Home » Attualità » Politica » Tutte le illusioni del presidente Macron

Tutte le illusioni del presidente Macron

Tutte le illusioni del presidente Macron

Le prossime elezioni europee si prefigurano come una sconfitta per Emmanuel Macron. Proprio lui che ha sempre cercato di essere un punto di riferimento a Bruxelles. Mentre sul fronte interno le cose non gli vanno meglio, tra crescita economica al palo e problemi di sicurezza in vista delle Olimpiadi.


Rischiano di trasformarsi in uno strano scherzo del destino le prossime elezioni per Emmanuel Macron, che si avvicina a grandi passi verso una sonora sconfitta proprio sul suo terreno di gioco prediletto. Quello dell’Unione europea, chimera del presidente francese che fin dal primo giorno del mandato ha cercato di imprimere il suo marchio a Bruxelles senza ottenere i risultati sperati. Lo stesso esito che sembra attenderlo al voto del 9 giugno, dove Renaissance, il partito della maggioranza presidenziale, si presenta con l’eurodeputata uscente Valérie Hayer. Un profilo sconosciuto al grande pubblico, scelto più come ripiego visti i «niet» di alcuni pesi massimi della macronia che si sono rifiutati di scendere in campo, primo fra tutti l’ex ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian. La 38enne capogruppo di Renew all’Europarlamento non sembra avere nessuna speranza contro Jordan Bardella, il delfino di Marine Le Pen di dieci anni più giovane, dato come favorito. Secondo i sondaggi, l’enfant prodige del Rassemblement National è a più del 30 per cento delle preferenze, lontano da Hayer che oscilla tra il 16 e il 18 per cento con il rischio di essere superata anche da Raphaël Glucksmann, in corsa per il redivivo Partito socialista, dato a circa il 14 per cento e in continua ascesa.

Una catastrofe annunciata per Macron, che si è lanciato a sostegno della sua pupilla con un nuovo discorso alla Sorbona, tenuto sulla falsariga di quello del 2017, con il quale il capo dello Stato delineò la sua visione riformatrice dell’Ue presentando un nuovo concetto di sovranità europea, con molte promesse cadute nel vuoto: l’idea di nominare un ministro unico delle Finanze non si è concretizzata, il numero di membri della Commissione europea non è stato ridotto a 15 e il progetto sulla creazione di liste transnazionali per le elezioni è ancora in alto mare. Il tutto, mentre la Germania non ha mostrato particolare entusiasmo nei confronti del volontarismo sbandierato in più occasioni dal leader francese. Come quando non ha escluso la possibilità di mandare truppe occidentali sul fronte in Ucraina, seminando il panico e l’incomprensione tra i partner, tra cui il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Lo stesso Macron nel suo ultimo discorso ha riconosciuto che i «progressi sono stati limitati» nello sviluppo di un’Europa più democratica (con un chiaro riferimento all’avanzata degli avversari sovranisti). In quest’ottica ha lanciato nuove proposte ricordando con toni crepuscolari che l’Ue «può morire». Ampio spazio alla Difesa, per la quale è necessario un «cambio di passo» visti i pericoli emersi con la guerra in Ucraina. Proprio sul conflitto in corso, il capo dello Stato ha sempre cercato di indossare le vesti del leader europeo nel dialogo con la Russia, come hanno dimostrato le tante telefonate con Vladimir Putin all’inizio della crisi e il recente invito alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, a partecipare all’incontro con Xi Jinping a Parigi il 6 maggio incentrato sui rapporti tra Pechino e Mosca. Macron si è poi spinto fino a proporre il «contributo» della Francia allo sviluppo della dissuasione nucleare in quanto unico membro tra i 27 ad avere questa capacità. Nel corso dell’intervento alla Sorbona è stata inoltre evocata l’immigrazione, con una stretta sui controlli alle frontiere Ue, insieme alla «revisione» delle politiche commerciali utili a competere con Cina e Stati Uniti e al raggiungimento dell’eccellenza a livello mondiale in settori strategici quali l’intelligenza artificiale, lo spazio e le nuove energie.

Tutti punti fino a oggi incompiuti, sui quali Parigi vuole accelerare. Ma l’intervento pronunciato nell’anfiteatro della storica università parigina è stato interpretato da molti osservatori come un’occasione per celebrare la discesa in campo di Macron. Sylvain Kahn, professore all’università di Sciences Po ed esperto di questioni europee ci ha visto anche dell’altro: «Forse l’iniziativa si inserisce in una strategia da campagna elettorale, lo vedremo nei prossimi giorni, ma la mia impressione è che Macron abbia preso atto del futuro dell’Ue per gli ultimi tre anni da dirigente che gli restano, insieme a una volontà di vedere i suoi due interventi alla Sorbona inseriti nelle antologie delle grandi orazioni sull’Europa». E il professore ha aggiunto: «Adottando la postura di un presidente che ha una visione e una filosofia della costruzione europea, Macron si è rivolto indirettamente a tutti quegli elettori che nelle precedenti elezioni lo hanno votato perché interessati a questo tema. Gli stessi che potrebbero tornare a scegliere la lista di Hayer, dove ritrovano ancora oggi certi argomenti» aggiunge il professore, anticipando che «magari Macron nei prossimi giorni inviterà a votare per il suo partito, ma non era questo lo scopo principale del discorso alla Sorbona».

L’Europa, però, non è l’unico tema su cui lavorerà la maggioranza. In queste settimane l’inquilino dell’Eliseo dovrà rendere conto ai suoi elettori soprattutto dei problemi interni, in particolar modo di quelli economici. Nel 2023 il deficit ha raggiunto il 5,5 per cento del Pil, contro il 4,9 previsto da Parigi. Il governo, nonostante l’ostentato ottimismo, adesso si trova in forte difficoltà per mantenere la traiettoria fissata al di sotto della soglia del 3 per cento nel 2027, giudicata «improbabile» e «difficile da raggiungere» per Moody’s e Fitch, sebbene le due agenzie non abbiano sanzionato la Francia mantenendo il rating invariato. Il bilancio del Paese fa aleggiare il rischio di un aumento delle tasse, sebbene il ministro dell’Economia Bruno Le Maire escluda a priori questa possibilità.

Intanto, Macron cerca di concretizzare gli impegni presi con i francesi in questi ultimi anni. Tra i dossier più delicati c’è quello della sicurezza. La scommessa principale è rappresentata dalle Olimpiadi di Parigi, che si apriranno il 26 luglio con una mastodontica cerimonia sulla Senna che toglie il sonno alle autorità e all’intelligence d’oltralpe per il rischio attentati. Ma nel campo securitario c’è anche la lotta al traffico di stupefacenti, portata avanti con una maxi-operazione ribattezzata «Piazza pulita XXL», che dopo essere stata annunciata in pompa magna ha smantellato a favore di telecamere le principali piazze di spaccio su tutto il territorio francese, arrivando a 3.814 fermi a metà aprile. Una dimostrazione di forza, molto criticata per la modalità mediatica con la quale è stata organizzata soprattutto dal Sindacato della magistratura, secondo il quale è necessario un «approccio globale» del problema senza «motivazioni elettoraliste».

Quelle che invece ha il presidente, preoccupato dal voto-sanzione a favore del campo lepenista. Macron chiede ai suoi di uscire dal torpore dei ministeri o del Parlamento per scendere in strada e fare campagna. Primo fra tutti il premier Gabriel Attal, da schierare in un dibattito televisivo contro Bardella, ormai talmente sicuro del suo successo da arrivare a disertare i confronti con i suoi avversari. Renaissance è costretta a rincorrere, andando a pescare nell’elettorato di destra dei Repubblicani, diventato in questi ultimi anni un prezioso serbatoio di voti, ma anche in quello della sinistra per contrastare l’ascesa di Glucksmann, un altro europeista. «Gli elettori che in passato hanno lasciato la sinistra socialdemocratica preferendo le posizioni più chiare di Macron sull’Europa oggi potrebbero scegliere Glucksmann», afferma Kahn, ricordando che il presidente con il tempo si è spostato più verso il centrodestra. Macron punta quindi a ricreare la stessa dinamica che lo ha visto vincitore alle ultime due presidenziali in Francia, scommettendo sulla sua figura in mancanza di un sostituto dotato dello stesso impatto (a dimostrazione del fatto che il suo partito appare sempre più un guscio vuoto).

Un’impresa complicata per uno scrutinio con poco appeal come quello del 9 giugno, la cui data è conosciuta solo dall’8 per cento dei francesi in base a un sondaggio pubblicato dall’Eurobarometro a metà dell’aprile scorso. La figura del capo dello Stato, poi, non è la stessa del 2017: la sua maggioranza in Parlamento è solo relativa e le ultime riforme come quelle delle pensioni e dell’immigrazione (quest’ultima passata con i voti di Le Pen) hanno intaccato la sua immagine. Lo sa bene Bardella, che antepone temi di interesse nazionale a quelli legati all’Ue, con l’obiettivo di trasformare le prossime elezioni in un referendum anti-Macron. Anche perché gli elettori transalpini sembrano essere più interessati ai problemi del quotidiano che ai grandi temi dibattuti a Bruxelles, almeno stando a un’inchiesta condotta da Ipsos: potere d’acquisto (49 per cento), immigrazione (34) e sistema sanitario (33) sono i tre argomenti che coinvolgono maggiormente i francesi.

L’astro nascente dell’estrema destra d’Oltralpe ha già annunciato che in caso di vittoria chiederà lo scioglimento dell’Assemblea nazionale, al quale seguirebbero nuove elezioni legislative. Un’eventualità che, vista la tendenza, potrebbe portare a un aumento dei lepenisti nella Camera bassa del Parlamento francese (dove al momento se ne contano 88), e un ulteriore affossamento dei macroniani. Lo scenario richiesto da Bardella è appoggiato dal 46 per cento dei francesi, come attesta un sondaggio condotto da Elabe per BfmTV. Per questo un’implicazione diretta dell’inquilino dell’Eliseo alle europee potrebbe sortire l’effetto contrario a quello sperato. Però Macron sembra non avere altra scelta.

© Riproduzione Riservata