Niente Triplete, l’Inter lascia il primo dei trofei che sognava di conquistare in una stagione fin qui ricca di promesse ma con un finale tutto da scrivere. All’Olimpico a giocarsi la Coppa Italia il 14 maggio va il Milan di Sergio Conceiçao che vince il terzo derby di questa annata sbilenca: malissimo in campionato e Champions League, da sogno quando davanti si è trovato la squadra che un anno fa aveva reso i derby un incubo senza fine per i rossoneri.
La firma è quella di Luka Jovic e racconta da sola come il calcio sia una scienza imperfetta: confermato in estate con rinnovo del contratto, rimesso immediatamente sul mercato e rimasto per assenza di alternative, escluso dalla lista Champions per poi riapparire da protagonista nel finale della stagione: 4 gol dal 30 marzo in poi compresi i due che hanno spedito il Milan alla finale e lasciato l’Inter a leccarsi le ferite.
Successo non episodico. Simone Inzaghi ha mischiato le carte con il turn over, comandato il gioco per tutto il primo tempo senza, però, riuscire a ricavare pericolosità dai suoi. Il contrario di Conceiçao che ha iniettato veleno e pragmatismo in un gruppo all’ultima spiaggia per provare a dare un senso a questa primavera depressa. E il trascorrere del tempo ha accentuato la differenza di forza e organizzazione fino al sigillo di Reijnders, punizione eccessiva numericamente per l’avversario ma legittimazione di una sfida vinta con merito.
Inter, allarme fatica per campionato e Champions League
Il campanello d’allarme che suona forte nell’accampamento interista è quello creato dalla doppia sconfitta contro Bologna e Milan. Se al Dall’Ara il crollo era avvenuto a un passo dal traguardo e per merito di una giocata straordinaria, dentro un momento della partita in cui le energie si erano azzerate, a San Siro il crollo è stato progressivo. Soprattutto il copione non è stato diverso da quello recitato in autunno in campionato e a Riyad in Supercoppa italiana oltre che in larga parte degli altri confronti diretti.
L’eliminazione può anche contenere una notizia non negativa per i campioni d’Italia. La settimana tra la trasferta a Torino e il match casalingo con la Lazio sarà libera da impegni, una piccola oasi nel deserto di una stagione massacrante in cui il confine tra leggenda e restare con un pugno di mosche in mano è sottilissimo. La verità, però, è che le forze ormai sono agli sgoccioli e le sfide che attendono i nerazzurri con Barcellona e nella volata scudetto con il Napoli non ammettono alcuna flessione. Giocare solo per un tempo o poco più non basterà, serve altro almeno dalle riserve che sono tornate a spegnersi. Il simbolo è Taremi: inutile e avulso dal resto della squadra.
Milan, cosa serve per salvare la stagione
Il Milan si è guadagnato la chance di provare a chiudere la stagione sollevando due titoli. Non toglie nulla al senso di fallimento complessivo del progetto, ma ci sono modi peggiori per chiudere un’annata da dimenticare e che dovrà essere riletta con attenzione per mettere mano agli errori fatti in fase di costruzione e correggerli. Conceiçao sa che non rappresenta il futuro e che il club è impegnato in uno sfibrante casting per direttore sportivo e allenatore: si toglierà macigni dalle scarpe, non ha fatto sufficientemente bene per meritarsi la conferma e però non è l’unico responsabile.
C’è un fatto inconfutabile da un paio di settimane a questa parte: lo schieramento con la difesa a tre sembra il migliore possibile per coprire le lacune di alcuni dei giocatori più importanti. La domanda è: perché non ci si è arrivati prima? Può essere una base per ripartire? Intanto i rossoneri hanno tre settimane per pensare al Bologna e alla notte dell’Olimpico che può valere la Coppa Italia.