Laura Kovesi è alta poco più di un metro e 80 e a 16 anni è entrata nella nazionale giovanile di basket della Romania. Nel 2013 è stata nominata capo della Direzione anticorruzione di Bucarest. Si è data da fare, stando alle cronache dei giornali, tanto da essere rimossa dal governo. Così, uscita dalla porta dell’anticorruzione è però rientrata nel 2019 dalla finestra costruita dall’Unione europea. Il superprocuratore è infatti dal 2019 a capo di Eppo. La sigla sta per European public prosecutor’s office. In pratica la Procura europea che si occupa delle frodi e di tutto ciò che può arrecare danni all’Erario comunitario. Il governo di Bucarest ha votato contro la sua nomina, ma non avendo potere di veto a «schiacciarea canestro» è stata un’altra volta la Kovesi. Presentato il primo vero report delle attività di Eppo, il procuratore capo ha spiegato che: «A un anno e mezzo dall’inizio delle attività abbiamo dimostrato che l’Eppo ha una capacità senza precedenti di identificare e tracciare flussi finanziari volatili e accordi legali opachi. Abbiamo dimostrato che la velocità, l’efficienza e i vantaggi informativi delle indagini condotte dall’Eppo rendono difficile la concorrenza dei tradizionali metodi di coordinamento transfrontaliero». I numeri raccontano di 1.117 indagini riguardanti asset finanziari o movimenti conto per circa 14 miliardi di euro.
Alla fine dello scorso anno i milioni congelati sui conti correnti sono stati 359, all’incirca sette volte il budget che l’Ue spende per tenere in piedi la macchina della procura federale. Fino a ora, e lo ha ammesso la stessa Kovesi, la metà del giro d’affari finito sotto inchiesta riguarda truffe sull’Iva. Spesso micro attività che nel complesso drenano risorse. Ma non garantiscono i riflettori dei media o eco televisiva.
Facciamo due esempi. Primo esempio. Quando due settimane fa l’eurodeputato leghista di Brescia, Stefania Zambelli, è stata accusata di frode per aver utilizzato quattro sui collaboratori per attività non connesse al suo ufficio, si è vista bussare alla porta dalla Guardia di finanza coordinata dai pm italiani che lavorano per Eppo. Secondo esempio. L’inchiesta sul «Qatargate» che è finita su tutti i giornali dipende dalla procura belga. A consegnare il mandato d’arresto ad Antonio Panzeri sono stati infatti poliziotti locali, i quali per arrivare alla moglie e alla figlia hanno chiesto l’estradizione. Perché? Le accuse non riguardano alcun danno erariale Ue. Inutile spiegare che gli effetti politici hanno fatto da amplificatore. Le cose però stanno cambiando perché la vera sfida di Eppo da ora riguarda il Pnrr e tutte le applicazioni e i ricaschi nazionali del Recovery fund, un monte di impegni e di debiti che vale oltre 750 miliardi a livello Ue e 191 per la sola Italia. Da un lato, oltre alla visibilità non è difficile comprendere il potere che acquisirà la procura federale.
Eppo per come è costruita sovrasta i governi nazionali. Un segno di chiara indipendenza, ma anche la possibilità di intervenire a gamba tesa nelle logiche dalla politica italiana. La buona notizia è però che la Procura si avvarrà in Italia della Guardia di finanza e quindi avremo garanzia di terzietà e supervisione doppia. Per via delle funzioni di tutela delle risorse di matrice europea, la Gdf è stata espressamente inserita nel sistema antifrode nazionale relativo al Pnrr. Il Parlamento nel definire la struttura di governance del Piano ha infatti previsto la possibilità per le Amministrazioni centrali titolari degli interventi di stipulare specifiche intese con le Fiamme gialle.
A dicembre del 2021, è stato stipulato il protocollo di intesa con la Ragioneria generale dello Stato, che definisce le linee di collaborazione per il contrasto agli illeciti. Dentro lo schema di collaborazione ci sono spunti innovativi e totalmente nuovi per la storia della Repubblica. Il riferimento è alla costituzione di una «rete dei referenti antifrode del Pnrr» – composta da responsabili delle Amministrazioni centrali titolari di interventi di spesa e alla quale partecipano rappresentanti della Guardia di finanza – cui è affidato il compito di sviluppare analisi e valutazioni, nonché il monitoraggio e la gestione dei rischi di truffe. L’obiettivo è cogliere elementi utili per migliorare l’elaborazione dei bandi di gara e di orientare l’azione di contrasto agli illeciti nel settore.
«In questa prospettiva» fanno sapere dalla Guardia di finanza «le attività mirano, da un lato, a individuare i settori maggiormente esposti a rischio, dall’altro, a concordare modalità di attuazione delle attività di controllo». Per concretizzare la rete antifrode, è stato dato impulso a un sistema che consente alle unità operative sul territorio di comunicare con celerità al Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie le azioni e modalità di reato rilevate. Ne consegue, e le numerose inchieste svolte nel 2022 lo dimostrano chiaramente, che i reparti del Corpo seguono le direttive di Eppo ed eseguono sulla Penisola attività contro i reati che vanno dal peculato alla truffa, passando per un lungo elenco di reati tributari e doganali. Ma è vero anche il contrario.
La Guarda di finanza è pure proiettata all’estero. Nel 2021 è scattata l’operazione Sentinel coordinata da Europol con l’idea di monitorare costantemente le attività di Next Generation Eu. «La Gdf» si legge in una nota «in rappresentanza dell’Italia ha aderito condividendo con gli altri partecipanti notizie e informazioni concernenti gli schemi di frode e i percorsi operativi adottati nel corso delle attività svolte a contrasto delle frodi al bilancio unionale, nonché gli applicativi informatici utilizzati dal Corpo, anche per la selezione dei target e l’orientamento dell’azione investigativa». Insomma, sta nascendo un nuovo modo di controllare il denaro pubblico. Una nuova era per i pm e per gli inquirenti nazionali proiettati dalla vecchia Mani Pulite alle inchieste del Terzo millennio.
L’EUROPEA «EPPO»: STRUTTURA, compiti, FUNZIONAMENTO
Come è organizzato l’European public prosecutor’s office.
La Procura europea (Eppo) è articolata in un livello centrale e uno decentrato. Essa, tuttavia, non è organizzata su una struttura di tipo gerarchico. A livello centrale operano:
1) il Procuratore capo europeo (Pce), nominato, di comune accordo, dal Parlamento europeo e dal Consiglio, per un mandato non rinnovabile di sette anni;
2) il Collegio, composto dal Procuratore capo europeo che lo presiede, e dai Procuratori europei, con compiti di supervisione dell’attività dell’Eppo e definizione di questioni strategiche, nell’ottica di garantire coerenza e uniformità nell’applicazione della politica in tema di azione penale da parte dell’Eppo negli Stati membri;
3) le 15 Camere permanenti, presiedute dal Procuratore capo europeo o da uno dei suoi sostituti e da due membri permanenti. Rappresentano l’organo referente dei Procuratori europei delegati (Ped) e si occupano di monitorare e indirizzare le indagini e le azioni penali portate avanti da questi ultimi, nonché di garantire il coordinamento delle indagini e delle azioni penali nei casi transfrontalieri;
4) i Procuratori europei (Pe), uno per Stato membro partecipante, i quali si occupano di supervisionare le indagini e le azioni penali di cui sono responsabili i Ped incaricati del caso nel rispettivo Stato membro di origine. I Pe presentano sintesi dei casi soggetti alla loro supervisione e, se del caso, «proposte di decisioni» sulla base di «progetti» elaborati dai Procuratori europei delegati.