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Caso Toti: patteggia l’imprenditore Mauro Vianello, uomo forte del Pd

Caso Toti: patteggia l’imprenditore Mauro Vianello, uomo forte del Pd

Via libera dei pm all’accordo con Mauro Vianello, accusato di corruzione: un anno e quattro mesi per il «proconsole» dem.

Era soprannominato la «volpe del porto» ed è finito in pellicceria. L’imprenditore genovese Mauro Vianello, l’uomo che si proclamava «il più comunista di tutti», ha chiesto di patteggiare un anno e 4 mesi di pena per l’accusa di corruzione che gli ha mosso la Procura di Genova. I pm hanno dato il loro parere favorevole alla chiusura dell’inchiesta che aveva portato ai domiciliari, tra gli altri, l’ex governatore della Liguria Giovanni Toti.

Ma per il Pd, alla vigilia delle elezioni per il Comune di Genova, non è una bella notizia.

Infatti Vianello, dentro al partito, non era uno qualunque. Per esempio trattava le nomine in porto quasi fosse il proconsole dem e si vantava di aver fatto candidare dal Pd «un coglione che sapevamo che perde» per lasciar vincere Marco Bucci.

Ma, soprattutto, annoverava tra i suoi dipendenti anche due pezzi da 90 del partito di Elly SchleinAlessandro Terrile (responsabile nazionale Infrastrutture del partito ed ex capogruppo in Comune) e Simone D’Angelo (segretario provinciale, oltre che consigliere regionale). Il primo è papabile come vicesindaco in caso di vittoria della candidata del centrosinistra, Silvia Salis, alle elezioni di maggio e il secondo ha partecipato alla scelta della front runner.

Per far eleggere segretario D’AngeloVianello aveva persino fatto tesserare alcuni famigliari al circolo del Pd di Sori.

La «Volpe del porto» aveva scelto entrambi per affiancarlo nei suoi affari. L’avvocato Terrile è stato consulente legale della società Santa Barbara dell’imprenditore sotto inchiesta ed è diventato ad di Ente bacini (i cantieri pubblici), quando Vianello ne era presidente. D’Angelo è stato assunto come responsabile amministrativo e finanziario sia della Santa Barbara che della Saria, altra creatura del controverso manager. Le due ditte si occupano di sicurezza in porto.

Non è finita. Un altro dem, Davide Gaggero, è amministratore unico di Saria e presidente di Santa Barbara, oltre che consigliere di amministrazione di Ente bacini. Con questo cv è stato (insieme con Terrile) coordinatore del Tavolo porti e infrastrutture alla conferenza programmatica del Pd dell’aprile 2024, oltre che referente dei dem per lo scalo dal 2017 al 2021. Ora il pigmalione di questi tre signori patteggia un’accusa di corruzione.

L’ex presidente dell’Ente bacini (attraverso gli avvocati Enrico Benedetti e Paolo Costa) ha concordato con i pm Federico Manotti e Luca Monteverde una pena di un anno e 4 mesi oltre alla restituzione di circa 20.000 euro. Per lui il reato iniziale contestato era corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, adesso, in base agli elementi istruttori raccolti, l’accusa è diventata di corruzione per l’esercizio della funzione.

I giornali per mesi hanno raccontato le vicissitudini di Toti, di Aldo Spinelli e dell’ex presidente dell’Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini, ma si sono concentrati molto meno su Vianello, nonostante il ruolo di kingmaker in porto. Al punto che lo stesso Signorini, in un’intercettazione, era sbottato: «Il Pd genovese ormai è governato da lui».

Con una lunga militanza a sinistra alle spalle, a partire dal Partito comunista, Vianello, in cambio dell’aumento della tariffa oraria per il servizio prevenzione, vigilanza e primo intervento antincendio al porto di Genova, aveva offerto a Signorini (che ha patteggiato a sua volta) l’uso di una Mini Cooper per una trasferta di due giorni a Montecarlo, il pagamento di circa 20.000 euro per il banchetto nuziale della figlia (la somma che Vianello adesso deve restituire) e uno smartwatch per un’amica. Vianello aveva delegato l’acquisto con queste parole: «Sì, uno piccolo da 300… Me ne vai a prendere uno da donna?», specificando poi che doveva andare bene «per un troione di trent’anni».

La Verità a giugno aveva svelato che Vianello, mentre provava a diventare fornitore di Autostrade per l’Italia con le sue aziende, in vista della costruzione del tunnel subportuale, aveva offerto i suoi buoni uffici per migliorare le relazioni tra Aspi e il Pd, rapporti resi tesi dai disagi collegati agli infiniti cantieri autostradali. In un’intercettazione, Vianello aveva anticipato a Signorini le sue intenzioni, in vista del meeting con l’ad di Autostrade: «Dopo ci vediamo coi due segretari del partito […] ci troviamo anche con il segretario regionale (Valentina Ghio, oggi parlamentare, ndr) e provinciale (D’Angelo, ndr), li chiamo tutti a raccolta…».

L’amministratore delegato di Aspi, Roberto Tomasi, chiamato a testimoniare davanti i pm, ha raccontato di un pranzo con Vianello, organizzato da Signorini, in cui i due commensali gli avrebbero consigliato

«di aprire un dialogo riguardante la nostra attività cantieristica (di Aspi, ndr) e di impatto sulla viabilità di Genova anche nel mondo dell’opposizione e non solo con le istituzioni». Tomasi in Procura ha spiegato come si comportò: «Accettai l’invito e l’incontro finì. Successivamente Signorini mi scrisse per invitarmi a un incontro con Vianello e con alcuni “stakeholder” (letteralmente «portatori di interessi», ndr), intendendo i rappresentanti del Partito democratico. Quindi ci siamo visti in Ente bacini con Vianello per poi andare a pranzo unitamente a D’Angelo, a Terrile di Ente bacini e altre persone, oltre a Vianello e Signorini. Io spiegai l’importanza dei lavori che stavamo facendo e si chiuse il pranzo».

La Procura di Genova ha dato il via libera ad altri due patteggiamenti (per tutti è prevista la sospensione condizionale della pena) e a una messa alla prova. L’imprenditore nautico Luigi Alberto Amico, difeso da Giuseppe Sciacchitano, ha concordato una pena di un anno e 2 mesi, oltre alla restituzione di 90.000 euro e a un risarcimento di 100.000 euro per il danno d’immagine alla Regione. Ci sono poi due indagati per finanziamento illecito: ex l’ex consigliere di amministrazione di Esselunga, Francesco Moncada, assistito dall’ex ministro Paola Severino, si è accordato per 1 anno di reclusione, pena convertita in una multa da 200.000 euro. L’uomo dovrà pure restituire 10.000 euro e risarcire con 50.000 euro la Regione. Infine, l’editore dell’emittente televisiva Primocanale Maurizio Rossi (difeso da Nicola Scodnik) ha chiesto la messa alla prova e di poter devolvere 20.000 euro in beneficenza.

In attesa della decisione del gip, per la Procura e la Guardia di finanza è un indubbio e rapido riconoscimento delle proprie ipotesi investigative, per il Pd un problema alla vigilia delle elezioni.

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