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Giornata mondiale dell’autismo. Nuove strategie per diagnosi e cura

Giornata mondiale dell’autismo. Nuove strategie per diagnosi e  cura

Il 2 aprile si celebra, in tutto il mondo, la “Giornata per la consapevolezza sull’autismo”. E per aiutare i pazienti, arrivano anche Intelligenza artificiale e studi cellulari

Da Elon Musk, che con la sua consueta chiarezza ha ammesso di trovarsi “nello spettro autistico” in diretta durante una puntata del “Saturday Night Live” a Steven Spielberg, da Albert Einstein a Susanna Tamaro fino al celebre attore Anthony Hopkins, e molti altri: sono tantissimi i personaggi celebri che hanno ricevuto diagnosi di sindrome di Asperger o di autismo (due facce della stessa medaglia, ma l’Asperger solitamente è meno grave e impattante) o che semplicemente si pensa possano esserlo stati. Trattandosi di patologie che si è iniziato a conoscere e studiare solo dalla metà del XX secolo, molti personaggi del passato sono stati diagnosticati solo post-mortem, in base all’osservazione dei loro comportamenti durante la vita. Anche Mozart e Michelangelo avevano forti tratti autistici, così come Charles Darwin e Emily Dickinson: spesso, infatti, chi ne soffre mostra genialità e incredibile talento in determinati campi della scienza, dell’arte, della letteratura o dell’imprenditoria.Nel 2007, per agevolare l’inclusione delle persone con disturbi dello spettro autistico e aumentare la conoscenza riguardo a queste problematiche, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, celebrata ogni anno il 2 aprile. Per l’occasione, numerosi edifici e monumenti in tutto il mondo vengono illuminati di blu, colore simbolo dell’autismo, per richiamare l’attenzione sull’importanza della diagnosi precoce, dell’intervento terapeutico e del supporto alle famiglie.

Incidenza globale e diagnosi precoce

L’autismo, condizione neuroevolutiva caratterizzata da difficoltà nelle interazioni sociali, nella comunicazione e comportamenti ripetitivi, colpisce più i maschi che le femmine. Non si conoscono ancora le cause precise, ma si ritiene che fattori genetici e ambientali giochino un ruolo chiave: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’autismo ha un’incidenza a livello globale di 1 persona su 160. Tuttavia, alcuni nuovi studi suggeriscono che la prevalenza potrebbe essere ancora più elevata, evidenziando l’importanza di una maggiore ricerca e consapevolezza. In Italia, si stima che circa 500.000 persone siano affette da disturbi dello spettro autistico. “L’autismo – spiega Elisa Fazzi, Presidente SINPIA, Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza ASST Spedali Civili, Professore Ordinario dell’Università di Brescia – è una condizione di fragilità specifica del neurosviluppo. La potremmo definire paradigmatica perché sfida le famiglie che hanno tra i loro componenti una persona autistica, non è facile organizzare una vita di relazione e di comunicazione intra familiare che tenga conto delle specifiche attitudini del bambino autistico; sfida la società perché per raggiungere una reale inclusione è necessario ripensare e riformulare alcuni dei modelli che guidano tutt’ora il mondo della scuola e del lavoro; sfida anche il Servizio Sanitario Nazionale perché la diagnosi, la cura e gli interventi abilitativi vanno inseriti in un processo di cura continuo, sistematico, a diversi gradi di intensità in base al naturale incedere del ciclo di vita, che sappia tenere insieme alta tecnologia, competenze professionali specialistiche ma anche relazione e continuità di cura”. E’ fondamentale, per impostare un percorso di cura e di presa in carico che possa essere davvero utile, che la diagnosi sia il più precoce possibile. A questo riguardo, occorre che genitori e insegnanti siano molto attenti a tutta una serie di campanelli d’allarme, che vanno dalla tendenza a evitare il contatto con gli occhi, al non rispondere al proprio nome dopo i dodici mesi, al non amare essere abbracciati o toccati, fino al compiere azioni ripetitive come dondolarsi o battere le mani o girare su sé stessi.

Studi cellulari e Intelligenza Artificiale

L’Istituto Besta di Milano, grazie ai fondi del PNRR, sta portando avanti un importante progetto di ricerca che ha lo scopo di individuare possibili trattamenti terapeutici, a partire dagli studi cellulari. “L’idea di questo studio nasce da un lavoro che ci vede a fianco della Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo Padre Pio con cui abbiamo identificato un possibile target terapeutico per una sindrome genetica con autismo: quella di Smith-Magenis” spiega il dott. Stefano D’ArrigoNeuropsichiatra Infantile, SSD Sindromi Genetiche con disabilità intellettiva e disturbi dello spettro autistico dell’Istituto Besta di Milano. “Attraverso questo nuovo progetto di ricerca vogliamo cercare di espandere questo modello alle forme di autismo non sindromico. Saranno valutati 100 pazienti di cui 80 con autismo non sindromico e 20 con autismo sindromico. Attraverso un prelievo di sangue nei pazienti che parteciperanno allo studio e il loro controllo di confronto – un fratello o un genitore sano – riprogrammeremo la cellula staminale per poi derivare in vitro il neurone e effettuare studi su DNA, RNA, proteine, zuccheri e lipidi intracellulari. L’obiettivo è quello di comprendere se vi sono differenze tra il soggetto autistico e il controllo e di identificare biomarcatori che potrebbero diventare bersagli terapeutici”. Un’altra area di ricerca riguarda il ruolo del microbiota intestinale nei disturbi dello spettro autistico che vede la collaborazione tra l’Istituto Besta e Humanitas grazie al progetto sviluppato con la professoressa Maria Rescigno. Dalla letteratura scientifica è noto l’asse che lega cervello e intestino. L’alterazione della flora batterica può determinare una modifica della permeabilità della membrana intestinale e creare un’infiammazione capace di determinare una alterazione dello sviluppo neuronale precoce in soggetti geneticamente predisposti. Questo è un altro esempio di fattore ambientale che si interseca a una causa genetica. L’idea da cui parte lo studio è che, rimodulando il microbiota intestinale di un bambino con disturbo dello spettro autistico, si possano avere dei miglioramenti, non solo per i sintomi gastroenterici che spesso presentano, ma anche per quello che riguarda le alterazioni della sfera comportamentale e interazionale. Negli ultimi anni sono stati portati avanti numerosi progetti che integrano intelligenza artificiale e realtà aumentata, per implementare il trattamento dei disturbi dello spettro autistico: un esempio è il Progetto 5A (Autonomie per l’Autismo Attraverso realtà virtuale, realtà Aumentata e Agenti conversazionali), sviluppato dal Politecnico di Milano in collaborazione con la Fondazione Sacra Famiglia e l’IRCCS E. Medea – Associazione La Nostra Famiglia. Si utilizzano applicazioni che simulano situazioni quotidiane, come l’utilizzo dei mezzi pubblici, in modo che i pazienti possano esercitarsi – con visori indossabili- in ambienti digitali sicuri. L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova ha invece sviluppato iCub, un robot umanoide utilizzato nella riabilitazione di bambini con autismo che affianca i terapeuti durante le sessioni e interagisce con i piccoli pazienti. L’intelligenza artificiale può essere di enorme aiuto anche per effettuare diagnosi precoci, attraverso l’analisi di imaging cerebrali, modelli comportamentali e dati genetici.

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