Una volta i tradizionali «ghisa» erano una sicurezza delle strade. Ma oggi, sostituiti dalle telecamere persino per le multe, nel capoluogo lombardo pattugliano in macchina, e a piedi sono una rarità. Un’altra metamorfosi della città più «progressista» d’Italia.
Il 12 gennaio 2012 il vigile Nicolò Savarino venne travolto – e ucciso – da un Suv guidato da un minorenne di nazionalità serba. Era in bicicletta e stava facendo un controllo in zona Bovisa, a Milano. «Oggi in città ogni settimana un vigile su sei finisce in ospedale a causa di colluttazioni per contestazioni al codice stradale». Lo racconta Orfeo Mastantuono, agente e segretario provinciale del Csa, Coordinamento sindacale autonomo. Lui stesso anni fa è stato vittima di un’aggressione davanti a una scuola del capoluogo lombardo.
Eppure di polizia locale per strada se ne vede poca, se non davanti agli istituti scolastici. Pensare che trent’anni fa regolavano il traffico dalle pedane nelle loro impeccabili uniformi, oppure li incontravi frequentemente, a piedi o sulle due ruote, mentre vigilavano le strade. Un cambiamento dovuto alla «semaforizzazione» degli incroci e all’aumento dello smog, per cui adesso i tradizionali «ghisa» operano in pattuglie sulle auto, per preservare la salute. Ma non se ne vedono più molti, anche perché non sono sufficienti per una metropoli come Milano.
Attualmente i vigili a Milano sono 2.850, con un’età media di 50 anni (piuttosto alta), distribuiti nei nove comandi di zona. Di questo totale, 130 sono dislocati in Procura, 140 all’Unità investigativa e prevenzione, 245 in via Friuli con funzioni burocratiche e appena 70 in Annonaria, per il controllo del cruciale settore del commercio. Un ulteriore deficit di forze nelle vie, dunque. «Alcuni nostri nuclei sono fotocopie di sezioni già presenti in Polizia di Stato e Carabinieri, ben più strutturate di noi» lamenta Mastantuono.
Così, i milanesi si lamentano che i vigili «non si trovano mai quando servono» e che sono lontani dalle loro necessità perché pensano solo a fare multe: nel 2022 ne sono state elevate 850 mila, il record in Italia, mentre nel 2021 il Comune ha incassato dalle contravvenzioni circa 120 milioni di euro. La città purtroppo detiene anche il record dei sinistri, nel 2021, tra biciclette, monopattini e altri veicoli: ben 590. Seguono Roma con 141 e Genova con 106. Ma sembra che l’attuale giunta comunale conosca solo le sanzioni automatizzate. Ha triplicato le multe con autovelox mobili (quasi ottomila) e ha annunciato l’installazione agli incroci di altre nove telecamere nel corso di quest’anno. Gli effetti degli incidenti, in aumento, non premiano l’assessore alla Sicurezza Marco Granelli. E il disagio dei cittadini e della polizia locale si aggrava.
«Va sottolineato che gli stessi milanesi rispettano molto meno il codice» dice a Panorama l’agente Danilo Tosarelli. «Se non sanzioniamo abbastanza siamo troppo tolleranti e i furbi se ne avvantaggiano; se facciamo rispettare la legge, allora non abbiamo cuore e siamo troppo severi». Nella categoria di «furbi e non rispettosi» si moltiplicano i ciclisti e chi va in monopattino, perché scorrazzano sui marciapiedi e talvolta investono i pedoni. E tutti – ciclisti, persone in monopattino e pedoni – sempre più spesso attraversano con il rosso mettendo in serio pericolo l’incolumità propria e di chi guida.
La metropoli «sostenibile» voluta dal sindaco Beppe Sala ha spaccato la città, perché gli automobilisti – già tassati con Area B – sono diventati l’obiettivo principale. Le piste e le corsie ciclabili meneghine sono 175 e ne arriveranno altre. Le prime sono riservate alle biciclette, le seconde sono a uso promiscuo e possono essere percorse liberamente dalle vetture, per esempio, nell’asse fondamentale che va da piazzale Loreto a Sesto Marelli, ovvero viale Monza. Lì come nel suo proseguo – l’ormai complicatissimo corso Buenos Aires – ci sono molte attività commerciali ma spesso i conducenti dei furgoni bloccano il passaggio sulle corsie delle bici e le multe fioccano.
Da sempre, poi, i vigili ricevono richieste di intervento persino per un gatto aggressivo, così come per una fuga di gas o un blackout temporaneo. Il 112, numero unico di emergenza, dirotta immancabilmente le chiamate alla Polizia locale. E questo accade perché essa, oltre alle normali funzioni di competenza, si deve occupare anche di illeciti amministrativi, che spaziano dal cane che morde un passante ai rumori molesti. Ma in numero insufficiente e così impegnati su più fronti, i ghisa non riescono a star dietro a tutte le richieste. Oltretutto, stanno di pattuglia per strada cinque giorni la settimana, in turni di 6 ore e 45, ripartiti su tutte le 24 ore e per 365 giorni. C’è un’ulteriore emergenza, soprattutto d’estate: la movida. «Noi mettiamo in campo tutte le forze disponibili, però è quasi impossibile gestire l’ordine pubblico» commenta Tosarelli. «Per esempio, come possono affrontare tre o quattro nostre pattuglie una situazione di tensione con 200 persone che bivaccano in mezzo alla strada? E peggio, durante la notte, quando nei parchi si scatena il finimondo? È evidente che serve un intervento in sinergia con le altre forze dell’ordine».
Negli incontri ufficiali che coinvolgono anche questore e prefetto, lamentano i vigili, tutto ciò non si evidenzia in modo adeguato. «Perché sindaco, assessore e comandante della Polizia locale non si impongono?» attacca Tosarelli. In passato, la situazione era differente, i ghisa erano ben visibili e di conseguenza anche i cittadini erano più attenti alle norme stradali. Nel 1999, con il sindaco Gabriele Albertini, nasceva la figura del vigile di quartiere. Se lo ricorda bene l’agente Roberto Colombo. «In 500 eravamo destinati al presidio dei vari quartieri, ogni giorno della settimana, dalle 7 alle 20». Una presenza capillare e continuativa. «È stato il primo vero esperimento di polizia di prossimità, realmente vicina ai milanesi» commenta Tosarelli, che svolse quel compito per quattro anni di seguito. «Questi agenti venivano formati per ogni tipo di intervento, dalla buca in strada allo spaccio di droga, e dovevano avere spiccate capacità relazionali». Da 500 il loro numero è ora sceso a 170, con le giunte di Giuliano Pisapia e di Beppe Sala. Senza dimenticare le scelte dell’ex comandante della Polizia locale Tullio Mastrangelo, che nel 2009 creò dei nuclei speciali che sottrassero forze dalla strada.
Qualcosa, però, sembra muoversi. Colombo afferma che «dal 2022 al 2025 saranno assunti 804 nuovi agenti e 102 ufficiali, e tutto ciò dovrebbe garantire a fine 2025, tra pensionamenti e trasferimenti, secondo quanto precisato dall’amministrazione, un saldo attivo di 500 operatori in più. Si spera che la polizia locale si rafforzi e si abbassi l’età media». Vedremo se basterà. Mastantuono e Tosarelli sono però convinti che «il corpo vada ripensato e riorganizzato, con la priorità assoluta ai compiti di gestione stradale e con il potenziamento del nucleo che segue il commercio. «Ovviamente c’è anche il problema di un lavoro usurante per uno stipendio medio tra i 1.600 e 1.700 euro al mese». Insomma, la prospettiva ideale sarebbe meno operatori impegnati in funzione burocratiche e più in strada. «Speriamo che il sindaco Sala prima della fine del suo mandato, oltre all’elogio di rito il 4 ottobre, giorno della nostra festa, almeno ripristini un numero adeguato di vigili di quartiere per andare incontro alle esigenze dei cittadini».