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Crisostomo: «Con l’energia faremo  “circolare” di nuovo i distretti del Paese»

Crisostomo: «Con l’energia faremo  “circolare” di nuovo i distretti del Paese»

Il presidente di Enel racconta a Panorama i prossimi passi della multinazionale, tra economia di riutilizzo, rilancio delle filiere produttive grazie all’elettrico, mobilità alternativa, impegno nelle infrastrutture. E sull’opzione tecnologica tra Usa e Cina dice:
«Le aziende devono usare la migliore disponibile, muovendosi secondo le logiche di mercato».


Durante l’ultima edizione del forum Ambrosetti, tra una slide via Zoom e una gomitata anti-Covid, è stato presentato un corposo studio sugli impatti dell’economia circolare. Nel 2018 l’effetto sugli investimenti è stato di 9 miliardi di euro in Italia e 110 nell’Unione europea. Con un impatto di circa 300 miliardi sul Pil dell’Unione. Lo scorso anno Cernobbio si era occupato della transizione elettrica. Quella verso un sistema energetico privo di emissioni potrebbe portare a una crescita del valore economico del settore elettrico stimabile tra 113 e 145 miliardi di euro per l’Unione europea. Questi sono i numeri. Poi c’è la comunicazione. Spesso i dati sono raccontati con parole spinte e veicolate ogni giorno di più. Sui media e in tivù si parla così di economia circolare e resilienza. Quest’ultimo è un termine particolarmente divisivo. Una fetta di italiani quando sente nominare la parolina «resilienza» va in brodo di giuggiole perché immagina un futuro dietro l’angolo, l’altra fetta vorrebbe, invece, mettere mano alla fondina perché teme che dietro la comunicazione non ci sia nulla. Se la virtù sta nel mezzo, chiediamo a Michele Crisostomo, presidente di Enel e a Cernobbio il giorno della presentazione dello studio, che effetto gli fa la resilienza.

C’è il rischio che le parole aiutino lo storytelling ma non il business reale. Che ne pensa? Come riempire la resilienza e l’economia circolare?
«Con l’impegno e la strategia aziendale e con i progetti. Posso portare come esempio la recente storia di Enel. Il nostro modello di business ha visto un cambio radicale, e al tempo stesso progressivo, che ha avuto impatti sui servizi agli utenti ma anche sulla capacità di trascinare il mondo della finanza: il nostro “Sdg Linked bond” è diventato un benchmark».

Come misurate i cambiamenti e la resilienza?
«Con l’Ebitda, ma avendo sempre come obiettivo la sostenibilità economica, ambientale e sociale. Bisogna portare valore aggiunto agli azionisti e al tempo stesso ai clienti. Il metro di paragone restano sempre i risultati. Senza contare l’effetto cascata. Per ottenere risultati sulla strada dell’economia circolare, chiediamo anche ai nostri fornitori di stare al passo e condividere visione e approccio. Io credo all’effetto moltiplicatore».

Un esempio concreto?
«In tempi non sospetti, cioè prima del Covid, abbiamo chiuso il nostro ultimo data center diventando così “full cloud”, prima tra le grandi utility mondiali a farlo, rendendo più «resiliente» la nostra infrastruttura. Questo ci ha permesso di garantire la continuità operativa anche durante la situazione di emergenza e di spostare il lavoro dell’azienda in smart working in circa due settimane».

Quali sono i progetti del management e degli azionisti per rendere Enel una leva di crescita dell’economia circolare?
«Ci diamo da fare per anticipare gli esiti del fine vita degli impianti, investendo in impianti rinnovabili e «smart grid», così come studiamo lo sviluppo di una filiera lungo la Penisola e nei mercati dove operiamo. E poi ci sono tutti i nostri progetti sulla mobilità elettrica e i prodotti e servizi circolari offerti ai clienti».

Un nuovo gestore autostradale ed Enel non potrebbero collaborare per portare le colonnine? Tanto più che gli azionisti fra un po’ saranno quasi gli stessi… quelli pubblici.
«Lasciamo stare il tema degli azionisti. Non si confonda con la necessità di portare avanti questi progetti con una spinta forte. Da poco tempo il governo ha legiferato consentendo ai player di diffondere le colonnine di ricarica. È naturale che nel breve-medio termine queste agevolazioni impattino sull’infrastruttura delle nostre autostrade. È ovvio. Ma ci vorrà anche altro. Semplificazione amministrativa nei centri urbani e competenze tecniche».

Si è insediato in Enel da pochi mesi mentre in passato si è sempre occupato di temi regolatori e in un certo senso di sportelli. Quali sono le intersezioni tra finanza ed elettricità?
«Ci sono molti nessi. Si tratta di comprendere l’attività regolatoria sempre più importante nello sviluppo del business in generale, ma soprattutto dei campioni nazionali».

A proposito di situazioni regolatorie, L’Europa è avviata a un quinquennio iper regolato. Che cosa si aspetta dal Recovery fund per il nostro Paese? Le tempistiche sono incerte, mentre le condizionalità si stanno delineando. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha spiegato che l’esecuzione dei progetti e l’erogazione dei fondi saranno monitorati anche in base al rispetto dello stato di diritto. La storia italiana insegna che le infrastrutture sono spesso buchi neri. Non teme che poi i soldi vengano bloccati?
«Lei vede tutti i potenziali rischi. Invece ci sono le occasioni future tutte da cogliere. Non è solo un tema di Covid e di crisi immediata. Il nostro Paese va adeguato e senza il progetto europeo non sarebbe possibile. Dal punto di vista finanziario sarà possibile mettere mano alle infrastrutture di base».

C’è però una questione di sovranità parlamentare. Se i nostri progetti non saranno vistati correremo il rischio di rimanere ultimi, uscire dal G8 per di più pieni di ulteriori debiti. Invece la politica è molto ottimista.
«Credo faccia bene a esserlo. Serve una spinta nuova e non la paura di rimanere ancorati al passato. In molti sono convinti che la transizione energetica e il passaggio all’elettrico uccideranno alcune filiere in Italia. Invece credo che nessuna sarà potenzialmente esclusa. Certo, se si sbaglia si perde il treno. Ma la nuova stagione economica girerà sempre più attorno al perno dei campioni nazionali, come Enel e altre aziende quotate e se riusciremo a non perdere questo treno, allora ci sarà l’effetto trascinamento. I distretti che sono stati la spina dorsale dell’Italia torneranno a crescere e a portare occupazione».

Cita i campioni nazionali, non posso non chiederle dell’aspetto relativo alla rete unica e al futuro del 5G. Enel vive da vicino questi temi che però sono anche schiacciati tra enormi pressioni geopolitiche. Il Paese userà tecnologia cinese o americana?
«Non spetta a me rispondere. Le aziende devono usare la migliore tecnologia disponibile, muovendosi secondo le logiche di mercato».

Scegliere tecnologia cinese comporterà il rischio di perdere il mercato statunitense.
«La politica dovrebbe fare in modo che questo non accada. Le ricordo che esiste anche la cybersecurity».

Ultima domanda. Come vede Open fiber fra un anno? E la sua valutazione…
«Questo è un altro campione nazionale nato per servire tutti gli operatori. La vedo come polo di attrazione del progetto nazionale. Il fatto che sia nata per essere neutra e ottimizzare il business degli operatori che stanno sul mercato è il suo vero e peculiare valore aggiunto».

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