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Gelli e Gheddafi, i super ambasciatori di Daniel Ortega nel mondo.

Gelli e Gheddafi, i super ambasciatori di Daniel Ortega nel mondo.

Il Nicaragua del dittatore sandinista assegna la quinta ambasciata al figlio dell’ex piduista Licio. Mentre l’altro suo fedelissimo «messaggero nel mondo» è Mohamed Farrara Lashtar, il nipote dell’ex leader libico. Una doppia scelta che nasconde interessi opachi.


Maurizio Gelli e Mohamed Farrara Lashtar. Segnatevi questi due nomi perché oltre a essere il figlio dello scomparso Licio Gelli e il nipote del defunto dittatore libico Gheddafi, sono loro a gestire per conto della dittatura di Daniel Ortega la politica estera del Nicaragua in una quindicina di Paesi di Europa, Africa, Medioriente e Paesi arabi. Del 64enne Maurizio si sa che la sua ultima ambasciata è quella di Bratislava, in Slovacchia. Ad annunciarlo sulle tv a reti unificate, il 31 agosto scorso, nientemeno che Rosario Murillo, la moglie di Ortega. «Siamo lieti di comunicare che al nostro collega Maurizio Carlo Alberto Gelli è stato conferito l’onore di ambasciatore del nostro popolo e del nostro governo nella Repubblica slovacca», ha dichiarato «la bruja» (la strega in italiano) come l’hanno ribattezzata i nicaraguensi a causa della sua passione per la magia nera.

Per il figlio del Venerabile, che prima del ritorno al potere di Ortega nel 2007 era concessionario d’auto della Mercedes, l’ambasciata in Slovacchia è arrivata dopo quelle in Spagna, Andorra, Grecia e la rappresentanza presso l’Organizzazione mondiale del turismo, l’agenzia Onu con sede a Madrid che promuove viaggi di piacere «responsabili e sostenibili». Una cinquina in meno di quattro mesi, un record.

La capacità di intessere rapporti con le più alte sfere del potere, del resto, sono nel Dna dei Gelli se è vero che anche il figlio di Maurizio, Licio Junior, è stato da poco nominato ambasciatore del Nicaragua in Uruguay, succedendo proprio al padre che, prima di tornare da «super feluca» in Europa, era il numero uno della diplomazia di Ortega in Canada.

Da «ministro plenipotenziario», il massimo gradino della carriera diplomatica per cui può firmare accordi e trattati, Maurizio è stato immortalato dai fotografi lo scorso 17 maggio, quando re Filippo VI di Spagna ha accettato le sue credenziali. Certo, non è giusto che le colpe dei padri ricadano sui figli ma «a pensar male ci si azzecca», sentenziava Giulio Andreotti; anche perché il figlio del capo della P2, quando si occupava di auto di lusso, era stato fermato all’aeroporto di Vienna con un mandato di cattura per «presunto» riciclaggio dei beni del padre.

Concedere la nazionalità nicaraguense a personaggi con un passato pesante e a volte persino delinquenziale, purché lo assecondino in tutto, è un’abitudine del dittatore sandinista. Basti pensare ad Alessio Casimirri, ex membro delle Brigate Rosse condannato in Italia all’ergastolo per l’omicidio di Aldo Moro, e diventato nicaraguense nel 1988 grazie a Ortega, che già all’epoca era al potere.

Politici, narcos, terroristi, faccendieri, la lista dei «nicaraguensi da esportazione» di Ortega è davvero sterminata. E tra i nomi ne spicca un altro, meno noto in Italia dei Gelli ma forse più importante per la dittatura di Managua: ovvero il nipote del defunto dittatore libico Gheddafi, che oggi detiene una decina di ambasciate, ultima delle quali, da settembre, in Turchia. Si tratta di Mohamed Lashtar, che nel 2021 difese l’arresto di tutti e sette i candidati presidenziali che si opponevano a Ortega definendoli «traditori della patria» e assicurando che «nonostante il tradimento, sono stati trattati con misericordia».

Prima di diventare delegato speciale per Africa, Medioriente e Paesi arabi e numero uno della diplomazia sandinista in Turchia, Kuwait, Egitto, Giordania, Algeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Tunisia, Bahrain e Qatar, Lasthar serviva da collegamento tra il regime di Gheddafi e gruppi terroristici latinoamericani tra cui Sendero Luminoso in Perù e le Farc in Colombia.

Nominato da Gheddafi in persona ambasciatore libico a Managua, si associò a Rafael Ortega Murillo, il figlio maggiore dell’attuale coppia presidenziale; e quando il leader sandinista si recò in Libia per farsi finanziare dopo la sconfitta elettorale del 1990 contro Violeta Chamorro, fu Lasthar a garantire che i contributi del Colonnello finissero nelle mani giuste. Rafael Ortega Murillo gli ordinava, per esempio, «di assistere i peruviani», intendendo i maoisti di Sendero Luminoso, o le Farc.

Diventato cittadino nicaraguense nel 1990, al termine del primo periodo al potere di Ortega, Lashtar ha sostenuto la violenta repressione di Ortega prima contro gli studenti e oggi contro la Chiesa cattolica. Nonostante questo e le sanzioni americane contro di lui, è però ben lungi dall’essere un paria globale. L’anno scorso, per esempio, Lashtar ha guidato la delegazione nicaraguense alla COP27, la conferenza Onu sul cambiamento climatico di Sharm el-Sheikh per «salvare il pianeta».

Se sulle attività dei Gelli, Maurizio e Licio Junior, nulla si sa, a parte quelle diplomatiche e lecite, su quale sia la reale funzione del nipote di Gheddafi tra Turchia, Africa, Medioriente e Paesi arabi abbiamo notizie grazie al pluripremiato giornalista Douglas Farah – fu lui il primo a denunciare i vincoli tra una ancora quasi sconosciuta Al Qaida e i traffici di armi e diamanti – ex inviato del Washington Post nella guerra civile in El Salvador, nel Messico degli albori dei cartelli della droga e in molte guerre africane. Farah, oggi analista, ha rivelato nell’ultimo rapporto pubblicato dall’Istituto nazionale di studi strategici sulle relazioni della Russia in America Latina, che Ortega ha creato una rete di operatori internazionali per riciclare oro e spostarlo illegalmente sul mercato.

E, guarda caso, il primo «super fixer» addetto a questo compito è proprio il nipote di Gheddafi, «ambasciatore in molti Stati del Medioriente, dove si parla arabo e il mondo gira attorno all’oro. Quindi, se si ha un ambasciatore con immunità diplomatica, può spostarsi nella regione e fare ciò che vuole da un governo all’altro. Con gli Emirati Arabi Uniti, con l’Arabia Saudita e così via» spiega Farah a Carlos Chamorro, figlio dell’ex presidente Violeta e fondatore del sito web Confidencial che dirige dal suo esilio in Costa Rica.

Il modus operandi di Lashtar è semplice e non tracciabile «perché se porti con te oro con una purezza inferiore al 95 per cento, puoi attraversare i confini senza dichiararlo come valuta. Dici semplicemente che hai oro ma non è raffinato, e finché è inferiore a quella soglia non c’è problema. Poi potrai entrare negli Stati Uniti, in Europa o dove vuoi con una purezza del 94 per cento, raffinarlo in breve tempo e incassare fiumi di dollari. Si tratta di una lacuna nel sistema internazionale, di cui si sono resi conto di poter trarre vantaggio, e lo stanno facendo proprio in questo momento con Lasthar, che è la persona chiave di questa operazione di Ortega» conclude Farah.n

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