In una Germania indebolita, il partito più «nero» – l’Afd – è anche quello più in ascesa, in particolare nell’est del Paese. In molti chiedono di metterlo fuorilegge, ma è difficile con una forza politica che ha punte del 30 per cento di consensi.
Nella Germania post-Merkel l’estrema destra guadagna campo. E mettere fuorilegge Alternative für Deutschland (AfD), il partito dell’ultradestra parlamentare che miete successi elezione dopo elezione, non è più un tabù. Secondo l’Istituto tedesco per i diritti umani (Dimr) oggi esistono le condizioni per chiedere alle autorità di bandire il partito sovranista accusato di aver raggiunto «un nuovo livello di pericolosità per l’ordine democratico». Un allarme avallato dal governo, che in un report presentato pochi giorni fa dal ministro degli Interni Nancy Faeser, rileva: i tedeschi che si considerano di estrema destra sono cresciuti del 14,5 per cento in un anno e quelli che si dichiarano disposti a commettere atti violenti sono aumentati del 4 per cento (14 mila persone). Fermare il pericolo nero, dunque. E il meccanismo per mettere fuori gioco Alternative für Deutschland esiste già.
La misura è prevista dall’articolo 21 della Legge fondamentale tedesca (la Costituzione) secondo cui «I partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti mirino ad attentare al libero e democratico ordinamento costituzionale o a sovvertirlo o a mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica Federale di Germania sono incostituzionali». A decidere è la Corte costituzionale federale di Karlsruhe.
I precedenti non mancano: nel 1952 i giudici bandirono il Partito socialista del Reich (Srp), formazione di orientamento nazionalsocialista, e stessa sorte toccò al Partito comunista di Germania (Kpd) nel 1956. I tempi però erano molto diversi: l’Srp faceva paura perché ricordava un passato recentissimo che si voleva cancellare, e il Kpd sembrava strizzare troppo l’occhio ai fratelli separati della Ddr, già fantoccio nelle mani dell’Unione sovietica. In anni più recenti, Karlsruhe ha più volte respinto la richiesta di governo e Parlamento di mettere al bando i neonazisti del minuscolo Npd perché non sarebbero un pericolo per la democrazia.
E oggi? Oggi, raccontano i sondaggi, AfD non è un partito minoritario ma raccoglie le simpatie del 19,5 per cento degli elettori (rilevazione Insa/YouGov del 12.06.2023) con punte del 30 per cento nei Länder orientali e valori più bassi in quelli occidentali. Di battaglia in battaglia (no all’accoglienza dei profughi tra il 2015 e il 2020, no ai vaccini negli anni della pandemia, no agli aiuti all’Ucraina in tempi più recenti), la formazione guidata da Tino Chrupalla e Alice Weidel è riuscita a mantenersi sempre attorno al 10 per cento dei voti.
Il recente crollo dei consensi dei Verdi, accusati da molti tedeschi di pensare troppo al clima e troppo poco alle tasche dei contribuenti, ha fatto il resto.
Con il risultato che AfD, forte all’est e pro-russa («È molto influenzata da Mosca» dicono i servizi segreti tedeschi) quanto i Grünen sono forti all’ovest e pro-Nato, vola, raggiungendo nelle rilevazioni il partito socialdemocratico (Spd) del cancelliere Olaf Scholz.
È parimenti vero che nel giro degli ultimi due anni, il partito non ha fatto altro che sbandare verso la destra estrema, dando spazio, per esempio, a Björn Höcke. Il leader del partito in Turingia è considerato l’anima nera di AfD, un partito, peraltro, la cui sezione giovanile è già stata dichiarata nemica della democrazia dai servizi di intelligence interna.
«Già nel 2017 AfD aveva cercato di espellere Höcke, accusandolo di essere un nazionalsocialista», spiega a Panorama Hendrik Cremer, il giurista che ha steso il rapporto per il Dimr, «mentre oggi è uno dei leader del partito».
Il pericolo rappresentato da AfD, aggiunge, «è legato al suo obiettivo principale: raggiungere l’unità tra il popolo e lo Stato, secondo linee nazionalistiche ed etniche. Ciò significa che AfD non riconosce tutti i cittadini tedeschi come tali. Inoltre, nega che essi siano portatori di diritti umani fondamentali». Al welfare, in altre parole, avrebbero diritto solo coloro che sono considerati tedeschi «veri».
Vietare AfD, dunque? «Noi non lo chiediamo» continua Cremer «ma vogliamo contribuire alla sensibilizzazione sul pericolo rappresentato da questo partito.
E raccomandiamo in particolare alle formazioni democratiche di prendere le distanze da AfD a livello federale, di Länder e a livello comunale».
In teoria la formazione sovranista è già isolata e negli uffici del Bundestag i rappresentanti degli altri partiti non prendono neppure l’ascensore con i colleghi di AfD. Tuttavia è sempre più difficile stendere un cordone attorno a un partito che raccoglie tanti voti: l’esercizio obbliga le altre formazioni a improbabili ammucchiate che lasciano gli elettori spesso confusi.
La questione, quindi, è politica: Konstantin Kuhle del Partito liberale (Fdp) ha definito la proposta del Dimr «poco seria» e «destinata ad aiutare la stessa AfD». Autocritica da parte del segretario generale della Spd, Kevin Kühnert secondo cui AfD è forte perché il governo, con la sua politica confusa sul cambiamento climatico, «si è fatto lo sgambetto da solo».
E se alcuni nella Cdu, il partito moderato di opposizione guidato da Friedrich Merz, sono allettati all’idea di mettere fuori gioco chi fa incetta di voto sul fianco destro, il governatore Cdu del nordico Schleswig-Holstein, Daniel Günther, riconosce che la stessa Cdu sbaglia: «Non riusciamo a essere notati con offerte chiare e convincenti per raccogliere le voci dei cittadini delusi». Gli dà ragione il politologo Christoph Butterwegge dell’Università di Colonia, secondo cui fintantoché la Cdu che fu di Angela Merkel continuerà a rincorrere AfD sui temi del no ai rifugiati non farà altro che legittimare le proposte del partito sovranista «e alla fine gli elettori sceglieranno non la copia ma l’originale».
A Panorama Butterwegge spiega invece che parte del successo di AfD è figlio della paura: «Quella irrazionale degli elettori dei Länder orientali che non vogliono stranieri ma che in effetti quasi non ne hanno. E curiosamente AfD è molto meno forte all’ovest dove la presenza di profughi e immigrati è molto più corposa». Ma al voto si va spesso con il portafogli in mano e il professore punta il dito contro una politica fiscale che favorisce i ceti più abbienti a discapito di quello medio. Traduzione: AfD non si disinnesca con un divieto stabilito dalla Corte costituzionale ma dando rassicurazioni a quei lavoratori spaventati prima dalla pandemia e poi messi alla prova dalla crisi energetica e dalla ripresa dell’inflazione. Butterwegge cita la storia: «I nazisti arrivarono al potere con la crisi economica mondiale del 1929-1932 mentre la recessione del 1966-67 aiutò l’Npd a entrare nei parlamenti di sette Länder tedeschi. E ora è la volta dell’AfD». A far paura, insomma, è la prospettiva di un benessere che si allontana dall’orizzonte.