Alle Olimpiadi non contano soltanto le medaglie, ma il calore del pubblico e i gesti straordinari dei singoli atleti. Ne è convinto Carlo Mornati, campione di canottaggio, capo delegazione ai giochi francesi e segretario generale del Coni, che racconta le ambizioni e lo stato di grazia dello sport italiano.
Dopo un monologo troppo lontano – Brasile e Giappone, più Corea e Cina contando anche le edizioni invernali – le emozioni tornano vicino casa. Manca poco più di un mese alle Olimpiadi di Parigi, in programma dal prossimo 26 luglio: «Andranno in scena proprio accanto all’Italia e penso saranno belle, non trovo una parola più adatta. Gli atleti avranno di nuovo l’affetto del pubblico, che sa dare una spinta fondamentale» riflette Carlo Mornati, pluricampione azzurro di canottaggio, segretario generale del Coni e capo delegazione in Francia, rievocando la mestizia degli spalti vuoti del passato recente. È un ricordo ormai consegnato agli archivi: un’altra storia sta per cominciare. Panorama racconterà l’avvicinamento alle Olimpiadi in cinque puntate, raccogliendo l’attesa di alcuni importanti protagonisti. Con una certezza: si preannunciano folle e calore in un contesto scenografico. «Gare sotto la Tour Eiffel, al Grand Palais, negli stessi luoghi del Roland Garros». Sontuose macchie sullo sfondo, perché nella memoria rimarranno l’eccezionalità dei gesti atletici, l’indomita sfida al senso del limite: «Godiamoci lo spettacolo, non facciamoci ossessionare dal conto delle medaglie che porteremo via. Ori, argenti e bronzi si giocano sui millesimi, sulla fiammata di un attimo. Non sono il vero termometro dello stato di salute dello sport italiano».
Non è scaramanzia, tantomeno sfiducia verso il futuro dietro l’angolo, piuttosto è un elogio del presente, della vivacità di un movimento: «Un parametro affidabile è l’indice di competitività olimpica, che tiene conto dell’intero ventaglio di gare svolte negli ultimi anni in ogni disciplina. In questa graduatoria siamo quinti al mondo, dietro gli Stati Uniti, la Cina, la Germania e il Giappone. È un dato inconfutabile». Il nostro Paese spicca tra le superpotenze globali dello sport, supportato dalla sua organizzazione: «Come Coni, portiamo avanti un sistema trasversale, che rappresenta tutte le federazioni. Anzi, direi che è un modello orizzontale, un fronte largo in grado di far qualificare un’abbondanza di discipline». Non è un’anomalia ma nemmeno la normalità, contando che varie nazioni celebri preferiscono dirigere gli sforzi su pochi sport, sacrificando gli altri. «L’Italia» sottolinea Mornati «è un tessuto di piccole cellule che sanno onorare la loro tradizione. È un mosaico di eccellenze, spesso legate a un distretto, ancorate a un territorio. Così lo slittino può brillare in Alto Adige, la scherma a Jesi, il canottaggio sul Lago di Como».
Il senso dell’agonismo diventa un riflesso, un’eco dell’identità geografica nazionale, senza confinarsi a ripetere l’identico: «In nessun ambito siamo catapultati da Marte. Coltiviamo il surf come l’arrampicata sportiva. Il classico canone olimpico è superato, si parla di gare, meno di discipline. Alcune escono, altre entrano. Lo si fa per intercettare i desideri di un pubblico più giovane, che oggi tende ad assecondare la sua parte ludica sui pc e i telefonini». Le Olimpiadi sono l’eccezione, restano universali nel catturare l’attenzione, nel concentrare passioni, così come bizzarri incroci biografici. Lo sa bene Mornati, che nel 2000 ha vinto un argento a Sydney, nello stesso luogo in cui era andato a perfezionare gli studi. In Australia si era iscritto a un master, si è trovato con una medaglia sul collo: «Il ricordo più bello è quello di una gioia condivisa con tanti amici». Il segretario generale del Coni non si dilunga troppo sul passato, spende più tempo per descrivere il suo ruolo di capo missione a Parigi: «Un lavoro lungo, articolato, che inizia il giorno successivo al termine dell’edizione precedente. Bisogna far quadrare elementi logistici, organizzativi, amministrativi. tecnici. A volte» dice sorridendo «mi sento un po’ il MacGyver della spedizione».
Parigi sarà una vetrina per tutti, senza distinzioni tra gli sport considerati minori, che poi minori non lo sono affatto, e quelli più abituati ai riflettori: «L’entusiasmo è generale. La manifestazione ha un enorme appeal, accende una trepidazione. Basta guardare cos’è successo con il tennis, con stelle che brillano di luce propria ma ci tengono tantissimo a essere presenti alle Olimpiadi». Un’altra partita si sta giocando adesso in vista di luglio, con le qualificazioni in corso, che procedono in maniera proficua: a fine maggio la squadra tricolore, l’Italia Team, aveva già superato quota 300 atleti. «Assicurarsi un posto è un momento carico di emozioni. La conquista è una grande liberazione». È il preludio di ciò che verrà, di ogni possibile orizzonte di gloria: «Da affrontare con spensieratezza, senza lasciarsi schiacciare dai pensieri. La cifra di un grande professionista è quella di vivere un evento tanto importante con concentrazione sì, ma anche con leggerezza». Condividendo con i nostri cuori la voglia di vincere, d’inseguire un sogno sotto il cielo di un’estate francese.