Mentre il caos non si ferma negli Stati Uniti, l’Europa guarda con apprensione oltreatlantico, in attesa di conoscere chi sarà il vincitore delle presidenziali americane. Non è del resto un mistero che in molte cancellerie del Vecchio Continente si nutra la (più o meno manifesta) speranza in una vittoria di Joe Biden.
Per il momento, il Paese che si è esposto maggiormente sembra essere la Germania, con il ministro degli Esteri, Heiko Maas, che venerdì ha criticato Donald Trump per le sue accuse di brogli elettorali. “Chiunque continui a gettare benzina sul fuoco in una situazione come questa si comporta in modo irresponsabile”, ha dichiarato. Non è d’altronde un caso che, negli ultimi quattro anni, le relazioni tra Washington e Berlino si siano rivelate profondamente tese, soprattutto su due fronti: il surplus commerciale della Germania e le spese per l’Alleanza atlantica. Trump e la cancelliera tedesca, Angela Merkel, non sono mai andati granché d’accordo ed è evidente come Berlino speri in un presidente americano meno ostile al multilateralismo e, in definitiva, alla stessa Unione europea. Tra l’altro, è anche la linea che Biden potrebbe avere sulla Cina ad ingolosire Pechino. Un fattore che merita di essere analizzato.
Molto spesso si dice che un’eventuale presidenza Biden non cambierebbe la postura aggressiva di Washington verso la Repubblica popolare. Una tesi indubbiamente valida per quanto riguarda le questioni militari, tecnologiche e di intelligence, ma forse non del tutto fondata sul piano commerciale. Non dimentichiamo infatti che, da senatore del Delaware, Biden sia stato un fautore – negli anni ’90 – dell’ingresso di Pechino del Wto. E che alla Casa Bianca potrebbe rispolverare quindi un atteggiamento conciliante su questo fronte. Non trascuriamo del resto che, durante il dibattito tra i candidati alla vicepresidenza, Kamala Harris abbia aspramente criticato la guerra tariffaria, ingaggiata da Trump con la Cina. Ecco: un’eventuale linea morbia in materia commerciale potrebbe essere ben vista da una Germania che ha nel tempo man mano rafforzato i propri legami economici con Pechino. Attenzione però, perché non è neppure automatico un idillio tra Berlino e una ipotetica presidenza Biden: ricordiamo infatti che Barack Obama (di cui Biden è stato vice per otto anni) abbia avuto svariate occasioni di scontro con la cancelliera tedesca. Dalla risposta economica alla Grande Recessione al tema dei finanziamenti della Nato, non tralasciando casi spinosi come Dieselgate e Snowden. Senza dimenticare che un Biden presidente potrebbe entrare maggiormente in conflitto con la Russia, facendo cadere ulteriori tegole sul già tormentato progetto Nord Stream 2.
In tutto questo, anche Parigi spera evidentemente in una vittoria del candidato democratico, con il ministro francese del Commercio, Franck Riester, che ha dichiarato di aspettarsi relazioni economiche migliori con l’ex vicepresidente. Anche in questo caso, va ricordato che il rapporto tra Trump ed Emmanuel Macron non sia mai stato troppo amichevole. La Francia non ha mai digerito il fatto che l’attuale presidente americano si sia ritirato dall’accordo sul nucleare con l’Iran, oltre al fatto di essersi sfilato anche dall’intesa di Parigi sul clima. Tutto questo, senza dimenticare gli attriti in materia commerciale e di web tax. Infine Trump ha intrattenuto non poche tensioni con Macron, anche a causa della proposta, avanzata da quest’ultimo, di creare un esercito europeo per soppiantate di fatto l’Alleanza atlantica. Un’eventuale presidenza Biden farebbe invece probabilmente rientrare gli Stati Uniti negli accordi di Parigi, mentre lo stesso ex vicepresidente ha più volte sostenuto in campagna elettorale di voler ripristinare ipso facto l’intesa nucleare con l’Iran. Tutti fattori che all’Eliseo non possono che rivelarsi graditi. Senza poi trascurare le dinamiche di politica interna, visto che Marine Le Pen ha sempre manifestato il proprio sostegno a Trump.
Una posizione molto più defilata è al momento quella di Downing Street. Nonostante non siano mancati degli attriti, non è un mistero che il premier britannico, Boris Johnson, avesse intenzione di giocare di sponda con Trump per portare a casa la sua idea di Brexit e condurre la propria successiva politica estera e commerciale. Un cambio della guardia alla Casa Bianca potrebbe rivelarsi quindi per lui molto problematico, anche perché Biden ha già manifestato scetticismo per un accordo bilaterale di libero scambio con il Regno Unito. Una simile prospettiva indebolirebbe pertanto Johnson nelle sue già turbolente relazioni con Bruxelles e potrebbe azzopparlo ulteriormente in politica interna: anche perché, a causa della pandemia, la sua posizione su questo fronte è già di per sé abbastanza traballante.
Anche l’attuale governo italiano sarebbe tutt’altro che dispiaciuto da una eventuale amministrazione Biden. È pur vero che Giuseppe Conte ha sempre rivendicato di avere un buon rapporto personale con Trump. Tuttavia, dal punto di vista strutturale, la situazione è ben diversa. In primo luogo, ricordiamo che il Pd intrattenga forti legami con l’establishment del Partito democratico americano: establishment di cui lo stesso ex vicepresidente di Obama è storicamente parte integrante. In secondo luogo, non trascuriamo che ampi settori del governo giallorosso abbiano un orientamento di forte apertura nei confronti della Cina. Se – come già accennato – è improbabile che una presidenza Biden cambierà registro su dossier come il 5G, non è invece escludibile possa farlo sul piano commerciale. Il che garantirebbe ai giallorossi un maggiore margine di manovra nel loro avvicinamento nei confronti di Pechino. Dall’altra parte, è probabile che un’amministrazione democratica possa privilegiare come interlocutori europei Francia e Germania, relegando l’Italia a un ruolo non di primo piano. Riflessi indiretti potrebbero aver luogo anche sul fronte delle politiche migratorie: non dimentichiamo che nel 2018 Trump elogiò il governo gialloblu per la stretta sui flussi clandestini. Una linea che Biden – almeno sulla base di quanto detto in campagna elettorale – probabilmente invertirà. Detto questo, attenzione. Perché alcuni settori del Movimento 5 Stelle non sembrano amare troppo il candidato dem. E questo qualche fibrillazione nel governo Conte bis potrebbe determinarla.
Troviamo infine una situazione complicata sulla questione israeliano-palestinese. Nonostante il rapporto politico e personale molto forte con Trump, il premier israeliano, Bibi Netanyahu, ha evitato di schierarsi apertamente nell’ultima campagna elettorale americana. Questo non solo per evitare di compromettere in generale le relazioni con Washington, ma perché probabilmente ritiene che un’eventuale presidenza Biden non cancellerà la sostanza della politica israeliana di Trump. L’incognita maggiore riguarda tuttavia proprio l’intesa sul nucleare con l’Iran. Se Biden dovesse ripristinarla, come promesso in campagna elettorale, questo potrebbe creare degli attriti con l’esecutivo israeliano. In tal senso si è espresso criticamente di recente il ministro degli Insediamenti, Tzachi Hanegbi, preconizzando un possibile scontro tra Israele e la Repubblica islamica.