A parlare non è un esponente dell’ultra destra di Alternative für Deutschland, ma Sahra Wagenknecht, ex socialista e ora fiera avversaria di aperture ai profughi, di ambientalismi ideologici, di tutte le posizioni «politicamente corrette» della sinistra. Tant’è che si è fatta un suo partito.
Le domande d’asilo? Meglio se presentate lontano dai confini della Germania. Il tedesco? Va studiato fin dalla tenera infanzia e i primi test sulla competenza linguistica vanno introdotti a cominciare dai tre anni d’età. La bambina non l’ha imparato? La sua frequenza dell’asilo non sarà allora più volontaria ma obbligatoria. Siamo in Germania e siamo in campagna elettorale: il 9 giugno 64,9 milioni di elettori potranno mettere una «x» sul loro partito preferito per l’elezione del Parlamento europeo. A chi legge, le proposte elettorali qui illustrate faranno forse venire in mente Alternative für Deutschland (AfD), il partito sovranista tedesco nato nel 2013 come formazione euroscettica e diventato di mese in mese prima xenofobo, poi islamofobo, quindi no vax e filo-russo, evolvendosi, alla vigila delle imminenti europee, nel paria fra i le formazioni sovraniste europee per avere strizzato l’occhio al linguaggio del Terzo Reich.
Da qualche mese però AfD non è più la sola forza politica tedesca a chiedere un giro di vite contro profughi e immigrati né l’unica a proporre di tornare a ben più miti consigli fra Unione europea e Federazione russa. Signore e signori, benvenuti sulla piattaforma del BSW, il Bündnis Sahra Wagenknecht, dove Bündnis signfica «alleanza» e le altre due parole sono il nome e il cognome della fondatrice. Sottotitolo, per chi non conoscesse la leader politica classe 1964, «Vernunft und Gerechtigkeit» (Ragione e giustizia). In Germania, comunque, la signora Wagenknecht non ha bisogno di presentazioni. Il portamento regale, i capelli lunghi raccolti o intrecciati lungo la schiena, lo sguardo severo non senza un accenno di sorriso, Wagencknecht è un personaggio noto per avere fatto carriera politica nella Linke, ossia nel partito socialcomunista, erede politico del socialismo reale della Ddr, l’ex Germania Est.
La numero uno del BSW è figlia proprio di quel regime: nata a Jena nell’orientale Turingia da madre tedesca e padre iraniano, Wagenknecht non buca il video per l’aspetto né deve la sua notorietà al (secondo) marito di 26 anni più grande, l’arcinoto Oskar Lafontaine, già ministro federale delle Finanze (1998-99) per il partito socialdemocratico. No, la sua passione politica viene da lontano: nei mesi in cui una sconosciuta Angela Merkel lavorava assieme all’ultimo primo ministro della Ddr, Lothar de Maizère, per liquidare il socialismo reale, Wagenknecht, campionessa di nuoto controcorrente, si iscriveva alla Sed, il partito socialista al potere in Germania est e in via di disfacimento.
Nel 2004, vent’anni fa, è eletta al Parlamento europeo; nel 2009 al Bundestag; nel 2012 guida la Linke; nel 2015 è capo dell’opposizione. Oggi invece guida un partito a sua immagine e somiglianza. Leggiamo il programma alla voce ambiente ed energia: «In primo luogo, dobbiamo ridurre i costi energetici e ripristinare la sicurezza energetica, in particolare riprendendo le forniture di petrolio e gas dalla Russia e concludendo contratti energetici a lungo termine». O ancora: «Sono respinte le rigide misure di divieto di utilizzo dei motori a combustione». E la svolta verde? Le energie rinnovabili? L’agricoltura sostenibile? Compagni abbiamo sbagliato, ha detto e ripetuto alla Linke, che però non l’ha ascoltata, perdendo costantemente consensi. E quando il partito socialcomunista ha candidato Carola Rackete capogruppo alle europee, Sahra Wagenknecht ha sbattuto la porta, mettendosi in proprio. Se la Rackete da pescatrice di migranti si è fatta leader ambientalista, proprio nell’ossessione ambientalista della sinistra, la Sahra nazionale ha individuato una ragione della tendenza alla sconfitta elettorale della Linke. In quella e nell’altra compulsione dei socialcomunisti: un’eccessiva attenzione ai diritti e alle ragioni di profughi e immigrati.
Fascista, sovranista, qualunquista, le hanno gridato i suoi ex compagni di viaggio mentre lei armata di falce e martello forgiava una nuova piattaforma elettorale incentrata sul «prima i tedeschi». Razzista io? Neanche per idea, ha replicato: ma perché dobbiamo spalancare le porte della Germania all’immigrazione qualificata quando abbiamo 2,5 milioni di giovani sottoccupati con paga minima legale, incapaci di trovare un lavoro perché privi della qualifica richiesta? Facciamoli studiare! E perché per le professioni meno qualificate puntare su stranieri che accettano paghe da fame finendo per deprimere il mercato del lavoro? Poi, ha spiegato in una serie di interviste recenti, oggi i tedeschi lavorano tanto ma senza potersi permettere né l’agognata vacanza a Mallorca né tantomeno l’acquisto della casa. E sapete perché l’economia arranca, spiega, forte del suo dottorato in Economia? Perché siamo in guerra (con la Russia), una guerra folle e dispendiosa provocata dalla Nato che ha offerto all’Ucraina di entrare nell’alleanza.
Argomenti semplici, immediati, accattivanti, decisamemete più comprensibili del dibattitto fra verdi e socialisti se sia meglio vietare la produzione di biocarburanti dai cereali oppure no. Benché declinati in salsa comunista, gli accenti del BSW molto simili a quelli di AfD, a inclusione di una spruzzata di intolleranza, in anni recenti, per l’obbligo vaccinale contro il coronavirus. AfD è corsa ai ripari facendole una corte spietata ma la comunista Sahra non si è fatta incantare. Riuscendo nel frattempo a ingaggiare Alice Schweizer, anima storica del femminismo tedesco. Cos’hanno in comune Wagenknhect e Schweizer? Per esempio pochissima o zero tolleranza per chi cerca oggi di comprimere i diritti delle donne in Germania imponendo ad alcune di loro il velo islamico. Lo scorso 11 maggio la rivista Mallorca Magazine ha chiesto a Wagenknecht se fosse d’accordo con la decisione della Danimarca di vietare l’acquisto di immobili a stranieri appena arrivati. Risposta: «Certe decisioni si prendono in loco, non a Bruxelles. E poi se c’è un’emergenza abitativa non c’è nulla di male nel limitare gli investimenti stranieri».
E la guerra russo ucraina come la risolverebbe? «Con dei referendum in Crimea e nel Donbass. Non abbiamo fatto lo stesso nella Saarland (nel 1955 per decidere tra Francia e Germania, ndr)?». Al primo test elettorale in Turingia a fine maggio, i candidati del suo BSW hanno tutti strappato risultati a due cifre e nella piccola Nordhausen, nella stessa regione, Robert Hennig è diventato sindaco al primo colpo con il 56 per cento dei voti. Da quando Sahra l’ha abbandonata, la Linke non dorme più sonni tranquilli mentre AfD non dà più per scontato di essere il partito più apprezzato nell’est della Germania.