Da una parte il leader Keir Starmer, dall’altra il sindaco di Londra, protagonista di una battaglia per l’estensione dei divieti antinquinamento. Oltre alle questioni ambientali, però, in gioco c’è il potere all’interno del partito in vista delle elezioni.
La vittoria non è mai sembrata così vicina. Con 17 punti di distacco sui conservatori in perenne crisi d’identità, ci si sente già un po’ premier. Con le sue maniere beneducate, la voce mai di un tono troppo alto, sir Keir Starmer, leader del partito laburista britannico, snocciola programmi, attacca il governo di Rishi Sunak, riallaccia i rapporti persino con il ripudiato artefice della «Cool Britannia», Tony Blair. Però non ama delegare, né venir contraddetto. Raccontano che la mattina dopo la storica vittoria nelle recenti elezioni suppletive di Shelby, mentre concedeva un’intervista ad una televisione locale, Sir Keir sia stato distratto da rumori di sottofondo causati dal ministro ombra per la Sanità, Wes Streeting e abbia mandato un suo spin doctor ad ordinare al malcapitato di «smettere immediatamente di ridere». Un dettaglio che però rivela lo stile dell’aspirante premier.
Un uomo solo al comando e poche storie, che di primedonne nel partito ne basta una. Questo ex pubblico ministero, figlio di un’infermiera e di un costruttore di utensili, non ama delegare né discutere con chi ha opinioni differenti. Soprattutto non ama perdere. Così ha innescato una crisi interna al partito quando, dopo la sconfitta nel collegio elettorale di Uxbridge e South Ruislip per 495 voti, ha addossato la responsabilità al suo collega Sadiq Khan, il sindaco di Londra. Colpevole, a suo dire, di aver esteso la zona a traffico limitato – la famigerata Ulez – Ultra low emission zone – ben oltre il centro cittadino, Uxbridge compresa. All’inizio il pagamento di 12,50 sterline era obbligatorio solo per il centro di Londra, ma dal 29 agosto l’area si estende anche a Buckinghamshire, Essex, Kent, Hertfordshire e Surrey. I veicoli interessati non dovrebbero essere più di 200 mila su 2 milioni e 300 mila, ma i critici sostengono che si tratti di stime troppo prudenti. È la strategia politica utilizzata anche in Italia dal sindaco del Pd di Milano Beppe Sala e da sempre, a dir poco, controversa.
Prima delle elezioni il candidato laburista locale Danny Beales, aveva chiesto che l’estensione della zona venisse almeno posticipata causa l’aumento del costo della vita: ma Khan non ne aveva voluto sapere. «La decisione ci ha messo in ginocchio» aveva commentato Beales, dopo aver perso la battaglia nel suo collegio «tu non puoi dire a chi lavora che ti impegni per ridurre il costo della vita e poi penalizzarlo quando usa l’auto per andare in fabbrica o in ufficio». Un livido Keir Starmer, il giorno dopo la sconfitta aveva commentato al National Policy Forum del Labour: «Il risultato ad Uxbridge dimostra che non c’è ragione per dormire sugli allori e ci ricorda che, nelle elezioni, le strategie contano. Stiamo facendo qualcosa di sbagliato se le politiche portate avanti dai laburisti finiscono sui programmi dei conservatori. Impariamo la lezione».
«Sapevamo tutti che vincere a Uxbridge era un’impresa quasi impossibile, neppure sotto Blair ce l’avevamo fatta» aveva replicato Khan piccato. Primo sindaco di origini pakistane della City, figlio di un autista d’autobus e di una sarta, è già al secondo mandato e non ha mai fatto segreto di non nutrire particolari simpatie per il leader del suo partito. Soprattutto non ha alcuna intenzione di prendere ordini da Starmer su questioni che, piaccia o non piaccia, sono di sua competenza. Le politiche ambientali hanno sempre costituito un tasto dolente per i laburisti, specialmente in vista delle prossime elezioni. «Ho sempre saputo che allargare la zona a traffico limitato sarebbe stata una decisione complicata, ma è necessaria per salvare le vite dei londinesi più giovani e più vulnerabili, migliorando la qualità dell’aria» ha commentato, replicando alle accuse mosse dal numero uno dei laburisti e dai suoi alleati.
Attualmente più di 500 mila cittadini della capitale soffrono di patologie asmatiche collegate all’inquinamento ambientale. Khan ha poi proseguito nelle sue crociate e nei giorni seguenti ha deciso di rendere gratuito il pranzo per tutti gli alunni delle scuole elementari pubbliche della capitale. Un passo di cui non aveva discusso con Starmer e che ha fatto andare su tutte le furie il leader. Nell’annunciarla infatti, il sindaco Khan ha invitato il capo del partito ad ampliare l’intervento all’intero Paese, in caso di vittoria elettorale, ma l’invito è stato prontamente rispedito al mittente da uno Starmer inferocito. «Una simile decisione costerebbe ai contribuenti un miliardo di sterline in più all’anno» ha fatto sapere via portavoce «questo non rientra nei piani del Labour neppure in futuro». «Io ho deciso di procedere in questa direzione dopo anni di immobilismo da parte del governo» ha ribattuto Khan.
Ma la guerra tra Keir e Sadiq si consuma anche su un altro fronte caldo, quello della Brexit. Il sindaco della City è sempre stato uno strenuo europeista e non ha mai digerito le posizioni opache prese dal suo partito sulla questione. Già l’ex guida dei laburisti Jeremy Corbyn non aveva mai voluto dichiararsi nettamente contrario al divorzio dall’Europa e Starmer, che ha votato per rimanere, ha affermato più volte che, una volta premier, non intende azzerare il risultato del referendum, ma soltanto far funzionare meglio l’accordo. Ma in un articolo sul New York Times un piccato sindaco della City si è detto frustrato dal fatto che così tanti politici inglesi stiano ignorando gli effetti negativi della Brexit. «Esiste una tale omertà su questo argomento» ha scritto, «Brexit è come l’elefante nella stanza, nessuno ne vuole parlare».
Il riferimento anche a Starmer è chiaro, dato che Khan resta uno dei pochissimi membri del Labour disponibili a discutere dei danni arrecati al suo Paese dall’uscita dall’Unione e a chiedere di poter rientrare in Europa, mentre Starmer preferisce osservare un cauto silenzio nel tentativo di guadagnare voti conservatori. Il commento apparso nello stesso articolo sui lati positivi del suo ruolo istituzionale è un ultimo guanto di sfida lanciato al suo leader. «Essere sindaci significa essere liberi di dire ciò che si pensa» ha attaccato Khan. «Questo lavoro ti permette di essere te stesso». Una libertà che urta sicuramente a Starmer e lo fa sentire in pericolo, proprio perché vede nella «devolution» un rischio d’instabilità anziché un’opportunità di ricchezza. Le voci contrastanti dei sindaci come quello di Londra o di Manchester minano la sua autorevolezza. «Noi facciamo meglio il nostro lavoro quando privilegiamo il luogo che governiamo anziché il partito» ha detto di recente il sindaco di Manchester, Andy Burnham, che ha rivelato di parlare di rado con Starmer. A differenza di lui i primi cittadini vengono eletti direttamente dalla gente e sentono di avere il diritto di dire quello che pensano grazie al mandato elettorale. E se Starmer vuole vincere alle prossime elezioni dovrà concedere loro lo spazio che chiedono e farci pace, costi quel che costi.