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L’eroe di Lula quando era giovane? Hitler

L’eroe di Lula quando era giovane? Hitler

In una vecchia intervista il leader brasiliano elogiava il dittatore tedesco. Oggi, dopo l’attacco di Hamas, la posizione antisemita del suo governo riemerge con forza. Non a caso nel Paese sudamericano si «alleano» terroristi islamici e criminalità organizzata.


«Cè qualche personaggio famoso che lo ha ispirato, qualcuno di oggi o del passato?». Il presidente brasiliano Lula risponde senza remore Mao Tsé-Tung, artefice di avere ucciso qualcosa come 65 milioni di esseri umani nei suoi tentativi, ripetuti e spietati, di creare la «nuova Cina socialista». Poi ci aggiunge l’ayatollah Khomeini e, dulcis in fundo, «Hitler, che aveva quello che io ammiro in un uomo: il fuoco (sic, visti i forni crematori dei lager, ndr) per iniziare a fare qualcosa e cercare di farlo. Ammiro il suo stato d’animo, la sua forza, la sua costanza».Per poi aggiungere, essendosi accorto di avere detto qualcosa di grave vista la reazione dell’intervistatore, «che questo è diverso dall’ammirare le sue idee, la sua ideologia». Di fronte a un’esplosione senza precedenti di antisemitismo in Brasile, è stata resuscitata questa intervista di Lula del luglio 1979 concessa a Playboy, ignorata da tutti i media italiani, ma che Panorama ha recuperato per spiegare meglio il «Lula pensiero». Per la cronaca, nello stesso periodo il leader sindacale veniva glorificato dalla rivista statunitense Newsweek, che lo lanciava sullo scenario internazionale paragonandolo a Pelé.

Probabilmente l’intervista sarebbe rimasta nel dimenticatoio se nei giorni scorsi il partito Partito dei Lavoratori (PT) non avesse espresso concetti che Hitler avrebbe senz’altro gradito. Dopo il massacro del 7 ottobre scorso, il PT di Lula ha infatti attaccato Israele e i suoi rappresentanti diplomatici in Brasile, arrivando a dire che «non ha alcuna morale per poter parlare di diritti umani». Poi la segretaria nazionale della Pianificazione e delle finanze, la tesoriera del partito Gleide Andrade, ha definito Israele una nazione «assassina» e «una vergogna per l’umanità» aggiungendo che «non merita di essere uno Stato». Non bastasse il ministro del Secom, la Segreteria della comunicazione sociale del governo Lula, Paulo Pimenta, ha paragonato Hamas a Nelson Mandela. Dulcis in fundo, nella prefazione di un libro pubblicato lo scorso marzo in Brasile, il consigliere speciale di Lula per la politica estera, Celso Amorim, ha scritto che «il gruppo Hamas ha un ruolo centrale nel ripristino dei diritti dei palestinesi, e ciò è incoraggiante».

Dal canto suo Lula non fa distinzioni tra Hamas e Israele e per rendersene conto basti dire che a fine ottobre ha affermato in diretta tv «c’è il presidente di questo o quel Paese che è amico di Hamas. Io lo chiamo e il “ragazzo” dice ad Hamas: “Liberate gli ostaggi, caz..!”. Ma dirò anche al governo israeliano: “Liberate i prigionieri, liberate i rapiti!”». Chiaramente il presidente amico di Hamas a cui si riferisce Lula è l’iraniano Ebrahim Raisi e i prigionieri di Israele citati sono i terroristi di Hamas in carcere a Tel Aviv per aver ucciso esseri umani innocenti. Tutto questo antisemitismo sarebbe meno grave se la mente degli attacchi alle Torri Gemelle Khalid Shaikh Mohammed e lo stesso Osama bin Laden non fossero arrivati in Brasile, alla Triple Frontera con Argentina e Paraguay, prima dell’11 settembre; e se l’Iran e il suo «proxy» delegato al terrore Hezbollah non avessero usato il Paese del samba per preparare i due attentati di Buenos Aires nel 1992 contro l’ambasciata israeliana e nel 1994 contro la Mutua associazione israelita-argentina, l’Amia.

Nel corso degli anni, il Brasile ha attirato terroristi di vari Paesi e gruppi, da Al Qaeda all’Isis, e queste reti si aggiungono a uno scenario in cui le sacche di neonazismo sono diventate più pronunciate negli ultimi anni. Tuttavia, dopo l’attacco del 7 ottobre di Hamas contro Israele, non considerata un’organizzazione terroristica dal Brasile al pari di Hezbollah ma considerate entrambe «gruppi politici», sui social network nazionali è esplosa un’ondata di antisemitismo senza precedenti, dove si inneggia a Hitler come «un visionario» e un «eroe». Oltre a essere di per sé esecrabile, il fenomeno – a detta degli analisti – rischia di diventare un terreno pericoloso che può innescare azioni terroristiche. Il fatto che anche un professore universitario abbia ritwittato un post in cui elogiava la distruzione dello Stato di Israele, concludendo con «Allah Akbar», ha suscitato scalpore in Brasile. Il docente era stato membro della squadra di transizione del governo Lula presso il ministero dei Diritti umani e, paradossalmente, è stato uno degli autori di un rapporto contro l’incitamento all’odio e all’estremismo in Brasile.

Ad alimentare il terrorismo, anche quello dei cosiddetti «lupi solitari», è poi la doppia narrativa delle autorità palestinesi. Mentre Abu Mazen ha detto al mondo che Hamas non rappresenta il popolo palestinese, le dichiarazioni in Brasile hanno tutt’altro tono. Abdel Abu Hwas, membro del Consiglio nazionale palestinese dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, l’Olp, che vive da anni nel Paese sudamericano, ha dichiarato nel programma Dietro le quinte del potere di Radio Bandeirantes Porto Alegre, che «ciò che Hamas sta facendo ha la piena approvazione del popolo palestinese, è un’organizzazione che lotta per liberare la sua patria in legittima difesa». Una follia. A inizio ottobre, del resto, il comandante del Comando Sud, il generale Laura Richardson, aveva allertato sul rischio terrorismo in America Latina, citando proprio l’Iran, Hamas ed Hezbollah. La polizia brasiliana sa bene che i rapporti tra questi «gruppi politici» e la criminalità organizzata brasiliana possono amplificare la forza d’azione del gruppo estremista in tutto il continente americano.

Alcuni terroristi coinvolti negli attacchi in Argentina svolgono infatti attività commerciali proprio in Brasile. Farouk Abdul Hay Omairi, sanzionato dal Dipartimento del Tesoro statunitense e inserito nel giugno scorso dalle autorità argentine nell’elenco inviato all’Interpol della rete che ha organizzato l’attentato dell’Amia, vive in Brasile. Dopo essere stato arrestato per traffico di droga, Omairi è libero e risiede a Foz do Iguaçu. Alla fine di giugno Garip Uç, alias «il chimico del PCC», il Primo Comando della Capitale – il principale gruppo criminale del Brasile – è stato fermato a San Paolo. Suo fratello Eray, tuttora latitante, faceva parte della potente rete del narcotrafficante, Ali Issa Chamas, che ha la cittadinanza del Paraguay ed è legato a Hezbollah. Ad aprile, infine, il libanese Mohamad Hassan Atris, uno dei leader del PCC alias «Hezbollah», è stato arrestato, sempre a San Paolo.

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