Il ricevimento da parte della Procura della Federcalcio di Giuseppe Chiné delle carte dell’inchiesta romana sui bilanci del Napoli e sull’operazione Osimhen, fa partire il conto alla rovescia verso la soluzione finale della vicenda dal punto di vista della giustizia sportiva. Trenta giorni: questo è il tempo che Chiné ha per decidere se dentro gli atti inviati da Roma ci siano elementi nuovi sufficienti a chiedere di riaprire il processo che nel 2022 si era chiuso con il proscioglimento del club e del suo presidente Aurelio De Laurentiis. Verdetto che all’epoca aveva coinvolto anche la Juventus e altre dieci società, ma che era stato poi ribaltato nel 2023 per i bianconeri una volta arrivato sul tavolo della Procura Figc l’intero faldone dell’inchiesta Prisma della procura torinese.
La vicenda è nota da tempo e riguarda l’acquisto dell’attaccante nigeriano Victor Osimhen da parte del Napoli nell’estate 2020: costo pattuito con il Lille di 76 milioni di euro e inserimento nell’operazione di quattro calciatori come parziale contropartita con una valutazione complessiva a favore dei partenopei di 20 milioni di euro. Uno, il portiere greco Karnezis, sbarcato effettivamente nella nuova destinazione pur avendo giocato una sola partita in Coppa di Francia nella stagione successiva. Gli altri – tre ragazzi delle giovanili di nome Manzi, Palmieri e Liguori – mai andati a Lille come raccontato anche da uno di loro (Liguori) nel dicembre 2021 dopo aver rescisso il contratto finendo nelle serie minori dilettantistiche.
Nell’inchiesta romana che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio per De Laurentiis per l’ipotesi reato di falso in bilancio riguardante gli anni 2019, 2020 e 2021, anche la doppia operazione Manolas e Diawara con la Roma. Secondo i magistrati della Capitale un affare anch’esso scritto per sistemare i conti del club partenopeo, ricostruzione sempre respinta dai legati di ADL e della società.
Cosa deve accadere perché si possa riaprire il processo sportivo? Il procuratore Chiné deve ravvisare nelle carte mandate da Roma elementi nuovi e significativi non presenti all’epoca del proscioglimento del 2022. E, più in generale, questi elementi devono dimostrare non tanto una iper valutazione dei calciatori coinvolti, sulla quale esiste ampia giurisprudenza secondo la quale non si può arrivare a condanna, quanto l’esistenza di un piano provato per generare plusvalenze e alleggerire i conti economici dei club. Dunque, eventuali intercettazioni, scambi di mail, fax o documenti come nel caso della Juventus.
A Roma gli investigatori avrebbero ascoltato la ricostruzione dei giocatori oggetto della trattativa e questo potrebbe rappresentare un fatto nuovo rispetto al passato, pur dovendo capire quale possa essere stata la portata delle dichiarazioni. In ogni caso, il conto alla rovescia è partito e non ammette proroghe: entro i primi giorni di maggio la Procura Figc dovrà scegliere se archiviare tutto definitivamente, oppure procedere con la richiesta di revocazione.
Nel secondo caso, per il Napoli si aprirebbe la strada di un nuovo procedimento con rischio anche di penalizzazione in punti sulla classifica. Quando? Essendo già ad aprile inoltrato, difficile possa ricadere su questa stagione sportiva dal momento che bisogna considerare tempi per tutti i passaggi di eventuali ricorsi e appelli. Per dare un parametro, la Juventus nel 2023 ebbe la prima penalizzazione (-15 punti) il 20 gennaio con dispositivo della Corte Federale d’Appello e la richiesta di revocazione era stata depositata un mese prima.
Il Collegio di Garanzia del Coni, cui la Juventus si era appellata, si pronunciò il 20 aprile – accogliendo il ricorso e costringendo a nuovo processo Figc – con atto conclusivo il 22 maggio (penalizzazione ridotta a -10). Tempistiche rapide e insopprimibili, ma comunque di qualche mese prima di arrivare a un giudizio definitivo.