Home » Attualità » Scienza » I poteri straordinari del ghiaccio «extraterrestre»

I poteri straordinari del ghiaccio «extraterrestre»

I poteri straordinari del ghiaccio «extraterrestre»

SImile a quello che conosciamo, ha una serie di caratteristiche che lo fanno assomigliare alla plastica: è facilmente deformabile e modellabile. Dove si trova? In fondo agli oceani di pianeti distanti dal sistema solare e interamente coperti d’acqua. La rivelazione, che ha fatto molto parlare, si deve ai ricercatori italiani.

Che sia il ghiaccio che i barman mettono in cubetti nei cocktail o quello sulle cime delle montagne o ancora quello che cade come neve, si tratta pur sempre dello stesso stato solido dell’acqua. Consiste di molecole di H2O che a zero gradi formano una struttura cristallina esagonale. Ma ora, per la prima volta, è stata osservata direttamente un nuovo tipo di ghiaccio definito come «plastico» per la sua proprietà di essere facilmente modellabile e deformabile, pur condividendo altre caratteristiche della forma di ghiaccio a noi nota. 

La scoperta, a firma di un gruppo internazionale di ricercatori che include fisici del dipartimento di Fisica dell’università di Roma, è stata descritta su Nature come di fondamentale importanza per comprendere la struttura dei pianeti potenzialmente abitabili, lontani  dal sistema solare. Sembrerebbe, infatti, che questa forma di ghiaccio esista al fondo degli oceani dei cosiddetti «water-worlds», i pianeti appunto al di fuori dal nostro sistema solare e coperti d’acqua. Si forma a temperature e pressioni altissime (superiori a ventimila bar, cioè il peso di ventimila chilogrammi su un centimetro quadrato) quando i reticoli di ghiaccio prima si combinano in una forma cubica cristallina conosciuta come Ice VII, e poi  iniziano a ruotare liberamente come se fossero un liquido, ma occupando però posizioni fisse, come in un solido. La struttura formata dalle molecole di acqua di questo ghiaccio plastico si potrebbe paragonare a un cubo di Rubik il cui meccanismo interno consente alle facce di ruotare ognuna in modo indipendente dalle altre, così da combinarne i colori. Siccome eseguire esperimenti a pressioni così elevate era tecnicamente irrealizzabile, i ricercatori hanno utilizzato uno strumento innovativo dell’Institut Laue-Langevin di Grenoble, in Francia, in grado di misurare i movimenti delle molecole sotto pressioni estreme. 

Negli esperimenti, questi ricercatori hanno puntato un fascio di neutroni su campioni d’acqua e li hanno sottoposti a temperature fino a 326 gradi centigradi e pressioni fino a 60 mila bar. I neutroni interagivano con le molecole di H2O  nei campioni, guadagnavano o perdevano energia a seconda di quanto si muovevano e ruotavano, prima di essere dispersi verso un rilevatore. Dalle energie dei neutroni dispersi, i ricercatori sono risaliti alla struttura del ghiaccio plastico. L’implicazione più importante di questo studio non riguarda tanto la Terra ma i mondi che possono potenzialmente ospitare la vita e di cui ancora sappiamo ben poco. «Le condizioni per la formazione del ghiaccio plastico sussistono sul fondo dei mega-oceani degli esopianeti (cioè pianeti rotanti attorno a stelle diverse dal Sole), alcuni dei quali sono profondi migliaia di chilometri e sono potenzialmente abitabili» dice Maria Rescigno, ricercatrice del dipartimento di Fisica della Sapienza di Roma. Che quei fondali contengano ghiaccio plastico è dunque altamente probabile. «Inoltre, potrebbe trovarsi anche all’interno di alcune lune di Giove, per Ganimede, Callisto, Europa o Encedalo. Lo stesso discorso vale anche per gli stessi pianeti «giganti» – Urano e Nettuno, o Giove – dove il ghiaccio potrebbe essere presente, probabilmente però sotto forma di miscele con ammoniaca e metano (o anche elio). Anch’esse hanno fasi plastiche»  

L’esistenza dell’acqua liquida permanente è essenziale per tutte le forme di vita a noi note. Soltanto nella nostra galassia il numero totale degli esopianeti è di circa 100 miliardi. A partire dal 1992, anno in cui furono scoperti tre pianeti in orbita intorno a una stella di neutroni chiamata Lich, telescopi sempre più sofisticati hanno individuato un numero crescente di esopianeti, dai 20 del 2000 ai 4.065 di oggi. Molti altri devono ancora essere scoperti e il meccanismo con il quale si formano ed evolvono deve essere ancora chiarito. 

Di sicuro, dei 1.235 possibili candidati extrasolari dei pianeti individuati dal telescopio spaziale Kepler della Nasa, 54 hanno molte possibilità di ospitare oceani, sono cioè water-worlds. Dopo Proxima b, che ruota attorno alla stella Proxima Centauri, l’esopianeta più simile alla Terra è Trappist-1 d, poco più piccolo del nostro mondo e di natura rocciosa. Da calcoli effettuati nel 2018, potrebbe avere una massa del 30 per cento rispetto alla Terra e una percentuale di oceani ben maggiore. D’altra parte, il sistema Gliese 581 conta vari pianeti che con altissima probabilità hanno acqua in superficie per il calore trattenuto dall’effetto serra, per esempio Gliese 581c, 581d e 581e. 

Ora che abbiamo scoperto il ghiaccio plastico, appare anche probabile che ci sia vita in questi water-worlds. Infatti, notano i ricercatori su Nature, la facilità con cui il nuovo ghiaccio incorpora i sali nel suo reticolo potrebbe migliorare lo scambio di questi minerali tra i fondali marini degli esopianeti e le stesse masse liquide sovrastanti, alimentando quegli oceani con più sostanze nutritive. Non solo. Il ghiaccio plastico dev’essere esistito nelle fasi di formazione di pianeti e lune in cui c’erano condizioni specifiche di temperatura e pressione. È il caso di Europa, Titano e altre lune ghiacciate del nostro sistema solare, prima che tutta l’acqua fuoriuscisse dal loro interno ad alta pressione. La scoperta ci aiuterà dunque a ricostruire l’evoluzione di queste lune. Oltre a regalarci l’immagine poetica di pianeti lontani in cui un misterioso strato di ghiaccio si nasconde al di sotto di oceani oscuri.

© Riproduzione Riservata