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Pensione Santa Marta

Pensione Santa Marta

Con l’allungarsi della vita media, anche per i sommi pontefici si pone il problema di un «ritiro» per raggiunti limiti di età, come ha insegnato la vicenda di Joseph Ratzinger. Francesco però non si fa trovare impreparato. A fine mese, creerà nuovi cardinali. E semmai dovesse fare una scelta clamorosa, non si limiterebbe a starsene appartato nel convitto che ha scelto come residenza…


Ha appena resuscitato il buen vivir per baciare la mano di una nativa americana, là in quel Canada dove si compì una conversione forzata delle popolazioni al cattolicesimo attraverso l’espropriazione dei bambini. Un sostenibile e giusto «vivere» è dunque quello che si augura Jorge Mario Bergoglio; ma bisognerà cominciare a pensare anche al buen retiro, magari alla «pensione» Santa Marta dove Francesco ha scelto di alloggiare da quando è pontefice, escludendo un suo ritorno in Argentina in vita. Perché, riconosciamolo, l’idea del papa che si ritira per raggiunti limiti di età è sempre più presente. Il problema è come gestire una serie di pontefici «emeriti», cambiando la storia della Chiesa.

Francesco che si muove in sedia a rotelle, ed è un segno, inaugurò questa sua tensione a far pace con il passato nel sinodo per l’Amazzonia, era l’ottobre del 2017. Una pace, in verità, non con tutta la storia e tanto meno con la cronaca: il caso di Emanuela Orlandi, quello degli abusi del presbitero messicano Marcial Maciel Degollado fondatore dei Legionari di Cristo, ma nel prossimo concistoro nominerà cardinale Fernando Vérgez Alzaga, già governatore del Vaticano, uno dei più influenti «legionari» che ha il merito di sapere molto sull’Argentina. Comunque, in quella terra sudamericana, per esaltare «l’innocenza nativa» del buon selvaggio, elevò sull’altare Pachamama la dea pangea degli indios. E per Francesco il concetto di popolo coincide con il «mito» peronista. Dalla prassi del politico argentino ha mutuato il suo stile di governo: affermare un problema per imporre già la soluzione, convinto che ciò che è bene per lui è bene per il popolo.

Lo sta facendo anche su un tema che la Chiesa vorrebbe affrontare nella riservatezza delle sacrestie e che invece Francesco ha messo sotto i riflettori per evitare che la soluzione gli fosse contraria. Per rafforzarlo ha indetto anche un concistoro straordinario per il 29 e 30 agosto che è una sorta di «pre-conclave». Francesco vuole fare la conta di chi sta con lui per prefigurare un successore a sua immagine e somiglianza. Soprattutto se questo nuovo papa entrasse «in servizio» con lui ancora in vita. Con le ultime «berrette» assegnate alla fine di questo mese gli equilibri geopolitici del collegio degli elettori papali si sposterà sempre più verso il Sud del mondo.

Che il pontefice voglia degradare la Chiesa d’Europa squassata da litigi continui – il più clamoroso è il caso dei vescovi tedeschi sull’orlo dello scisma guidati dal potentissimo cardinale Rehinard Marx che sta però entrando nel cono d’ombra bergogliano – è un fatto. Proprio dal Vecchio continente sale però l’interrogativo: ha ancora senso che il Papa sia «a vita»? Risuonano le parole di Joseph Ratzinger: «Conscientia mea iterum atque iterum coram Deo explorata ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate non iam aptas esse ad munus Petrinum aeque administrandum». Era il 10 febbraio del 2013 e Benedetto XVI aveva indetto un concistoro per la canonizzazione dei Martiri d’Otranto. Spiegò Ratzinger – la rinunzia divenne effettiva alle 20 del 28 febbraio successivo – che aveva chiara la cognizione che le sue forze, a causa dell’avanzare dell’età, non erano più adatte a sostenere il ministero di Pietro.

Sono passati nove anni e Ratzinger è diventato nel frattempo il papa più longevo della Storia, oltre 95 anni, superando il decano papa Leone XIII. Benedetto XVI ancora alberga nel monastero Mater Ecclesiae all’interno delle Mura leonine vestito di bianco e di lui si dice che sia il Papa emerito, status inesistente dal punto di vista canonico. Peraltro Benedetto XVI non ha scelto a caso la locuzione «ingravescentem aetatem»; perché Paolo VI, interpretando il Concilio Vaticano II, si è pronunciato «motu proprio» con quel titolo il 21 novembre del 1970 per stabilire a 75 anni l’età pensionabile dei cardinali che devono rimettere il mandato nelle mani del pontefice. Insomma, Pensione Santa Marta è già nelle cose della Chiesa: si vive più a lungo, ma si ha abbastanza forza per essere papa? Una contraddizione non sciolta da Montini: a 75 anni le porpore vanno in pensione, ma poi votano fino a 80 anni e possono ascendere al soglio di Pietro anche oltre quell’età. Dunque è tempo di pensarci su? Francesco di sicuro lo sta facendo, ma appunto a sua immagine e somiglianza.

Le illazioni sulla sua possibile rinuncia – da papa non ci si può dimettere e questo è un altro impedimento – le ha alimentate lui stesso. Di ritorno dall’Armenia, a fine giugno scorso, aveva detto: «Ringrazio Ratzinger per aver aperto la porta ai papi emeriti, in futuro potranno essercene due o chissà anche tre». Per la verità non era quasi mai accaduto; prima di Benedetto XVI avevano lasciato Celestino V, forse Gregorio VI e Gregorio XII, ma si era nel Quattrocento.

A vederlo però in carrozzina e dopo le operazioni subite, Francesco ha fatto tornare di attualità il possibile pensionamento. Ma se alcuni anni fa al suo biografo Nelson Castro aveva detto «morirò papa e si vedrà se in carica o emerito», di recente in un’intervista a Valentina Alazraki del network messicano Televisiva è stato chiarissimo: «In caso di rinuncia non sarei il papa emerito, ma vescovo emerito di Roma e sceglierei di vivere nella chiesa metropolitana: San Giovanni in Laterano». È una frecciata a Ratzinger del quale Francesco ha sempre mal sopportato la compresenza in Vaticano, ma soprattutto è una straordinaria indicazione che intende regolare la faccenda e come vuole farlo. Il riferimento al «vescovo di Roma» è tutt’altro che casuale. Mentre non esiste nel canone la figura del papa emerito che pure Ratzinger ha difeso (e in qualche misura imposto) con grande energia teologica, esiste quella del vescovo emerito. Con una particolarità: quando assume questo stato cessa di governare la diocesi, ma non di essere vescovo in quanto ha ricevuto l’ordinazione.

Il pontefice no, non è una sorta di «quarto grado» dell’ordine sacro e non ha alcuna prerogativa indelebile. Il vescovo di Roma sì e, per quanto emerito, resta diretto discendente di Pietro su cui si fonda il primato papale. Si ricorderà che Bergoglio ha posto in second’ordine il suo essere «vicario di Cristo» ma ha sempre rivendicato il suo essere «vescovo di Roma». E questa è la linea che potrebbe seguire nel documento «motu proprio» che molti danno per imminente per regolamentare finalmente la rinuncia del papa in vita. Addirittura si dice che voglia porre come età pensionabile del pontefice gli 85 anni, che lui ha compiuto in dicembre.

Potremmo così avere un papa emerito e un vescovo emerito di Roma, ma un po’ più papa del primo. L’interrogativo potrebbe essere sciolto sin dalla fine di agosto. Con questo concistoro inusuale dove saranno presenti tutti i 121 elettori Francesco disegnerà ancora di più la sua Chiesa. Forse preparando la sua successione. Gli italiani tra gli elettori restano la maggioranza relativa (21, e tra questi il nuovo presidente della Conferenza episcopale italiana e cardinale di Bologna Matteo Maria Zuppi, che molti indicano come papa possibile dopo Bergoglio, a maggior ragione se si votasse con Francesco in vita) e c’è il caso clamoroso di Giovanni Angelo Becciu. Il quale anche se «decardinalizzato» per i ben noti affari immobiliari di Londra, in teoria ha titolo per entrare nel concistoro ma non nel conclave nonostante sia giovane. Gli europei comunque sono un gruppo sparuto: appena altri 33 con il resto del mondo che può eleggere il successore di Pietro senza bisogno di compromessi. Del resto Bergoglio crea i cardinali senza consultare nessuno, li sceglie dalle periferie del mondo. Non solo li nomina, ma li domina e li dominerà. Anche dalla pensione Santa Marta.

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