Il trapper Baby Gang, ai «domiciliari», ha sparato a un amico. Il problema per molti? Quando potrà tornare a esibirsi…
«Carico il fucile, scarico il fucile, li faccio fuori, troppo facile». È il testo di una canzone di Baby Gang, uno dei cantanti che ha più successo fra i ragazzi. In un’altra canta: «Lo dico, lo faccio, rapine e spaccio». E in un’altra ancora racconta del giro nel «barrio» con persone «pronte a pomparti il cranio». Tutti i suoi brani sono un inno alla violenza. Come lo sono i suoi video. E come lo è la sua storia. L’altro giorno, infatti, Baby Gang è stato arrestato: era ai «domiciliari» per una sparatoria in cui aveva ferito due persone. È evaso. E ha pensato bene di sparare a un suo amico. Proprio come nelle sue canzoni: lo dico e lo faccio, carico il fucile, scarico il fucile, troppo facile.
Il punto è proprio questo: i trapper non si limitano a cantare la violenza, che già sarebbe piuttosto grave. La praticano. Non danno solo un cattivo esempio per ciò che dicono. Lo danno perché quello che dicono poi lo fanno. Quando mi è capitato di trovarmi a discutere con qualcuno di loro, la difesa è sempre la stessa: chi ci accusa di spingere i ragazzini alla violenza con le nostre canzoni, allora dovrebbe accusare anche film come Gomorra. Ora, a parte il fatto che, in effetti, si discute anche sull’opportunità di certi film che «celebrano» i violenti come eroi, la differenza fra Gomorra e la canzoni dei trapper è enorme: Genny Savastano nella vita reale si chiama Salvatore Esposito, è un bravo attore e non ha mai sparato a nessuno. Baby Gang, invece, spara alle persone, come se fosse una canzone.
Confesso che quando il nume tutelare mi ha proposto di occuparmi di questo argomento, ne sono stato felice. Anche per un fatto personale. Uno di questi trapper, infatti, ha appena usato la mia voce per una sua canzone. Si chiama Rondo da Sosa, amico di Fedez, già noto alle forze dell’ordine per svariati reati dalla rissa alla resistenza a pubblico ufficiale. Va in giro guidando auto di lusso, pur non avendo la patente, e picchia gli agenti che glielo contestano. Poi canta canzoni in cui dice «ho la pistola nei jeans», «una pistola in tasca fa morti la chiamo Ricky», «guanti neri, proiettili veri, fai mafia con me». Tempo fa mi aveva colpito una sua canzone, Face to face, che diceva: «Hai 50 buchi addosso e non ti salverà un dottore. Ho lo stick (fucile) caldo, hai due colpi in fronte sai che rimango fino alla morte». L’avevo letta in una trasmissione tv. Allora lui ha preso la mia voce, con quelle parole, e l’ha usata in testa a una canzone appena uscita che si chiama Face to face 2. Gli avvocati mi hanno detto che potrei anche fargli causa. Ma non mi interessa.
La causa che mi interessa è quella dei ragazzini che crescono seguendo questi trapper e che dunque pensano che sia normale girare con lo stick (fucile), o con la glock (pistola) nei jeans, che sia normale sparare «due colpi in fronte», «guanti neri e proiettili veri». E quello che mi dispiace non è che la mia voce sia stata utilizzata da Rondo da Sosa in violazione di tutti i diritti, no: quello che mi dispiace è che sia stata usata per convincere altri ragazzini che la violenza è la strada maestra. «Hai cinquanta buchi addosso e non ti salverà un dottore». Quello che mi dispiace è che la maggior parte dei ragazzini che ascolterà questa canzone crescerà convinto che essere dottori non serva a nulla. Avere un’arma invece sì.
Si è tenuta nei giorni scorsi l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle varie città sedi delle Corti d’Appello. Quasi ovunque, da Genova a Bologna, da Milano a Palermo, i magistrati hanno lanciato l’allarme proprio per i reati commessi da minori. Sta crescendo una generazione di violenti fuori controllo. Non parliamo di Napoli dove i ragazzini armati sono un’emergenza sociale. «Questa città ormai è una polveriera come il Sudamerica» ha detto il procuratore della Corte d’appello. È impressionante la facilità con cui i minorenni si procurano un’arma. E la disinvoltura con cui la maneggiano. E non solo a Napoli. È impressionante la quantità di baby gang, spesso immigrati di seconda generazione, che ormai assediano non solo le periferie delle grandi città ma anche quei centri di provincia che una volta erano isole felici.
Il fatto è che ai ragazzi ogni giorno arrivano nelle orecchie messaggi come quelli di Baby Gang. «Carico il fucile, li faccio fuori, troppo facile». Un messaggio che non è solo canzone ma vita reale («lo dico, lo faccio»). E chi lancia questo messaggio è un idolo, una persona che ha successo, fama e clic sui social. Che canta violenza, si comporta da belva, ma alla fine vince. Fateci caso: nel dare la notizia dell’arresto di Baby Gang, la preoccupazione di molti media è stata che non potesse tenere un concerto. Capito? Questo figuro spara a due persone, va in giro tranquillo, spara a un’altra. E tutti a chiedersi: quando sarà il suo prossimo show? Non so se capiremo mai quanto è pericoloso tutto ciò, ma quando lo capiremo temo sarà già troppo tardi.