I due Stati mediorientali hanno forti legami, e altrettanti dissidi, dal Marocco alla Tunisia, all’Algeria… E il Maghreb è un’area strategica in cui si sta muovendo l’Italia. Occorre cautela.
Che il conflitto israelo-iraniano abbracci un’area molto vasta è cosa nota. All’Italia e agli altri Paesi affacciati sul Mediterraneo non resta da augurarsi che all’Egitto e al Canale di Suez vengano risparmiate scosse destabilizzanti. Al confronto con il caos che ne scaturirebbe, infatti, le incursioni degli Houthi nel Mar Rosso sarebbero poca cosa. Di certo c’è che anche in Maghreb, cioè l’Africa settentrionale, vicinato prossimo dell’Italia, tira una gran brutta aria riguardo alla questioni mediorientali. Da quelle parti nel corso degli ultimi anni la torsione nazionalistica si è accentuata parecchio, e si è accompagnata al diffondersi della logica amico-nemico. A essere osservati con queste lenti drastiche non sono solo attori esterni come gli Stati Uniti o la Francia, ma anche influenti attori regionali come l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar.
A rivelarsi polarizzante e divisiva è soprattutto la discussione su Iran e Israele, che attraversa politica, società civile e cultura in tutto il Maghreb. C’è dell’altro: questa lettura viene proiettata anche sull’Europa. Noi europei siamo cioè «misurati» sulla base della vicinanza percepita rispetto all’uno o all’altro contendente. E il fenomeno si è ulteriormente amplificato dopo gli orrori perpetrati da Hamas lo scorso 8 ottobre 2023, e dopo le pesantissime risposte militari israeliane nella striscia di Gaza. Isabelle Werenfels, un’esperta di Africa e Medio Oriente in forze alla SWP, l’autorevole think tank tedesco, ha provato ad analizzare a fondo la situazione in un recente studio che si basa sull’analisi di social media e principali siti di informazione maghrebini.
Werenfels osserva che la discussione su Israele si è fatta più intensa in Africa settentrionale all’indomani del dicembre 2020. Vale a dire dall’accordo patrocinato da Donald Trump che per un verso riconosceva la sovranità marocchina sul Sahara occidentale, e per il verso opposto normalizzava le relazioni tra Marocco e Israele. Da allora la collaborazione tra i due Stati è considerevolmente aumentata. Discorso opposto vale per Algeria e Tunisia, che oggi come allora non intrattengono relazioni diplomatiche con Israele e non mostrano segno di voler cambiare atteggiamento. Anche l’Iran occupa uno spazio notevole nel dibattito maghrebino, specie in Tunisia e Algeria, e ciò benché in concreto la collaborazione con Teheran sia poca cosa. Rabat, invece, nel 2018 ha interrotto – ormai per la terza volta – le relazioni diplomatiche con l’Iran, senza riavviarle.
Il Marocco, infatti, accusa l’Iran di ingerirsi nelle proprie vicende nazionali, e di armare e sostenere il Fronte del Polisario. Monarchia assoluta araba con radici molto antiche, non è mai stata sottomessa dagli ottomani e nel secolo scorso è stato per un periodo relativamente breve (1912-1957) un protettorato francese. L’attuale re, Muhammad VI, ha promosso una fase di riconciliazione nazionale dopo i lunghi anni di pugno di ferro del padre, re Hassan. L’attuale sovrano ha avuto inoltre l’intuizione di sostenere «dall’alto» una serie di movimenti politici giovanili. Tale scelta ha contribuito a evitare che al Marocco toccasse la medesima sorte degli altri Paesi del Nord Africa, i cui governi sono stati travolti dalle Primavere arabe. Le relazioni di Rabat, dicevamo, sono complicate, e le autorità marocchine sono decise nel reprimere il proselitismo religioso di matrice sciita sponsorizzato dall’Iran. A esacerbare i rapporti con Teheran ha contribuito lo storico legame tra monarchia marocchina e i sauditi. Questi ultimi sono intervenuti a più riprese per sostenere il Marocco nella sanguinosa contesa relativa al Sahara Occidentale. È in questo contesto, poi, che va inquadrato il ruolo di Hezbollah al fianco del Fronte del Polisario con il sostegno attivo da parte dell’ambasciata iraniana in Algeria. Anche gli Stati Uniti sono intervenuti a più riprese per scongiurare la presenza di Hezbollah a ridosso di un’area strategica. Roma deve dunque prendere bene le misure per evitare, proprio mentre cerca profondità strategica nel «Mediterraneo allargato» (si legga, Piano Mattei), di essere investita dalle onde d’urto del conflitto israelo-iraniano che rimbalzano nel nostro vicinato. Dove vagano ormai molti, troppi droni iraniani.