Con un «rosso» da 340 milioni di euro la Juventus è costretta a un nuovo aumento di capitale. John Elkann, primo azionista della società, sostiene che dopo il sacrificio la squadra potrà «progettare un futuro forte». Ma all’orizzonte ci sono incognite.
«Nel pieno dell’emergenza coronavirus la Juventus guarda al futuro da una posizione di forza (…). Ed è una Juve che fa scuola anche per la gestione del taglio degli stipendi, essendo stata il primo club in Italia a riuscire nella trattativa con i propri tesserati». Ecco cosa raccontava John Elkann nella lettera agli azionisti di Exor nell’aprile 2020. Ora, alla vigilia di un aumento di capitale da 200 milioni di euro, il quarto in cinque anni per un totale di 900 ai primi della classe è andata bene, ma non benissimo. La «manovra stipendi» e una certa disinvoltura nelle plusvalenze sono costate un’inchiesta penale, procedimenti della Consob sui bilanci, un patteggiamento con la giustizia sportiva, la penalizzazione di 10 punti nello scorso campionato, un anno senza competizioni europee per volere dell’Uefa. Poi, alla voce sfortuna, sono arrivate anche le lunghe squalifiche di due campioni come Nicolò Fagioli (scommesse) e Paul Pogba (doping). Con un calvario del genere, inframezzato dal repulisti totale del management bianconero e dalle dimissioni di Andrea Agnelli, si capisce perché lo stesso Elkann, al momento di chiedere l’ennesimo sacrificio agli azionisti, lo scorso 7 ottobre abbia parlato di «anno zero» per la Juventus.
Nel calcio moderno, i numeri la fanno da padrone. Possesso palla, chilometri percorsi da ogni giocatore, palloni persi e recuperati, percentuali di passaggi azzeccati. I dati raccolti vengono analizzati per settimane dai tecnici e dai tifosi. Poi ci sono altri numeri, ben più dolorosi, che sono quelli nei bilanci dei club. Il libro degli orrori finanziari del pallone è un fenomeno tristemente noto. Nelle serie minori succede di tutto, ma anche società prestigiose e oggi ben amministrate, come Lazio, Torino e le due genovesi, hanno vissute epoche buie. A un livello più superficiale, non sono mancati e non mancano presidenti a dir poco folcloristici.
La Juventus invece è il grande malato che non ti aspetti: blasone da vendere, azionariato stabile, capitali tracciabili, quotazione in Borsa, bello stadio di proprietà, stile di gestione molto manageriale. I numeri però, dopo i leggendari nove scudetti consecutivi tra il 2011 e il 2020, sono diventati da incubo. Il bilancio 2022-2023 ha chiuso in rosso per 123,7 milioni di euro e quello in corso segna già una perdita di 75 milioni nel primo trimestre (giugno-settembre). I conti del 2021-2022 avevano fatto registrare una perdita di 238 milioni e quelli dell’anno precedente altri 226,8 milioni. Insomma, in tre esercizi, la Juve ha bruciato 588,5 milioni. Dopo il nuovo campanello di allarme di quest’autunno, per non rischiare di portare i libri in tribunale, il 23 novembre l’assemblea dei soci dovrà autorizzare un aumento di capitale da 200 milioni. E così, nel giro di soli cinque anni, ecco che i soci avranno dovuto sborsare 900 milioni, per una società che ne fattura poco più di 500 e ha 340 milioni di euro di debiti.
E dentro i debiti, c’è anche il famoso «Ronaldo bond», obbligazioni convertibili per 175 milioni (tasso 3,375 per cento) che scadranno a febbraio. Dovranno essere rimborsate agli investitori, ma potrebbero essere prorogate di un anno. Già che si è in tema, Cristiano Ronaldo, che per sudare in Arabia Saudita guadagna 200 milioni l’anno (come l’aumento di capitale della Juve), chiede al club bianconero 20 milioni di stipendi arretrati, nell’ambito della famosa «Manovra stipendi» che tanti guai è costata alla Juventus.
Se ci si sposta in Piazza Affari, i numeri non cambiano colore. Il titolo «Juventus Fc» ha perso il 9,5 per cento in un mese (al 12 novembre), la capitalizzazione di Borsa è di 640 milioni e chi a novembre del 2018 ha acquistato un’azione bianconera a 87 centesimi, oggi si ritrova in portafoglio un titolo che ne vale 25. L’olandese Exor, primo azionista con il 63,8 per cento, si è mossa con responsabilità e ha già anticipato parte del prossimo aumento di capitale. Ma ovviamente John Elkann parla di «anno zero» e a ottobre ha garantito che dopo questo salasso da 200 milioni la Juve «sarà in grado di progettare un futuro forte in campo e anche fuori dal campo».
La squadra, affidata alle mani del presidente Gianluca Ferrero e dell’amministratore delegato Maurizio Scanavino (che per ironia della sorte è tifosissimo del Toro) è assolutamente in corsa per tornare a vincere lo scudetto. Che sarebbe una grande soddisfazione sportiva, ma soprattutto riporterebbe la squadra in Champions League, che a spanne significa 80 milioni di euro di incassi in più. La rosa dei giocatori affidati a Massimiliano Allegri è valutata 421,6 milioni (fonte: Trasfermarkt.it), con 70 milioni sulle spalle del centravanti Dusan Vlahovic, arrivato a gennaio 2022 dalla Fiorentina per quella cifra. Invece l’affare Ronaldo alla fine è costato 200 milioni in tre anni, tra prezzo del cartellino, stipendi e ammortamenti.
Per fare un raffronto, la rosa del virtuosissimo Milan di Jerry Cardinale vale 543 milioni, ben più della Juve, e il Diavolo non ha praticamente debiti. Mentre l’Inter ha 400 milioni di debiti, in gran parte rappresentanti da un bond che scade nel 2027 e ha rating da «titolo spazzatura», e una rosa giocatori da 563 milioni, dove il solo Lautaro Martinez ne vale 100. Perché il calcio, finanziariamente, è azzardo puro. La Juve, almeno, ha uno stadio di proprietà da mettere a garanzia. L’Allianz Stadium, inaugurato a settembre del 2011, è costato 115 milioni di euro ed è un investimento che si è già ampiamente ripagato tra incassi e servizi.
Insomma, se la Juve ricapitalizza, se continua a tenere a freno i costi e centra la qualificazione alla Champions League, può tornare a rialzare la testa anche fuori dal campo e, magari, essere tolta dalla Borsa. Qualche nube sull’anno zero, tuttavia, esiste e non è tanto per il possibile processo penale contro gli ex vertici. Processo che la Cassazione ha trasferito per competenza da Torino a Roma e che potrebbe anche non tenersi mai se la Procura della Capitale dovesse optare per la richiesta di archiviazione, dopo aver ricominciato da zero le indagini.
Il problema si chiama Consob. La commissione di controllo sulla Borsa guidata da Paolo Savona ha aperto un nuovo fronte sull’ultimo bilancio Juve, contestando i valori dichiarati per una doppia operazione di calciomercato con il Genoa, sui giocatori Andrea Cambiaso (dal Genoa alla Juve per 8,5 milioni di euro) e Radu Dragusin (percorso inverso, per 5,5 milioni). La società bianconera ha fornito una prima risposta, ribadendo la correttezza delle proprie valutazioni. Il problema è che sarebbe un film già visto, questo delle plusvalenze, e però riguarderebbe la nuova dirigenza. La Fgci di Gabriele Gravina, quella del patteggiamento con la Juve da 718 mila euro, per ora tace. Anche in Federazione tra gestione della Nazionale, caso scommesse e giustizia sportiva ci vorrebbe un bell’anno zero.