La Fao stima che nel 2050 si dovrà produrre il 70% di alimenti in più per sfamare 10 miliardi di persone. Una svolta che diventa possibile con l’impiego di una tecnologia «sostenibile» nelle coltivazioni.
C’è la Blue tentacles, che in tempo reale visualizza i dati dal campo e tramite algoritmi migliora il fabbisogno d’acqua della coltivazione. Mentre la start-up Elaisian mette le nuove tecnologie a disposizione delle aziende del settore olivicolo e vitivinicolo, scoprendo con una settimana di anticipo la presenza di malattie in uliveti e vigneti. E ancora: un’altra azienda italiana, Agrorobotica, ha realizzato una «trappola» digitale SpyFly per il monitoraggio degli insetti nocivi. Attira e cattura gli insetti con richiami sessuali a feromoni e li riconosce ancora una volta attraverso algoritmi, inviando messaggi di allerta in tempo reale all’agricoltore.
È su questo e molto altro che stanno investendo le aziende, e numerose sono le start-up pronte ad accelerare la trasformazione digitale dell’agrifood italiano. Con una diffusione superiore al Nord e soprattutto per i settori cerealicolo, lattiero-caseario e vitivinicolo. L’accesso a cibo fresco, locale e sostenibile è una sfida urgente. La Fao, l’organizzazione delle Nazione Unite per l’agricoltura, ha suggerito che entro il 2050 si dovrà produrre il 70% in più di cibo per i 10 miliardi di abitanti della Terra. E poiché la disponibilità di terreni adatti all’agricoltura è limitata, è necessario trovare soluzioni per produrre di più utilizzando meno risorse. Grazie alla tecnologia blockchain – che consente di registrare e scambiare informazioni in modo sicuro mediante la condivisione di un database – sono state progettate anche delle soluzioni per l’anticontraffazione del made in Italy, per certificare la qualità e la provenienza dei prodotti agricoli, in particolare «bio» e «docg».
Un esempio virtuoso è Almaviva che per tutelare le arance siciliane, un’eccellenza spesso al centro di frodi, ha ideato insieme al consorzio Arancia rossa Igp il progetto Rouge: attraverso un bollino hi-tech collegato al sistema blockchain e apposto sulla cassetta di frutta, si hanno informazioni sul campo di produzione, la data del raccolto, e le modalità di distribuzione. Un controllo che ha già sperimentato con le aziende vitivinicole per tracciare e proteggere il vino made in Italy con la loro mobile app eNology, e un metodo esteso anche alle filiere dell’olio d’oliva e dell’aceto di vino.
Tra le aziende all’avanguardia c’è la Arnaldo Caprai, leader nella produzione di Sagrantino di Montefalco. L’ultima innovazione si chiama Agroclim technology e riduce i danni da attacchi fitosanitari, gelate e ondate di calore. Per evitare i «colpi di freddo», durante le fasi più critiche della coltura, un’app fornisce con 48 ore di anticipo allarmi sul potenziale rischio, e sono state inserite delle pale eoliche in vigneto capaci di rimescolare le masse d’aria, mitigando la temperatura. Per le ondate di calore – che possono determinare blocchi di maturazione e quindi scarsa qualità delle uve e del vino – è stato progettato un impianto di irrigazione a goccia con sonde che si attivano in modo sartoriale in base alle condizioni reali del terreno, consumando così anche meno acqua rispetto a un impianto tradizionale.
Anche l’azienda agricola Castellanina di Ravenna ha scelto modalità innovative per garantire una produzione di alta qualità, producendo fuori suolo, in serre hi-tech, circa 20.000 quintali di pomodori per il mercato del fresco. «La coltivazione idroponica è il futuro perché a parità di produzione si risparmia il 70% d’acqua; consente così di produrre più cibo senza impoverire ulteriormente i suoli» spiega a Panorama il proprietario Lorenzo Ceroni. «Sono io che nutro il pomodoro esaltando le sue caratteristiche, e riesco a dargli un gusto più equilibrato tra acidità e dolcezza rispetto alla coltivazione tradizionale». Un’altra tecnologia che si sta rivelando strategica è il drone perché «consente di avere una visione d’insieme di campi e vigneti, e fornire una mappatura alle aziende delle colture dove gli agronomi devono intervenire» spiega Simone Kartsiotis, uno dei fondatori di Dronebee che effettua rilievi su vigore e stress idrico in molte aziende agricole su tutto il territorio italiano.
«È la quarta rivoluzione agricola», ha detto enfaticamente il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti, al centro della quale si trovano i dati e la connettività. Quindi un’agricoltura di precisione, più smart, che può portare progressi in tutta la filiera agroalimentare. Dopo un iniziale rallentamento nella prima parte del 2020 causa Covid, il mercato dell’agricoltura 4.0 è ripartito raggiungendo un valore di 540 milioni di euro, secondo uno studio dell’Osservatorio smart agrifood della School of management del Politecnico di Milano e del Laboratorio Rise (Research & innovation for smart enterprises) dell’Università di Brescia, il 20% in più rispetto al 2019. Una quota che costituisce circa il 4% del mercato mondiale, stimato attorno ai 13,7 miliardi di dollari.
Ma è previsto anche un cambio di paradigma. «Dall’agricoltura 4.0, che ha visto l’innovazione tecnologica entrare nel settore agricolo, il futuro è l’agritech, perché la tecnologia sarà la base del processo produttivo: per esempio, si potranno produrre dei cibi senza nichel, l’elemento chimico causa di molte allergie» sostiene Fulvio Conti, responsabile agricoltura e ambiente di Almaviva, che affianca il settore nel suo processo di digitalizzazione e si sta specializzando come incubatore di idee e start-up in agricoltura.
La nuova frontiera dell’innovazione è rappresentata dal vertical farming. Qui la coltivazione avviene in strati sovrapposti e in ambienti controllati che creano il clima ottimale per qualsiasi coltura; grazie a sistemi di illuminazione a led gli agricoltori possono controllare la crescita dei prodotti, il gusto e il valore nutrizionale. È ciò che rappresenta il progetto di Planet farms, i cui fondatori Luca Travaglini e Daniele Benatoff hanno vinto il Premio nazionale per l’innovazione di Confagricoltura per aver sviluppato coltivazioni verticali uniche al mondo.
«Si può così coltivare in ogni luogo, indipendentemente dalle condizioni climatiche, garantendo verdure sostenibili 365 giorni all’anno» dice Travaglini a Panorama. «Produciamo 40.000 confezioni al giorno di insalate ed erbe aromatiche, risparmiando il 95% dell’acqua rispetto alle colture tradizionali e il 90% di suolo. E sostituiamo la chimica, utilizzata per proteggere il raccolto, con la tecnologia. Quindi garantiamo un prodotto di qualità, in assenza totale di pesticidi e a residuo zero. Senza sprechi e scarti».
A fine primavera l’azienda inaugurerà la avanzata vertical farm d’Europa a Cavenago, alle porte di Milano. Oltre 9.000 metri quadri di stabilimento all’interno del quale trova spazio la filiera nella sua totalità: entra un seme ed esce un prodotto confezionato. «Siamo i primi al mondo a introdurre sugli scaffali della grande distribuzione un prodotto che non deve essere lavato per essere consumato, e vogliamo dare un’opportunità ai giovani di entrare in questa nuova forma di agricoltura». Quali sono i costi di queste produzioni? «Nonostante oggi siano ancora piuttosto elevati, in futuro tenderanno ad abbassarsi perché caleranno anche i costi di produzione energetica, cruciale in questo tipo di coltivazione».
Secondo uno studio della banca Barclays, le vertical farm hanno un potenziale mercato di 50 miliardi di dollari. Non sostituiranno l’agricoltura tradizionale, ma la potranno affiancare, come alternativa alle colture intensive molto impattanti in termini di rilascio di CO². L’ultima novità arriva da Israele. Per rispondere alla carenza di manodopera, che fa sì che oltre il 10% dei frutti in tutto il mondo non sia raccolto (equivalente al consumo annuale della Ue), la Tevel aerobotics technologies, è pronta a trasformare la raccolta lanciando sul mercato globale robot volanti autonomi che si alzano in volo come i droni e raccolgono i frutti dalle piante, usando l’intelligenza artificiale per identificare solo quelli maturi. La tecno-agricoltura è solo agli inizi.