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Se questo vuol dire essere green

Se questo vuol dire essere green

Gli spettacolari imbrattamenti di opere d’arte, le proteste a favore di telecamera davanti alle sedi della politica, l’occupazione di strade per creare ingorghi ciclopici. I «disobbedienti climatici» di Ultima Generazione, eredi Greta Thunberg, denunciano il destino apocalittico del pianeta. Peccato che dietro l’avanguardia più amata dalla sinistra a corto d’idee ci siano sostenitori ecosostenibili a parole, ma molto ben orientati al business.

«Adotta un disobbediente». Sul sito di Ultima Generazione fino a poco tempo fa c’era il tariffario e l’invito era perentorio. Chi pensa che la Terra si squaglierà domani poteva scegliere: 15 euro per sfamare l’ecoguerriero (quattro pasti vegani), 30 per pagargli il biglietto del treno con il quale spostarsi da un blitz all’altro, 50 per garantirgli l’alloggio (due notti) dove pianificare nuove mirabolanti imprese, 100 per sostenere il fondo delle spese legali necessarie dopo le denunce scontate per avere vandalizzato la seicentesca fontana della Barcaccia di Bernini a Roma, la facciata di Palazzo Vecchio a Firenze, la statua di Vittorio Emanuele II in piazza Duomo a Milano. Vernice non sempre lavabile, ma le coscienze sì. Anche se la lista delle prestazioni è scomparsa, bastano pochi soldi per partecipare alla campagna di raccolta fondi, sentirsi salvatori del pianeta e camminare a testa alta dentro la moda mainstream, collezione primavera-estate, del momento.

Il bouquet di questa Ultima Degenerazione (del pensiero occidentale) è ampio. Gli attivisti in azione nel luna park Europa hanno fantasia: imbrattare il Teatro alla Scala, incollarsi alla Primavera del Botticelli, lanciare un piatto di minestra contro i Girasoli di Vincent Van Gogh, passeggiare dentro la fontana di Trevi (fra gli insulti dei passanti), tirare torte alle statue di Winston Churchill e di re Carlo d’Inghilterra, paralizzare il traffico sulla tangenziale di Berlino, davanti al palazzo di Westminster a Londra, sul Raccordo anulare a Roma (fra gli insulti degli automobilisti). Consuetudini quotidiane con la giustificazione di «sensibilizzare il popolo sul cambiamento climatico» e invitare alla disobbedienza civile al grido di «non paghiamo il fossile».

Una provocazione di un certo effetto si è vista la scorsa settimana fuori da palazzo Madama, dove due ragazze si sono denudate e poi cosparse di fango in favore di telecamera – convocare fotografi e operatori Tv è un mantra dell’associazione – urlando: «Questo è il fango dell’Emilia-Romagna, ma le nostre istituzioni sono già imbrattate da chi siede su quelle poltrone». Tutto così dimostrativo, tutto così ingenuo da meritarsi la risposta del presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Andate a spalarlo nei luoghi dell’alluvione».

Auto-nominatisi custodi del globo, gli ecoguerrieri chiedono una non meglio identificata «giustizia climatica» per governare le grandi trasformazioni in chiave green. Un nobile intento per i parenti cresciuti di Greta Thunberg, con un equivoco di partenza: invece di sensibilizzare con le loro azioni Cina, India e Stati Uniti – i principali inquinatori della Terra con il 93 per cento di emissioni – si accaniscono sui Paesi responsabili del 7 per cento, ormai pronti al suicidio energetico pur di accontentarli. E trovano terreno fertile nel campo largo della sinistra movimentista sempre alla ricerca di nuovi impulsi rivoluzionari avvolti nel catastrofismo.

Come ripete a nastro la portavoce Chloe Bertini (23 anni, laureata in neuroscienze al King’s College di Londra) in ogni trasmissione televisiva: «Vorrei vedere pianti, vorrei vedere gente che corre per strada perché tra poco gli sfollati saremo noi». Protagonista di un’azione dimostrativa contro la sede dell’Eni a Roma, è stata accusata di danneggiamento, violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale. E ha deciso di lanciare un nuovo filone di protesta, la disobbedienza fiscale. «Ho ricevuto una multa da 1.400 euro e non la pagherò» ha detto in un programma televisivo suscitando un vespaio. «Ho fatto dei blocchi, ho accumulato tante sanzioni, ho dei debiti. Pagano i miei genitori? No, sono debiti che si accumulano». Farà proseliti per la felicità dell’Agenzia delle Entrate.

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Attivisti con le mani incollate al vetro della Primavera del Botticelli agli Uffizi (Ansa)
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L’ingresso di Palazzo Chigi imbrattato (Ansa)
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Farina sulla Bmw opera di Andy Warhol a Milano (Ansa)
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Dario Nardella interviene a Palazzo Vecchio, imbrattato
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Milano, la statua di Vittorio Emanuele II (Ansa)
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Ultima Generazione colora di nero la fontana della Barcaccia a Piazza di Spagna (Ansa)
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Sit in di Ultima Generazione in occasione del processo per il blitz ai Musei Vaticani (Ansa)
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Ultima Generazione al Giro d’Italia 2023 (Ansa)

Ultima Generazione evoca scenari da «disaster movie», è molto concentrata sulla narrazione degli sceneggiatori di Hollywood anche perché il fiume di denaro che sostiene il fanatismo ecologista mondiale arriva da lì. Mentre sul sito i militanti organizzano collette per pasti vegani e soccorso rosso (niente di nuovo rispetto agli avvocati che difendevano i katanga negli anni Settanta), oltreoceano vengono raccolti milioni di dollari. Nessun Martin Luther King sulla cassetta di sapone, nessun Mahatma Gandhi con la mano cementata nell’asfalto. Follow the money. Per capire la potenza di fuoco dello storytelling green bisogna risalire a chi ha necessità di far fruttare gli investimenti: Bill Gates, George Soros, i colossi americani delle energie alternative.

Questa volta l’epicentro non sta a Wall Street ma in California. Ultima Generazione fa parte di A22 Network, finanziato dal Climate Emergency Fund fondato da Trevor Neilson, presidente di Wasterfuel che produce carburanti rinnovabili, e Aileen Getty, miliardaria ereditiera della Getty Oil, nipote del magnate del petrolio, che dalle colonne del New York Times e del Guardian moltiplica «gli applausi per le azioni choc dei coraggiosi militanti che ci fanno svegliare e uscire dal torpore dello status quo». Sessant’anni, cinque figli, cinque matrimoni e un patrimonio di 5,3 miliardi di dollari, la mecenate del Getty Museum di Los Angeles plaude a chi ha imbrattato a L’Aja La ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer. E stacca assegni pesanti. Non è l’unica, il pool sostenitore di A22 Network è composto da altri cognomi storicamente inquinanti come Rory Kennedy, figlia di Bob senior, e Abigail Disney, pronipote dell’inconsapevole Walt dal baffetto equivoco.

Piove sulla società liquida, e come sempre tutto si mescola. Nel 2022 il Climate Emergency Fund ha distribuito 4,5 milioni di dollari al pool di A22 Network, quindi a cascata anche a Ultima Generazione. Una vita al caldo, altro che collette. Dietro gli attivisti sdraiati sull’asfalto a bloccare i cittadini comuni in coda ci sono miliardarie annoiate, finanzieri dal dividendo incontinente e produttori cinematografici. Come Adam McKay, che dopo aver investito per 20 anni in film di successo (attori di riferimento Brad Pitt, Leonardo DiCaprio, Cate Blanchett) e serie cult come Succession, si è seduto dietro la macchina da presa per firmare direttamente Don’t Look Up, il manifesto postmoderno del catastrofismo da «fine di mondo», quello che la rivista Variety ha definito «l’Armageddon di sinistra». Dove il solito drappello di sopravvissuti aspetta l’impatto con la cometa assassina in una grottesca Ultima cena.

Accanto a lui, finanziano le bravate altri nomi pesanti dell’industria dello spettacolo con villa a Beverly Hills e pass permanente alla notte degli Oscar come Sarah Ezzy, Lisa Bloom, Geralyn Dreyfous. Tutti con la mano guantata di nero sul podio mentre con l’altra reggono la boccia di Krug millesimé. Tutti sponsor della missione degli ecovandali per salvare il pianeta. Tutti firmatari del manifesto che sottolinea: «Siamo qui per raggiungere il cambiamento necessario affinché ciò avvenga. Siamo qui per costringere i governi a ridurre drasticamente le emissioni di carbonio. Siamo qui per l’azione, non per le parole. Abbiamo un piano. Siamo democrazia, siamo umanità. Ci impegniamo per la disobbedienza civile di massa». Sandinisti con l’autista che non hanno ben chiaro il concetto della massa.Se a disobbedire fossero l’aiuto cuoco portoricano o la domestica creola con la cresta nei capelli, verrebbero inseguiti e sbranati dai dobermann.

In Italia il movimento è sostenuto dalla sinistra radical e da quel mondo della cultura e del cinema che necessita di quotidiane legittimazioni progressiste, fra terzomondismo pop e marcusianesimo elementare. Sulla homepage di Ultima Generazione sono scolpite frasi di titani del pensiero come Alessandro Gassmann («Quei ragazzi sanno parlare bene, gli slogan che pronunciano sono articolati, i dati che citano sono aggiornati. Dovremmo tutti occupare il Gran raccordo anulare») e Roberto Saviano («Gli atti di disobbedienza civile, che mettono in atto gli attivisti climatici, sono fondamentali per cambiare l’agenda politica»). Nella lista dei benemeriti di A22 Network c’è anche Guglielmo Notarbartolo di Villarosa, 35 anni, discendente del casato nobiliare palermitano, titolare della società Anya Capital e nipote di Paolo Marzotto, entrato in azienda «per incanalare nella sostenibilità gli investimenti industriali».

Il folclore delle azioni dimostrative è solo apparente, dietro c’è il mondo degli affari e del potere impegnato a occultare con il tromp l’oeil dell’ideologia verde i fili che muovono le marionette. Ora la domanda più comune è quale sia lo sbocco di queste sterili proteste e in generale se anche l’ultima generazione sia destinata a diventare penultima, inevitabilmente superata da qualcosa di nuovo. Invecchiate precocemente le Sardine, s’avanzano le Cozze che si incollano ai quadri. Pensionato Mattia Santori, ecco sorgere la pasionaria Bertini e Simone Ficicchia, per il quale gli adepti qualche mese fa organizzarono una manifestazione davanti al Tribunale di Milano. Perché nel frattempo i reati si assommano, le condanne strisciano e il mondo radical s’indigna. Per molto meno Alfonso Pecoraro Scanio si ritrovò ministro.

La parola d’ordine è estremizzare, prefigurare scenari apocalittici per spennellare il mondo, mentre i finanziatori americani staccano cedole con tanti zeri. Rispetto alla genuinità della protesta già si intravedono due effetti contraddittori. Il primo è il conformismo: anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres, ha sdoganato i rivoluzionari del clima dicendo che «sono talvolta descritti come radicali pericolosi, ma i radicali veramente pericolosi sono i Paesi che stanno aumentando la produzione di combustibili fossili». Il secondo è il rovesciamento della prospettiva. Durante l’ultimo sit-in a Londra un idraulico spazientito è sceso dal suo furgoncino e ha spostato di peso l’ecoguerriero in versione Buddha, seduto a braccia conserte in mezzo alla via. La polizia è subito intervenuta per ammanettare e portare in caserma l’incauto artigiano. Motivazione ufficiale: «Disturbava la protesta». Più omologati di così.

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