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Ma il «deep state» non vuole Trump Presidente

Ma il «deep state» non vuole Trump Presidente

Parlano George Papadopoulos e Simona Mangiante, sostenitori di Donald Trump e già suoi stretti collaboratori. «Con il Russiagate i settori “profondi” delle istituzioni Usa hanno cercato di fermarlo, ora possono riprovarci». E sul «contesto» italiano in quello scandalo del 2018 hanno un’idea precisa…


Il «Deep State», il potere vero degli Stati Uniti, non vuole Donald Trump di nuovo alla Casa Bianca. Ne sono convinti George Papadopoulos e sua moglie, l’italiana Simona Mangiante, la coppia travolta dalla bufala del Russiagate del 2018, la manovra che provò a far saltare prima la candidatura e poi la presidenza del tycoon attribuendogli una inesistente «liaison» con Vladimir Putin. «La vera notizia sarebbe il contrario» spiegano Papadopoulos e Mangiante in questo colloquio con Panorama, «perché è chiaro che Trump è inviso ad alcuni apparati dell’altissima burocrazia statale che, nonostante tutto, restano detentori di poteri senza controllo alcuno. Le menti del Russiagate sono ancora attive e di certo proveranno a colpire l’ex presidente. Le nostre non sono illazioni, ma semplici analisi dei fatti derivanti dalla storia recente e dalle circostanze personali». Papadopoulos finì in carcere con l’accusa di aver mentito all’Fbi nel corso delle indagini sul Russiagate, essendo a conoscenza di un presunto gioco sporco, messo in atto da Mosca, per colpire l’allora candidata dem, Hillary Clinton. Una soffiata (falsa) fattagli dall’enigmatico professore maltese Joseph Mifsud, incontrato nel corso di una visita all’università Link Campus University di Roma allora diretta dall’ex ministro Enzo Scotti e ritenuta assai vicina ai Cinque stelle.

«I procuratori John Durham e William Barr sono stati in Italia per indagare sull’eventuale coinvolgimento della vostra intelligence nel complotto anti-Trump ma non abbiamo ricevuto risposte soddisfacenti al riguardo» proseguono gli intervistati. «È arrivato il momento di sostituire le speculazioni, che non hanno prodotto alcun risultato, con vere investigazioni. Il Russiagate ha fatto danni incalcolabili alla credibilità delle istituzioni americane. Recuperare la reputazione e l’affidabilità dello Stato agli occhi dei cittadini sarà la grande sfida della prossima amministrazione». A quel tempo Papadopoulos era consulente politico di Trump e, in quella veste, ha assistito alla caccia all’uomo scatenata dai servizi segreti contro il presidente e i suoi collaboratori.

«Io sono stato il “paziente zero” dello spy-gate. La rete di spionaggio, che ha puntato il mirino su di me, l’ho dettagliata nel mio libro Deep State target», aggiunge Papadopoulos, «anticipando di ben sei anni i risultati che il giornalista Matt Taibbi ha riportato in un suo volume nel 2024. Il tempo mi ha dato ragione, il Russiagate è stata una gigantesca trappola di cui ancora oggi non conosciamo protagonisti e dinamica. Una trappola che potrebbe ripetersi se Trump continuasse la sua trionfante cavalcata elettorale».

I coniugi, che dopo quegli anni turbolenti hanno imboccato nuovi percorsi professionali (Papadopoulos è commentatore politico per il canale Newsmax e senior advisor di un super Pacs, comitato che promuove l’agenda «America First» trumpiana, mentre la Mangiante è imprenditrice e giornalista), sottolineano la tempistica con cui sono entrati in azione i servizi segreti «sotto l’amministrazione Obama» per mettere al tappeto The Donald. Quando cioè i capi degli 007 Usa hanno chiesto «ad agenzie straniere di controllare illegalmente 26 soggetti dell’entourage di Trump prima che emergessero le finte accuse di collusione con la Russia». E tra i 26 c’era, appunto, Papadopoulos. Dunque, esisteva uno specifico mandato per azzoppare il businessman entrato in politica prima dello scoppio del presunto scandalo. «Come sta emergendo chiaramente in questi ultimi mesi, la macchinazione porta direttamente a Roma, e non solo per la presenza di Mifsud alla Link Campus University. Oggi sappiamo che i “five eyes” (i servizi segreti di America, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, ndr) e l’intelligence occidentale erano coinvolti nella fabbricazione di dossier fraudolenti contro un presidente democraticamente eletto. Ci sono ancora molte risposte che ci aspettiamo dal vostro Paese».

A cominciare dal ruolo ricoperto da Mifsud, a tutt’oggi irreperibile. «Quest’uomo è il capitolo irrisolto di quella che si è rivelata l’inchiesta più lunga e inconsistente nella storia degli Stati Uniti», spiegano ancora Papadopoulos e la Mangiante, «un vero ordigno creato ad hoc per distruggere i risultati delle elezioni presidenziali del 2016». E concludono: «Nessuno, compresi Barr e Durham, sono riusciti a scoprire dove sia finito Mifsud e per quale motivo abbia voluto eclissarsi. Le ultime notizie lo collocano in Italia, tra Roma e l’Umbria. Ma perché sia sparito è un mistero. La vera domanda però è: questo sconosciuto professore di Malta, che spunta improvvisamente per creare scompiglio nella campagna elettorale di Trump, agganciando un consulente del candidato repubblicano, è stato seriamente cercato o più convenientemente dato per scomparso? E se è stato lasciato libero di agire, chi lo ha reclutato e che cosa gli ha promesso in cambio?».

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