennesima prodezza criminale.