Fattorie solari marine dove, anche grazie all’acqua salata, crescono cavoli, lattuga, broccoli. In Australia i prototipi stanno trasformando un’aspirazione visionaria in realtà. Molto concretamente, il progetto apre preziose prospettive per i problemi di sovrappopolazione e desertificazione.
Dimenticate il contadino con le mani sporche di terra, esposto alla pioggia, al vento e al sole cocente. C’è una nuova agricoltura all’orizzonte, forse più prosaica e meno umana, ma sicuramente più efficiente e vantaggiosa per il futuro del pianeta. Per la prima volta al mondo, un gruppo di ricercatori della University of South Australia, con il supporto di tecnici cinesi della Hubei University of Technology, ha costruito e fatto funzionare con successo un sistema galleggiante nell’oceano che da solo, senza alcun tipo di manutenzione o intervento dell’uomo, sfrutta solo l’acqua del mare e l’energia solare per produrre ortaggi. «Il nostro prototipo si sviluppa con un sistema a doppia camera: un comparto superiore e uno inferiore che funzionano insieme per produrre acqua dolce e ottenere colture» spiega Haolan Xu, ingegnere della University of South Australia «una serie di evaporatori solari l’acqua del mare e intrappolano i sali; poi, grazie al calore dell’energia solare, la stessa acqua si trasforma in vapore e si diffonde nel comparto superiore così da irrigare le piante».
Il resoconto del buon esito dell’esperimento è illustrato sul Chemical Engineering Journal: tre ortaggi, cioè cavolo broccolo, lattuga e pak-choi (il cavolo cinese), sono cresciuti per svariate settimane all’interno del prototipo galleggiante senza alcun tipo di manutenzione o irrigazione aggiuntiva. « Il nostro sistema ha numerosi vantaggi rispetto alle altre fattorie solari marine allo studio. Nel nostro caso gli evaporatori non vengono sistemati nella camera di crescita con la conseguenza che non si surriscaldano e, anzi, concede più spazio alle colture» aggiunge Xu. «Un altro fattore innovativo del nostro sistema è quello di essere a bassissimo costo e facile da utilizzare, proprio per il fatto che fa a meno di pannelli fotovoltaici e unità di desalinizzazione convenzionali, costose da mantenere e ad alta intensità energetica».
Se è vero che il progetto è ancora in fase sperimentale, la sua fattibilità è stata dimostrata: il tasso di germinazione degli ortaggi scelti per l’esperimento è stato dell’80 per cento, con una buona crescita nelle settimane seguenti. I semi di broccoli hanno iniziato a svilupparsi tre giorni dopo l’inizio delle prove, continuando a crescere bene fino a raggiungere un’altezza di circa 4 centimetri dopo due settimane. Quando questo sistema troverà applicazione in altre parti del mondo, bisognerà adattare la configurazione del desalinizzatore rendendolo flessibile alle mutate condizioni stagionali e geografiche. Ma non è un azzardo prevedere un futuro non lontano nel quale si produrranno colture di vario tipo nell’oceano, dal grano agli ortaggi, sfruttando solo energia solare e acqua marina. Per aumentare la produzione, i sistemi singoli a doppia camera formeranno lunghe catene dispiegate su vaste superfici. Sarà come avere un campo di grano in mare. Suscettibile di future applicazioni è anche il fatto che l’acqua desalinizzata prodotta dal sistema è sufficientemente pura da essere potabile e, anzi, ha un grado di salinità minore del limite stabilito dalle linee guida sanitarie mondiali per l’acqua potabile.
È difficile sottovalutare l’importanza che potranno rivestire in futuro le fattorie solari marine. Con una popolazione mondiale prevista di dieci miliardi nel 2050, l’acqua dolce e il cibo saranno le risorse maggiormente urgenti e necessarie fin dai prossimi anni. Secondo una stima su Advanced Materials, il numero delle persone colpite dalla carenza di acqua potabile crescerà dai 933 milioni del 2016 ai 2,37 miliardi di metà secolo, con una parallela decrescita del 19 per cento della disponibilità di acqua per l’agricoltura. Da qui lo sforzo della ricerca di mettere a punto nuovi metodi capaci di ottenere acqua dolce in modi meno tradizionali. Dato che il 97,5 per cento dell’acqua del pianeta si trova negli oceani e non costa nulla, è naturale cercare di ricavarne acqua dolce minimizzando l’intervento umano. Oggi l’agricoltura interessa solo l’11 per cento delle terre emerse, ovvero il 3 per cento della superficie del pianeta, e il riscaldamento globale che provoca desertificazione sta erodendo la disponibilità di suolo arabile. D’altra parte, sfruttare gli oceani significa avere a disposizione una superficie quasi illimitata.
La cosa interessante è che non è solo la superficie marina a essere sfruttata a scopi agricoli ma anche il fondale. Varie specie di piante sono state coltivate all’interno di biosfere in materiale acrilico ancorate al fondo del mare. Questi «orti sottomarini» funzionano come sistemi auto-sostenibili: trattano l’acqua salina per l’irrigazione e «catturano» la luce che filtra attraverso il mare per la fotosintesi. Il consumo idrico è ridotto anche grazie alla differenza di temperatura tra l’aria nelle biosfere e l’acqua di mare sovrastante: ciò fa sì che l’evaporazione dall’interno si condensi sulla superficie della struttura e «piova» sulle piante. In regioni del pianeta con poca luce e cielo spesso nuvoloso non è però facile coltivare sotto il mare. Intorno ai cento metri di profondità la fotosintesi diviene impossibile, e nessuna pianta terrestre potrebbe sopravvivere oltre qualche decina metri di profondità. Così, le potenzialità degli orti sottomarini non possono essere minimamente comparati con quelle offerte dalle fattorie solari in superficie.
Quanto all’agricoltura sulla terraferma, oggi questa conta su vari sistemi di cattura dell’acqua senza intervento umano, per esempio quelli che raccolgono l’umidità nell’aria o sfruttano il calore di scarto derivante dal fotovoltaico al fine produrre l’acqua dolce per l’irrigazione. Sono però sistemi che, fornendo quantità limitate di acqua, non potranno mai risolvere da soli l’enorme «sete» del pianeta. Un altro punto a favore dell’agricoltura marina, emerso in tutta evidenza nel caso delle istallazioni fotovoltaiche in mare aperto, è il fatto che le superfici d’acqua sono assai meno costose e richiedono molti mono adempimenti burocratici quali le autorizzazioni per l’installazione degli impianti rinnovabili. Tuttavia, l’agricoltura tradizionale continuerà ad avere un ruolo fondamentale. Nell’esperimento descritto sul Chemical Engineering Journal i semi di broccoli, di lattuga e di Pak-Choi sono stati acquistati in un mercato sulla terraferma. Il terreno agricolo veniva invece fornito da un’azienda agricola locale. Come a dire che della vecchia terra non potremo fare facilmente a meno. Ma con un pianeta sempre più abitato e con i problemi causati dal cambiamento climatico, la dimostrazione che l’agricoltura marina funziona è un’ottima notizia per il futuro.