Oggi nel Consiglio dei Ministri svoltosi alle 18 è stato approvato il decreto legge “sicurezza”. Inizialmente pensato come disegno di legge, il governo ha infine deciso per la conversione in decreto dopo che il ddl era stato costretto a tornare dal Senato alla Camera (dove era già stato approvato a settembre) per problemi relativi alle coperture finanziarie, oltre che per la potenziale incostituzionalità di alcuni provvedimenti evidenziata dal Quirinale. Con la trasformazione in decreto legge le disposizioni contenute al suo interno entreranno immediatamente in vigore, per poi essere convertite in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Con questa mossa si è quindi voluto aggirare le “lungaggini” parlamentari.
Le critiche del Quirinale e le modifiche apportate al dl “sicurezza”
C’era uno stallo politico interno alla maggioranza, che vedeva la Lega da una parte e Fratelli d’Italia e Forza Italia dall’altra, riguardo alle modifiche da apportare al testo originale, con il Vicesegretario della Lega Andrea Crippa che aveva espresso la sua contrarietà ad «un testo edulcorato da Mattarella». Il Quirinale, infatti, aveva sollevato dubbi di costituzionalità su diverse norme del ddl.
È stato quindi necessario un’ulteriore revisione per rendere il documento non attaccabile dal punto di vista della costituzionalità. Ecco quindi la marcia indietro su alcuni dei provvedimenti iniziali: era prevista l’eliminazione dell’obbligo di differimento pena per le detenute madri di figli piccoli, con possibilità di tenere in carcere le donne incinte e le madri di bambini sotto l’anno di età. La versione modificata ripristina la discrezionalità del giudice, che potrà decidere caso per caso.
Limitato anche il divieto assoluto di vendita di Sim telefoniche agli immigrati irregolari senza permesso di soggiorno, dove ora basterà mostrare un documento in corso di validità. Inoltre, nella versione originale la resistenza passiva era inclusa tra le condotte che integrano il nuovo reato di rivolta in carcere, mentre la versione modificata definisce più precisamente il «nucleo di rilevanza penale delle condotte», limitando l’applicazione del reato di rivolta in carcere.
Modificato anche l’obbligo per le amministrazioni pubbliche e le partecipate statali di rispondere alle richieste di collaborazione dei servizi segreti: si ritorna alla mera facoltà (già prevista dalla legge attualmente in vigore) e scompare ogni riferimento alle società pubbliche. Infine, l’aggravante specifica per chi protesta contro le grandi opere è stata anch’essa revisionata.
Chi ha lavorato al dossier è ora convinto che il testo del decreto sia inattaccabile dal punto di vista della legittimità costituzionale. Le opposizioni hanno criticato duramente il passaggio da “disegno di legge” a “decreto legislativo”, definendola «inaccettabile forzatura» (PD) e un «colpo di mano» (M5S).
Cosa prevede il nuovo decreto
Tra le aggiunte al decreto legge “sicurezza” figura l’inserimento di un pacchetto di norme per le Forze dell’Ordine (lo “scudo penale” è stato accantonato per problemi di costituzionalità). Queste misure mirano a rafforzare tutte le tutele oggi esistenti, comprese quelle durante lo svolgimento delle manifestazioni. Viene consentito l’utilizzo delle armi private senza licenza, l’utilizzo delle bodycam sulle divise ed è anche previsto che il Ministero degli Interni copra le spese legali (per un massimo di 10mila euro) degli agenti indagati o imputati in ogni fase dell’ipotetico procedimento inerente al servizio svolto.
Tra gli elementi mantenuti dal ddl originale figurano più di venti tra nuovi reati e fattispecie, come il blocco stradale o ferroviario oppure l’occupazione abusiva di immobile. Dovrebbe rimanere anche lo stop alla cannabis light. È stato inoltre introdotto un nuovo reato che punisce chi si procura o detiene materiale con le istruzioni per preparare o usare esplosivi, armi da fuoco o sostanze chimiche e batteriologiche con finalità di terrorismo, con pene previste dai due a sei anni di reclusione.
Un altro nuovo reato inserito nel dl “sicurezza” punisce chi partecipa a una rivolta all’interno di un istituto penitenziario mediante atti di violenza, minaccia o resistenza all’esecuzione degli ordini. La pena va da uno a cinque anni, con inasprimenti se il reato è stato commesso usando armi o se ne derivano lesioni o morte di persone (per un massimo di venti anni di carcere). Un reato simile punisce chi, insieme ad almeno altre tre persone, organizza o partecipa a una rivolta in un centro di accoglienza per migranti o in un centro per i rimpatri, usando violenza o atti di resistenza passiva.
Ampliato il reato di danneggiamento durante manifestazioni, con multe che ora arrivano fino a 15mila euro e pene di reclusione da almeno un anno e sei mesi. È stata introdotta una nuova aggravante per il reato di truffa. Il Daspo urbano è stato ampliato, consentendo ai questori di disporre il divieto di accesso a determinati luoghi pubblici per persone denunciate o condannate per alcuni reati.
L’arresto in flagranza differita è stato esteso ai reati di lesioni personali nei confronti di un pubblico ufficiale durante manifestazioni sportive o di un medico o infermiere in servizio. Infine, sono state modificate le regole sulla concessione della sospensione condizionale della pena per alcuni reati nei trasporti pubblici.