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Francia – Germania, migliori amici d’Europa

Francia – Germania, migliori amici d’Europa

Le ultime mosse di Parigi e Berlino confermano il legame. Prima il viaggio negli Stati Uniti dei rispettivi ministri dell’Economia, poi l’incontro di Emmanuel Macron e Olaf Scholz con il leader ucraino Volodymyr Zelensky in cui non è stata coinvolta Giorgia Meloni. Tra commercio, nuove tecnologie, finanza, difesa, i reciproci interessi economici dei due Paesi sono solidissimi. E gli altri membri dell’Unione possono attendere.


Tra Francia e Germania non è come sembra. Neppure dopo che i loro ministri dell’Economia, Bruno Le Maire e Robert Habeck, sono andati soli soletti in luna di miele a Washington per discutere di aiuti di Stato alle imprese. In barba all’Unione europea. Come se non bastasse, c’è stato anche l’esclusivo incontro tra il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, l’8 febbraio scorso… Ovviamente, in nessun caso, si è trattato di tradimento da parte dei due Paesi verso gli altri membri Ue. Per Scholz, del resto, «il futuro, come il passato, dipende dalla cooperazione tra Francia e Germania, la locomotiva di un’Europa unita», come ha detto il 22 gennaio, celebrando il sessantesimo anniversario del trattato di riconciliazione tra i due Paesi.

Parafrasando il celebre motto di Gianni Agnelli, per il quale «ciò che è bene per la Fiat è bene per l’Italia», i partner dell’Unione devono accontentarsi dell’idea che ciò che è bene per Francia e Germania sia positivo per l’intera Europa. Del resto i soldi in ballo sono tanti. Nel 2021 l’interscambio tra le due economia-guida dell’Ue ha toccato i 164 miliardi di euro (+12 per cento sul 2020), spaziando dall’energia ai trasporti e alla difesa. Quasi quanto il valore dell’intero Piano nazionale ripresa e resilienza quinquennale per l’Italia (191 miliardi). Scopo della missione americana del 7 febbraio scorso era contenere le ripercussioni dell’Ira, acronimo poco rassicurante dell’Inflation reduction act, la legge con cui gli Usa hanno messo sul piatto circa 400 miliardi di dollari di sussidi per le aziende impegnate nella transizione verde. I governi di Francia e Germania hanno fatto sapere ai partner europei, decisamente infastiditi dalla missione, che si sono mossi solo per «mitigare gli effetti dell’Ira sull’Ue», come ha riferito il quotidiano economico Handelsblatt.

L’Europa deve ancora metter a punto una vera risposta, ma intanto quei dollari interessano molto anche ai colossi francesi e tedeschi che stanno cercando di capire come partecipare ai progetti sussidiati sul suolo americano. Però, ovviamente, di questo piccolo particolare si parla poco. Come si riflette poco sul fatto che nel 2022 la Germania ha esportato negli Usa beni e servizi per 156 miliardi di euro, più che in ogni altro Paese del mondo. Per non parlare del fatto che per le industrie automobilistiche di Francia e Germania il mercato statunitense è fondamentale, ancor più con la conversione ecologica.

La luna di miele americana dei ministri dell’Economia ha chiuso un anno di freddezza sull’asse Parigi-Berlino. A creare incomprensioni erano stati gli effetti collaterali della guerra in Ucraina, a partire dalle questioni energetiche. La Francia è una potenza nucleare, però ha bisogno di costruire due gasdotti: il Mid-Cat (Midi-Catalogna) e il Bar-Mar (Barcellona-Marsiglia). Il Mid-Cat interessa molto anche la Germania, che vuole importare gas dall’Algeria come l’Italia, ma dalla Francia è arrivata una serie di ostacoli. Parigi è invece più interessata al Bar-Mar, in accordo con Spagna e Portogallo, e spera di farvi passare idrogeno di fonte nucleare. Alla fine, il terreno di scontro sono le date finali per la messa in funzione delle nuove infrastrutture.

Di recente ci sono state anche incomprensioni nel campo della difesa, dove la Francia ha sempre esercitato il primato, con una spesa che era il doppio di quella tedesca. Ma ora il cancelliere Scholz ha promesso alla Nato di innalzare il budget militare al 2 per cento e ciò ha mutato profondamente i rapporti tra i due Stati. Anche perché ci sono state due decisioni che hanno indispettito Macron: l’acquisto di aerei da combattimento F35, in alternativa agli Fcas (Future combat air system), frutto della joint venture franco-tedesca tra Airbus e Dassault, e la scelta di comprare sistemi di difesa antimissilistica con altri 13 Paesi europei, basati su una tecnologia di Israele e Stati Uniti.

Per Parigi, ma anche per Roma, una mezza coltellata. In più, a fine settembre Berlino ha varato in solitaria il famoso piano da 200 miliardi di aiuti per le proprie aziende, alle prese con il rincaro delle bollette, che ha creato molto nervosismo tra i partner dell’Unione. Soprattutto in Francia, che non era stata informata e ha saputo tutto a cose fatte. Una riappacificazione tra le due nazioni, in questo primo scorcio del 2023, era comunque largamente attesa perché sono troppi i legami e gl’interessi comuni. Nel 2021 gli scambi commerciali con la Germania sono aumentati del 12 per cento a 164 miliardi di euro. Berlino ha importato beni per 62 miliardi (+11 per cento) e Parigi ha comprato «made in Germany» per 102 miliardi (+12 per cento). Sono numeri enormi, ma anche nettamente squilibrati a favore dei mercanti tedeschi. Tant’è vero che la Germania è il primo partner commerciale della Francia, mentre quest’ultima è solo in quarta posizione per Berlino. Il rapporto è più paritario se si guarda agli stock di capitale, con Parigi sesto investitore mondiale in Germania e quest’ultima che è il quinto in Francia.

Impressionanti anche i numeri delle industrie. Secondo la Camera di commercio franco-tedesca, ci sono 4.500 imprese di Berlino stabilite in Francia, con 325 mila persone impiegate. Le società francesi in Germania invece sono addirittura 5.700 e danno lavoro a 400 mila persone, per un fatturato annuo di circa 86 miliardi. Se si guarda ai settori, secondo dati del ministero dell’Economia di Parigi, il 21 per cento degli scambi riguarda materiali da trasporto (auto e aerei in prima battuta), la chimica e i cosmetici sono al 13 per cento, le macchine industriali e agricole pesano per il 12 per cento, i prodotti metallurgici e i metalli per il 10 per cento e beni alimentari sono all’8 per cento. La grande diversificazione è un fattore di solidità delle relazioni tra le due economie e i partner europei non possono che prenderne atto. E anche se il deficit commerciale della Francia ha il suo peso, va detto che si crea essenzialmente per via della bolletta energetica con la Germania.

Le due nazioni marciano assieme anche sui temi del futuro, indipendentemente dalle mosse che è in grado di fare l’Europa. L’anno scorso, in forza del trattato bilaterale di Aix-la-Chapelle (2019), sono stati avviati cinque progetti comuni sull’intelligenza artificiale dedicati a nuove epidemie, osservazione del clima e robotica industriale. Francia e Germania si stanno anche coordinando su terre rare e materie prime, necessarie a produrre dispositivi elettronici, automobili, turbine eoliche e armamenti. Entrambe hanno creato un fondo per sostenere progetti di estrazione, raffinazione e riciclo di materiali strategici per le loro industrie, in modo da ridurre la dipendenza dall’estero e dalla Cina in particolare. Il tutto, come hanno spiegato i rispettivi governi, senza voler minimamente entrare in concorrenza tra loro, anzi.

Il futuro passa anche per l’auto, alle prese con la transizione ecologica. Da oltre dieci anni c’è la grande alleanza tra Renault e Daimler (gruppo Mercedes), ma non vanno dimenticate le collaborazioni strettissime tra fornitori e costruttori, come quella tra Bosch e Psa Stellantis o Valeo con Mercedes, fino agli accordi commerciali tra i francesi di Faurecia e i tedeschi di Continental. La cooperazione in ambito militare, inoltre, è solida, con un nome per tutti: Airbus, che rappresenta il cuore dell’integrazione industriale fra Germania e Francia. Negli ultimi mesi, i due Stati hanno firmato accordi per costruire aerei da combattimento (progetto Scaf) e carri armati del futuro (Mgcs), con un occhio alla possibilità di esportazione, anche nei Paesi del Golfo. Mgcs è un progetto a guida tedesca che mira a sostituire entro il 2035 i Leclerc francesi e i Leopard 2 tedeschi, con in campo Rheinmetall e la francese Nexter Systems.

Prima di pensare alle guerre di domani, ci si augura però di dover pensare alla pace. Francia e Germania, anche se stanno mandando nuove armi a Kiev, sono naturalmente molto attive sul dossier della ricostruzione dell’Ucraina e hanno già organizzato conferenze internazionali. Aziende francesi hanno in tasca accordi preliminari per le nuove linee ferroviarie e le banche tedesche sono alla finestra per finanziare le grandi opere. L’Italia, come sempre, dovrà farsi largo solo con le proprie forze.ì Chissà che nel viaggetto a Washington dei due ministri economici di Parigi e Berlino non si sia cominciato anche a discutere con gli Usa dell’Ucraina post-bellica. Va da sé, «nell’interesse dell’Europa».

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