Per la disinvolta gestione delle autorizzazioni a costruire nel capoluogo lombardo, il primo cittadino è contestato dallo stesso elettorato che l’ha votato e poi riconfermato. Gli edifici, ora sotto la lente della Procura, sono spuntati come funghi, persino nelle tutelatissime vie del centro. E l’agguerrita cittadinanza qui residente ha dato il via alla rivolta politica a colpi di dossier.
Al palazzo di Giustizia di Milano l’hanno già ribattezzata «la rivoluzione delle sciure». Ovvero le eleganti signore del centro città. Arrivano dai salotti, dai comitati di quartieri ma anche dai circoli di agricoltura biologica, un tempo unite nel tifare il centrosinistra del sindaco Beppe Sala, ma ora più che mai determinate nel contrastare le politiche urbanistiche di palazzo Marino. Il primo cittadino – che compulsa ogni giorno i sondaggi per capire se potrà mai fare il salto nell’arena della politica nazionale – forse non si aspettava che il proprio un «fattore sciure» esplodesse nell’afa agostana della città che amministra. Anche perché le agguerrite signore appaiono ben più determinate dell’opposizione di centrodestra. Del resto, anche al palazzo di Giustizia, gli stessi cronisti sono rimasti sorpresi lunedì 29 luglio, quando si sono visti arrivare al quarto piano due delle rappresentanti della protesta con in mano una chiavetta Usb (non ci sono più i mitici faldoni di Tangentopoli) carica di immagini e documenti da consegnare a Tiziana Siciliano, il procuratore aggiunto che segue le decine di inchieste sui nuovi progetti urbanistici e soprattutto sui grattacieli che spuntano come funghi in molti quartieri della città.
Maria Castiglioni e Susanna Sinigaglia, della Rete dei comitati della città metropolitana di Milano, sono rimaste negli uffici della procuratrice per una buona ventina di minuti, illustrando decine di segnalazioni messe insieme in questi mesi da cittadini che hanno iniziato a organizzarsi appena capito che, di fronte alle loro case, sarebbero stati costruiti palazzi anche oltre i sette piani. Hanno chiesto di aprire altre indagini, dopo che sulle scrivanie della Procura se ne sono accumulate più di dieci, assieme a oltre 60 cantieri finiti sotto osservazione.
Sono proprio le signore che iniziano a fare rete. Si ritrovano per combattere contro le speculazioni immobiliari, facendo sì che anche le sezioni dell’Anpi (i partigiani d’Italia) si siano schierate contro Sala. Per non parlare di un vecchio socialista come Luigi Corbani, ex vicesindaco della Milano socialista, sempre più scatenato nel contestare il «marchese Sala», il soprannome che gli ha riservato da qualche mese. «A ottobre dell’anno scorso il sindaco si è permesso di dire ai consiglieri comunali che lui “sa come va il mondo” e “che è una realtà che voi consiglieri comunali non arrivate a capire”. Insomma, tale e quale il marchese del Grillo, “Io so’ io e voi nun siete un c…”» tiene a confermarci Corbani che si batte per salvare San Siro, stadio di cui non si conosce ancora il destino, nonostante tra meno di due anni dovrebbe ospitare l’inaugurazione delle Olimpiadi invernali. Se infatti il vecchio impianto che ospita le partite di Milan e Inter avrebbe bisogno (in fretta) di una ristrutturazione, il Comune ha concesso autorizzazioni a pioggia per la realizzazione di nuovi complessi residenziali, in particolare palazzi pieni di appartamenti da poter vendere per «surfare» sull’onda immobiliare.
Succede un po’ in tutta l’area urbana. In pieno centro, nei cortili di vecchi condomini dei quartieri Isola o Porta Romana, i garage a due piani vengono demoliti per far posto a giganteschi edifici, autorizzati grazie a una semplice Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) o a un permesso per costruire in convenzione. In pratica chi edifica ha ottenuto il via libera del Comune senza uno straccio di piano attuativo, neppure una valutazione dell’impatto che avrà il futuro immobile sulla zona. La Procura di Milano indaga e, in alcune sentenze di sequestro di cantieri, i giudici hanno già riconosciuto l’esistenza di un sistema ben collaudato e favorito dalla giunta Sala, dove i permessi per costruire hanno maglie davvero troppo larghe.
A Roma, nel frattempo, la politica sta cercando di trovare una soluzione, anche per venire incontro ai tanti cittadini che quelle case ancora da realizzare le hanno già acquistate. Al momento, però, la situazione è in stallo: da una parte i costruttori e l’amministrazione comunale preoccupati per il possibile calo di investimenti in città, dall’altra i residenti sul piede di guerra per difendere i loro cortili. In via Desenzano, per esempio, sta per esssere realizzato un palazzo di cinque piani, ma anche a San Cristoforo vicino ai Navigli è ormai quasi terminato il nuovo Bosco verticale («Bosconavigli») di Stefano Boeri. In questo caso c’è già un’inchiesta avviata per lottizzazione abusiva, ma il cantiere non è stato messo sotto sequestro, per cui i lavori vanno spediti e non sembrano esserci intoppi. Gli altri casi portati all’attenzione dei pm dalle signore dei comitati sono quelli di via «Watt, Calvino, Fioravanti, Bramante, Durando, Cenisio, delle Forze Armate, Scarampo, in Piazza Tirana e Piazzale Archinto».
I comitati sono partiti da segnalazioni e fotografie di cartelli di cantiere, che sarebbero stati «tutti autorizzati con procedure semplificate, senza i piani attuativi necessari per i servizi alla popolazione, lo stesso tema su cui già sta indagando la Procura». Come detto, i progetti su cui si è richiamato l’attenzione della Siciliano si aggiungono a quelli su cui la Procura sta già facendo suoi approfondimenti.
Per non parlare di quanto sta succedendo in via Gassendi, vicino a viale Certosa, quartiere Cagnola, dove in un cortile sono iniziati i lavori di un palazzo di cinque piani: i residenti hanno deciso di diffidare direttamente Palazzo Marino e il sindaco, provando a fermare una costruzione che danneggia tutti. A dare man forte all’iniziativa c’è anche Rossella Montagnani Marelli del comitato Bindellina nonché presidente della sezione Anpi del Municipio 8.
La situazione è analoga in Piazza Libia, dove un gruppo immobiliare ha acquisito un’area piuttosto angusta in cui si trova un garage (esattamente al centro di un quadrilatero di palazzi perimetrali). Il progetto – innalzare un edificio di cinque piani a pochi metri dalle finestre dei sei palazzi dove vivono circa 400 persone – toglierebbe aria, luce e spazio vitale agli abitanti, con un effetto claustrofobico e una cementificazione ulteriore in una zona già affollata di gru e cantieri, uno scempio in una piazza che ospita «monumenti arborei» e platani bicentenari. Non solo. Già dieci anni fa, il consiglio di Stato aveva espresso un secco parere negativo su questo progetto, ma i costruttori sono oggi tornati alla carica. «Abbiamo scritto una lettera al sindaco Sala e agli assessorati di riferimento» spiega Fiona Diwan, una delle residenti. «È la terza richiesta di accesso agli atti che inoltriamo e ancora non abbiamo ricevuto risposta dal Comune. Il gazebo di vendita delle case è già aperto e hanno abbattuto alberi e piante, tra cui un grande alloro che sorgeva sull’area. Conoscere il titolo edilizio e vedere il progetto è un nostro preciso diritto di cittadini, si tratta di trasparenza».
Persino nella centralissima Largo Treves, a due passi dallo storico edificio del Corriere della Sera, i condomini delle case adiacenti sono preoccupati per l’arrivo di una mega-torre di 12 piani. Più che altro temono che i lavori possano andare a indebolire le strutture degli antichi palazzi adiacenti, già provati, a quanto pare, dalla demolizione del vecchio palazzo del Comune che si trovava dove ai primi del Novecento c’era la prima sede dell’Università Bocconi. «È evidente che la Scia è stata impiegata con un po’ troppa disinvoltura» riconosce ancora Corbani che nel frattempo non perde occasione per ricordare che «il “marchese Sala del Grillo” nel 2016 aveva promesso la riapertura dei Navigli e nel 2021 la città in 15 minuti anche se doveva precisare “di attesa dei mezzi pubblici di superficie…”».
Oltre alla raffica di contestazioni sul fronte urbanistico, negli ultimi mesi Corbani sta cercando di capire se il progetto Webuild, sbandierato da Sala per ristrutturare San Siro, esista davvero. È il nuovo giallo dell’estate. Sui quotidiani vicini al primo cittadino si parla «di 280 pagine di un ampio studio di fattibilità intitolato, Nuovo Stadio San Siro, che è in mano agli interessati da 23 giugno». Peccato che in data 28 giugno 2024 il direttore generale del Comune Christian Malangone a domanda del capogruppo di Forza Italia, Alessandro De Chirico, abbia risposto per iscritto che «nessun documento e/o progetto è stato consegnato al Comune di Milano». La Milano di Sala è sempre più ferma.
Come forse anche i suoi progetti di diventare un politico nazionale. n
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