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La soluzione al superbonus c’era. Così la sinistra l’ha sotterrata

La soluzione al superbonus c’era. Così la sinistra l’ha sotterrata

Già due anni e mezzo fa la Lega aveva proposto un metodo per risolvere il problema dei «crediti incagliati» aperto dal 110%. Peccato che l’asse Pd-M5s l’abbia fatto morire in Parlamento. Ecco il testo, già ripresentato.


Il politico più amato da economisti e competenti, il renziano Luigi Marattin, ha spiegato per filo e per segno come questo governo dovrebbe intervenire per tamponare il caos superbonus. Rilasciando interviste ha spiegato nei dettagli come si sia formato il golem della bolla finanziaria legata alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura per la gran parte dei bonus edilizi voluti o cucinati dal governo Conte. Marattin su questo tema è il politico più informato, in effetti. Quando si è consumato il misfatto, che ha consentito tra l’altro a Giuseppe Conte di fare una campagna elettorale da gigante, il deputato di Italia viva era presidente della commissione Finanze. Chi meglio di lui avrebbe potuto lanciare allarmi e sparare razzi segnalatori. Non è proprio stato così. Critico lo è stato, ma rimanendo, come si suol dire in gergo militare, «coperto e allineato». Stesso discorso quando è arrivato a Palazzo Chigi Mario Draghi.

L’ex numero uno della Bce ha mostrato tutta la sua antipatia per le iper agevolazioni grilline sulla casa, senza mai tuttavia brandire il machete, usando un termine che oggi va di moda. Evidentemente sia Marattin che Draghi erano consapevoli che uccidendo la manovra grillina si sarebbero tirati dietro le ire del Movimento e avrebbero pure messo in crisi il sostegno del Pd. E quindi avrebbero fatto vacillare la maggioranza. Essere consapevoli dei rischi per il nostro bilancio e tacere per fini politici e solo un po’ meno grave dell’essere la causa dei medesimi problemi. Ecco perché Marattin adesso è pronto a suggerire al governo Meloni una soluzione per tamponare le reali conseguenze dovute allo stop brusco alla cessione dei crediti imposto nel corso dell’ultimo Consiglio dei ministri. In sostanza, Marattin suggerisce di incrociare i crediti tramite gli F24, renderli utilizzabili dalle banche e di fatto aprire ai privati le compensazioni tra F24. Praticamente la soluzione che è stata comunicata ieri sera dopo l’incontro tra governo, associazioni di categoria, banche, Cdp e Sace. «Il governo ha mostrato apertura alla possibilità di compensare i crediti fiscali delle imprese utilizzando, in parte, i debiti fiscali delle imprese attraverso il modello F24, secondo la proposta avanzata dall’Ance e dall’Abi», riferisce una Radiocor al termine della riunione, specificando che se «tale misura dovesse essere insufficiente, il governo non esclude di aprire tale possibilità anche ai correntisti. Esclusa invece la proposta di mettere in campo Cassa depositi e prestiti per assorbire i crediti incagliati». A questo punto si aprirà un tavolo e capiremo meglio i dettagli. Vedremo se Marattin si prenderà il merito della dritta, se lo facesse dovrebbe però ricordare agli italiani che questa soluzione era sul tavolo a partire dal 16 luglio 2020, quando una serie di esponenti della Lega (primo firmatario Alberto Gusmeroli, a seguire Giulio Centemero e Massimo Bitonci) depositano all’Aula una proposta di legge che mira a suggerire al governo giallorosso una soluzione per evitare di cadere nella trappola della bolla finanziaria legata principalmente al superbonus 110%. L’obiettivo della pdl è quello di permettere anche ai privati di incrociare i crediti edilizi tramite gli F 24 e consentire di «girare» i valori un po’ come si faceva con le cambiali. Ovviamente, la proposta avrebbe previsto un limite temporale e di tipologia di crediti, in modo da evitare la critica di Eurostat nei confronti dell’effetto «moneta fiscale». L’uso dei crediti tramite F24 sarebbe infatti da limitare all’eccezionalità degli effetti del Covid e del lockdown e a una annualità fiscale. Tradotto: si può fare solo con un preciso stock di crediti e certo non in continuazione. Non a caso lo scorso ottobre la stessa proposta di legge (stavolta anche a firma Alberto Bagnai) è stata di nuovo presentata all’Aula e si è riproposta di andare incontro alle aziende in crisi di liquidità. Certo, non basta incrociare gli F 24 per uscire dal buco che sembra essersi creato. Aver concesso la possibilità di cedere percentuali così elevate di crediti ha di fatto creato una situazione di sofferenza per lo Stato. Un interessante report dell’ordine dei commercialisti ha spiegato che nel solo 2021 a fronte di un esborso di 24 miliardi di euro da parte dello Stato, l’introito per maggiori imposte è stato di circa la metà. Facile immaginare l’effetto a catena. Le norme grilline sono del 2020, ma i lavori hanno cominciato ad andare a regime nel 2021 e l’effetto vero si è misurato solo nel 2022. A quel punto – visto l’intervento di Eurostat pronto a classificare il deficit – il governo ha deciso lo stop improvviso.

È importante adesso sistemare i crediti delle imprese, quelli della famiglie e trovare un accordo con le banche. Il tema degli intermediari finanziari è sicuramente meno urgente e c’è da scommettere che più di uno salterà per aria. D’altronde le società specializzate per girare i crediti e farci sopra margini sono sorte come funghi. Resta, infine, da porsi la questione del che fare nel medio termine. Affrontata la bolla non sarebbe nemmeno corretto buttare via il bambino con l’acqua sporca. Le agevolazioni con criterio hanno sempre portato benefici al Pil. D’altronde immaginare la cessione di un credito d’imposta o uno sconto in fattura sulla metà delle agevolazioni significherebbe comunque mantenere il piede sul pedale dell’acceleratore. Forse si troverà una soluzione. Ciò che rammarica è che Pd, grillini, terzopolisti avevano già sotto gli occhi una soluzione (fosse anche tampone) a partire dal luglio del 2020, ma hanno pensato bene di affossarla o semplicemente ignorarla.

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