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Quella relazione con la Cina che inguaia Fauci

Quella relazione con la Cina che inguaia Fauci

Nel processo in corso negli Stati Uniti contro l’amministrazione Biden per aver censurato medici non allineati con la strategia ufficiale anti-Covid, è il momento dell’immunologo italo-americano. Sono sotto inchiesta i suoi rapporti, inclusa la concessione di finanziamenti, con il laboratorio di Wuhan dove si facevano test sul Sars-CoV-2.


La festa d’addio di Anthony Fauci al Niaid, l’Istituto Usa di malattie infettive che l’immunologo italoamericano ha guidato dal 1984, non è stato un party tradizionale. «Eravamo tutti con la mascherina» si è affrettato a precisare il direttore uscente, che ha lasciato l’incarico a fine dicembre, immaginando che la notizia di baccanali senza protezione avrebbe scatenato i suoi tanti nemici. Fauci sa però che ha ben altro da temere: l’ipotesi che il Sars Cov-2 sia sfuggito dal laboratorio cinese del Wuhan Institute of virology, nell’ambito di una ricerca proibita negli Usa (detta gain-of -function, guadagno di funzione) finanziata dall’Istituto da lui diretto, è sempre più verosimile, e trasforma l’incidente di laboratorio in una sinistra spy-story, in cui sono morte finora 6,7 milioni di persone.

La gain-of-function è un controverso metodo di ricerca basato sulla manipolazione genetica di agenti patogeni per modificarne le caratteristiche e renderli più trasmissibili, al fine di studiarne la potenziale pericolosità. In America è stata vietata dal 2014 al 2017, poi Donald Trump ha sospeso del tutto i finanziamenti. L’accusa rivolta a Fauci è di aver aggirato la moratoria, sovvenzionando proprio chi potrebbe aver causato l’incidente. I Nih (National Institutes of Health), gli Istituti della Sanità americana diretti dal genetista Francis Collins, da cui dipende il Niaid (National Institute of allergy and infectious diseases) di Fauci, finanziano la ricerca in Cina da anni. Nel 2015 l’epidemiologo statunitense Ralph Baric, assieme alla ricercatrice cinese Shi Zhengli del Wuhan Institute, ha creato un virus «chimerico» che ha codificato la proteina spike dai coronavirus dei pipistrelli. Ebbene, i Nih/Niaid sovvenzionano la «macchina cinese» di Baric: a giugno 2021 risultano versati alla sua Università nel North Carolina 122,8 milioni di dollari.

A ricevere i benefici dei Nih è anche la Ong EcoHealth Alliance dello zoologo Peter Daszak: 23,4 milioni di dollari, rinnovati ad aprile 2020. Daszak subappalta fondi all’epidemiologo Baric e all’Istituto di Wuhan. Il senatore repubblicano Rand Paul non ha dubbi: «Daszak e Shi Zengli creano coronavirus che infettano le cellule umane nella ricerca gain-of-function finanziata da Fauci». Tony Fauci, nato a Brooklyn nel 1940 da famiglia siciliana originaria di Sciacca, è stato consigliere scientifico di sette presidenti statunitensi, suggerendo strategie sanitarie su una lunga lista di epidemie, tra cui Aids e Covid-19. L’immunologo può accedere a un budget annuale di sei miliardi di dollari, con cui da 40 anni riesce a far convergere l’Occidente sulle politiche sanitarie americane: è sulla base delle dichiarazioni di Fauci che si è modulato la risposta alla pandemia, con lockdown prolungati, mascherine obbligatorie e vaccini di massa. Il virologo opera indisturbato: sua moglie, Christine Grady, è a capo del dipartimento di Bioetica del Nih e membro della Commissione presidenziale di bioetica. Vigila su quell’etica della ricerca di cui si occupa il marito, in flagrante conflitto d’interessi.

Elon Musk, proprietario di Twitter, poco prima di Natale ha attaccato Fauci scrivendo che dovrebbe essere «processato» per aver finanziato la ricerca gain-of-function usandola come «arma biologica». In effetti, già il 1° febbraio 2020 Fauci viene informato dagli scienziati Robert Garry e Kristian Andersen che la storia del pangolino, diffusa da tutti i media per quasi due anni, non è verosimile. È il 19 febbraio 2020 quando Daszak (lo zoologo generosamente supportato dal virologo superstar) promuove sulla rivista scientifica Lancet un appello per difendere l’Istituto cinese dalle «teorie cospirazioniste» sull’incidente. Il 17 marzo 2020, Garry e Andersen a sorpresa invertono la rotta, firmando su Nature un articolo in cui sostengono la tesi dell’«origine naturale» del virus. Cofirmatari anche gli scienziati Ian Lipkin, premiato il 3 gennaio 2020 dal Partito comunista cinese, e Edward C. Holmes, la cui Università a Sydney è finanziata dalla Cina e dal Nih per 226,7 milioni di dollari. Il 21 maggio 2020, magicamente, Garry e Andersen ricevono dal Niaid fondi per 8,9 milioni di dollari. Daszak diventa perfino membro del team investigativo dell’Oms inviato in Cina per «indagare» sulle origini del Covid, ossia su sé stesso.

Cosa è successo? Fauci capisce che, nel caso fosse vera l’ipotesi che il virus proveniva da test in Cina sovvenzionati dal suo Istituto, avrebbe la carriera definitivamente rovinata: smentisce quindi in modo assoluto la tesi dell’incidente. A luglio 2021, al Senato, nega che la ricerca sia di tipo gain-of-function. I fact checkers del sito Open di Enrico Mentana commentano l’audizione titolando «Fauci blasta (cioè zittisce, ndr) un senatore repubblicano sulla bufala del coronavirus fabbricato a Wuhan». Bufala? Fauci già nel 2012 sosteneva che «i benefici della ricerca valgono il rischio di un potenziale incidente». Proprio ciò che potrebbe essere successo. Anche il Darpa, l’agenzia del Dipartimento della difesa Usa, due settimane dopo l’audizione di Fauci scrive che «la metodologia di Daszak è molto simile alla gain-of-function». Il sito Politico.com rincara la dose, riferendo che il governo americano aveva prove che i laboratori cinesi stavano eseguendo ricerche gain-of-function su scala molto più ampia di quanto ufficialmente divulgato.

Lo sapevano tutti, insomma. A fine 2021 arriva la dichiarazione sotto giuramento dell’ex vicepresidente della Ong EcoHealth Alliance, Andrew Huff: «Fauci ha mentito al Congresso». Il 28 ottobre 2022 i membri della Commissione sanitaria del Senato concludono che «l’ipotesi più probabile è che la pandemia sia il risultato di un incidente legato alla ricerca». Quella finanziata da Fauci, per l’appunto. Interrogato a novembre 2022 nel processo in Missouri intentato da alcuni scienziati contro Biden, in cui il presidente è accusato di censura e disinformazione, Fauci dice di conoscere a stento Peter Daszak nonostante le 3.200 pagine di email tra i due, raccolte dal Congresso. Idem sull’epidemiologo Baric: «Non posso dire con certezza di averlo mai incontrato». Anche secondo Jamie Metzl, consulente Oms, ex membro dello staff del presidente Bill Clinton e poi di Biden, il direttore degli Nih «Francis Collins ha mentito». E la pistola fumante? Già il 12 settembre 2019 la ricercatrice cinese Shi Zhengli aveva fatto sparire il database con 22.257 virus, impedendo di verificare qualsiasi associazione tra quelli in suo possesso e il Sars-CoV-2. C’è da sperare solo in una confessione.

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