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«Trump sconfitto? A volte i sondaggisti sbagliano»

«Trump sconfitto? A volte i sondaggisti sbagliano»

Nel mare magnum di sondaggisti e analisti che danno Donald Trump completamente spacciato il prossimo 3 novembre, c’è (ancora) qualcuno che va controcorrente. È il caso di Helmut Norpoth: docente presso la Stony Brook University, ha elaborato un modello predittivo, secondo cui l’attuale presidente sarà quasi certamente rieletto.


Nel 2016 è stato tra i pochi a prevedere la vittoria di Trump, mentre – lo scorso luglio – ha “sconvolto” il pubblico statunitense preconizzandone la riconferma. Panorama.it ha quindi deciso di intervistarlo a pochi giorni dal voto, per capire se – nonostante i sondaggi inclementi – continui a ritenere plausibile una vittoria del presidente.

Professor Norpoth, lei ritiene che il presidente Trump possa farcela a vincere queste elezioni?

«Credo che Trump abbia il 91% delle probabilità di vincere».

Eppure la maggior parte dei sondaggi prevede una vittoria di Joe Biden. Su quali basi lei sostiene il contrario?

«La mia previsione non è basata sui sondaggi. La mia previsione è basata su quello che alcune persone chiamano i “fondamenti”. Nel mio caso, si tratta del risultato delle elezioni primarie. In particolare, le primarie che si sono tenute in New Hampshire e in South Carolina. Donald Trump ha vinto le primarie in New Hampshire con l’86% dei voti. Joe Biden non ha preso neppure il 10% in New Hampshire. Ha fatto meglio in South Carolina, ma la combinazione di South Carolina e New Hampshire vede l’ex vicepresidente più o meno a quota 50%. Risalendo al 1912, quando si fa il raffronto su come i candidati delle presidenziali di novembre hanno performato durante le primarie, si scopre che in venticinque elezioni su ventisette il mio modello funziona nel predire il vincitore delle elezioni».

In questi giorni stiamo vedendo enormi numeri per quanto riguarda il voto anticipato. Che cosa significa, secondo lei?

«Persone che normalmente votano il giorno delle elezioni hanno fatto ricorso al voto anticipato perché hanno paura di contrarre il virus. E’ vero che chi ha scelto adesso il voto anticipato sono maggiormente democratici, quindi chi preferisce Biden a Trump. L’aspettativa è che, il giorno delle elezioni, voteranno in maggioranza i sostenitori di Trump».

Quali sono i principali punti di forza di Trump in questa campagna elettorale?

«Il punto di forza principale risiede nel fatto di essere un presidente al primo mandato, che cerca una riconferma. Tipicamente questo tipo di presidenti vince. Abbiamo i casi di Obama nel 2012, Bush nel 2004, Clinton nel 1996, Reagan nel 1984. Questo tipo di presidente vince specialmente quando non viene sfidato seriamente nel corso delle primarie. Ora, Donald Trump non è stato sfidato seriamente quest’anno per la nomination repubblicana, esattamente come accaduto a Obama, Bush e Reagan quando cercavano la riconferma. Se invece guardiamo ai presidenti che non sono stati rieletti – Jimmy Carter nel 1980 o George H. W. Bush nel 1992 – vedremo che non avevano registrato buone performance durante le primarie. Questo è un fattore predittivo molto buono, per capire che cosa succederà in novembre».

Dunque il suo modello predittivo è basato sulle performance dei candidati alle primarie. Tuttavia la pandemia negli Stati Uniti è esplosa dopo le primarie del New Hampshire e del South Carolina. Non ritiene quindi che questo fattore possa avere un peso negativo per il presidente?

«Io ho seguito molto attentamente le primarie successive a quelle tenutesi in South Carolina. E non ho visto alcuna primaria in cui Trump non abbia vinto intorno al 90%. Non ci sono segnali del fatto che, durante le primarie, Trump abbia preso una batosta a causa del coronavirus. Per quanto riguarda invece i sondaggi, è vero: Trump è indietro al momento. Ma era indietro anche prima che la pandemia esplodesse. Era indietro anche lo scorso anno. Il problema è che i sondaggi mostravano la stessa situazione quattro anni fa. Mediamente Trump è sempre stato dato dietro rispetto a Hillary Clinton. Alla fine Trump ha perso nel voto popolare, ma ha vinto nel collegio elettorale. E sappiamo che questo è ciò che conta per essere eletti alla presidenza. Se guardiamo oggi agli Stati chiave, sì, Trump è dietro Biden in molti di essi. Ma ha lo stesso margine di svantaggio che aveva quattro anni fa. Vedo una replica del 2016 e non sono convinto che i sondaggisti abbiano imparato abbastanza da quanto accaduto allora. Non mi preoccupo quindi molto di quello che le rilevazioni dicono a livello nazionale e in alcuni degli Stati chiave».

Ma, secondo lei, da che cosa nascono i limiti di questi sondaggi? Si tratta di faziosità politica o di problemi tecnici?

«Credo che i problemi tecnici siano evidenti. Innanzitutto si riscontrano problemi con i sondaggi telefonici: il 90% delle persone che si cerca di intervistare telefonicamente non risponde. In secondo luogo, come sondaggista devi capire se la persona che sta».

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