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Autostrade: vincono i Benetton, perdono i grillini (che non conoscono le regole della finanza)

Autostrade: vincono i Benetton, perdono i grillini (che non conoscono le regole della finanza)

Lo Stato si riprende Autostrade per l’Italia, anzi, se la ricompra versano più di 2 mld ai Benetton. Una decisione per certi versi scontata ma che ha chiarito ancora una volta come certe dichiarazioni populiste post Ponte Morandi (soprattutto dei grillini) non abbiano nulla a che fare con il mondo della finanza. E così i Benetton ora potranno fare shopping sul mercato, a piacimento.


Su internet si possono trovare alcuni interessanti podcast dello storico Alessandro Barbero che racconta le rivolte popolari del Medioevo. Movimenti di protesta violenta che hanno investito la Francia, Firenze, l’Inghilterra e che erano accomunati tutti dal desiderio da parte della gente comune di “cambiare il sistema”, di punire i nobili o i ricchi, di fargliela pagare a quei “grassi” approfittatori. Alla guida c’era gente del popolo, convinta di essere nel giusto ma totalmente inesperta e destinata inevitabilmente a scontrarsi con la realtà e finire, dopo qualche goffo tentativo di governo, alla forca o al patibolo. Ovviamente ci sono alcune rare eccezioni che si chiamano rivoluzioni, ma sono poche.

In piccola misura la vicenda Autostrade, ma anche i casi Ilva e Alitalia, ricordano le antiche rivolte popolari: il 14 agosto 2018 crolla il Ponte Morandi provocando 43 morti e quelli che si considerano i “veri” rappresentanti del popolo saliti da poco al governo, i cittadini del Movimento 5 Stelle, vogliono giustizia contro la famiglia Benetton, azionista della società Autostrade per l’Italia (Aspi), accusata quest’ultima di non aver effettuato una adeguata manutenzione del ponte e in generale della rete autostradale e di aver arricchito i soci privati a spese degli automobilisti. I grillini promettono sfracelli contro i Benetton e minacciano di togliere la concessione ad Aspi. L’ex vicepremier Luigi Di Maio sventola l’ipotesi dell’esproprio, il premier Giuseppe Conte proclama che “avvieremo la revoca della concessione a Autostrade perché noi non possiamo aspettare i tempi della giustizia”.

Risultato: dopo due anni e dieci mesi dal crollo, la Cassa depositi e prestiti, un pezzo dello Stato, ha comprato insieme ai fondi Blackstone e Macquarie la società Autostrade per 9,1 miliardi di euro, di cui 2,5 miliardi vanno alla tanto detestata famiglia Benetton. Parafrasando Humphrey Bogart potremmo dire “è il mercato, bellezza”. Già, perché fin da subito era chiaro che un esproprio avrebbe esposto lo Stato al rischio di dover versare un ricco risarcimento agli azionisti di Aspi. Non solo ai Benetton, ma anche agli altri azionisti come il fondo sovrano di Singapore, le banche Hsbc e Lazard e il fondo speculativo Tci, che si era subito mosso presso la Commissione europea chiedendo il rispetto della concessione.

Ora i Cinquestelle dovrebbero tenere la testa bassa e ammettere di aver sbagliato. Invece l’allora ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli scrive tutto contento su Twitter: “Capitolo chiuso! I 3mila km di Autostrade passano sotto il controllo pubblico. Finalmente d’ora in poi sicurezza e qualità del servizio prevarranno sulla smania di profitto. Avremmo preferito la revoca, ma senza il M5s non ci sarebbe neppure questo risultato intermedio”.

Ci risiamo, altre certezze tutte da verificare: per quanto riguarda la sicurezza e la qualità, la rete stradale sotto controllo pubblico, quella dell’Anas, soffre da anni per una manutenzione carente (mancano i soldi), i suoi ponti crollano e i contenziosi si moltiplicano. E poi chi l’ha detto che Cdp e i suoi partner abbiano intenzione di mantenere il controllo pubblico di Autostrade? Magari la venderanno a un gruppo internazionale. Perché il problema non è chi possiede la rete, ma chi controlla che il contratto venga rispettato dal concessionario, cosa che evidentemente in passato non è avvenuta.

Per quanto riguarda infine l’arrabbiatura che provoca istintivamente l’uscita di 9,1 miliardi dalle tasche soprattutto di un soggetto pubblico per ricomprare quello che una volta era pubblico, bisognerebbe provare a fare un po’ di conti per scoprire che tutto sommato agli italiani non è andata malissimo.

Torniamo al 1999: l’Italia nel quadro del processo di privatizzazioni mette in vendita le autostrade. Arriva un’unica offerta, quella di una società guidata dai Benetton. Dall’operazione di vendita alla famiglia veneta e di quotazione in borsa della società lo Stato incassa 13.800 miliardi di lire (equivalenti a 9,6 miliardi di adesso). I Benetton in particolare sborsano l’equivalente di 3,5 miliardi di euro. Quindi oggi Cdp e soci hanno pagato Autostrade un po’ meno di quanto lo Stato incassò nel 1999.

È un calcolo che non tiene conto della montagna di utili e di dividendi che Aspi ha prodotto a vantaggio dei soci privati: dal 1999 al 2017 gli utili sono stati compresi tra 220 e 969 milioni, distribuiti agli azionisti in una percentuale media attorno all’80% e i Benetton hanno incassato tra il 2009 e il 2018 ben 6 miliardi di dividendi.Soldi che però, in teoria, in parte dovrebbe incassare in futuro anche Cdp o chi per lei.

Peggio andrà allo Stato padrone costretto a riprendersi Ilva e Alitalia, depauperate da una giustizia e una politica dissennate. Ma è un altro capitolo.

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