E, dunque, un’altra Juventus era possibile. Veloce, verticale, aggressiva e intensa, a tratti avvolgente, schierata con i destri a destra e i sinistri dall’altra parte, con un capitano designato e la fase difensiva equivalente e contemporanea a quella offensiva. Non ancora perfetta, troppo poco tempo per lavorarci su, ma una squadra forte, allenata con logica e pienamente connessa con il suo tecnico non perché quella prima giocasse contro – ha ragione Thiago Motta a rifiutare la ricostruzione -, ma semplicemente perché questa comprende appieno le consegne del tecnico e l’altra faticava a comprendere consegne sempre diverse.
Un’altra Juventus era possibile e quella di Igor Tudor, pareggiando contro la Roma, ha fatto un passo importante verso la qualificazione alla prossima Champions League: l’obiettivo imprescindibile in nome del quale il croato è stato chiamato al capezzale della Vecchia Signora. Vittoria netta e meritata, quella dei bianconeri. Se la prima Juve di Tudor era stata una risposta di nervi all’esonero di Thiago Motta, quella dell’Olimpico assomiglia alla luce in fondo al tunnel. Serviranno controprove, ma la strada presa sembra quella giusta e indica alcune cose: la prima è che dopo nove mesi di onanismo tattico è bastata un’iniezione di normalità per rimettere al centro del villaggio l’unica cosa che conta e cioè la ricerca ossessiva del risultato; la seconda è che la normalizzazione passa attraverso la semplificazione delle scelte, compreso il dogma che i calciatori rendono meglio nelle posizioni in cui sono più a loro agio.
Per un tempo la Juventus di Tudor è stata dominante contro una Roma che veniva da sette vittorie di fila. Poi i giallorossi hanno messo in campo maggiore qualità e voglia di ribellarsi alla sconfitta, qualche sbavatura si è riproposta e una lettura difensiva sbagliata ha portato al pareggio di Shomurodov. Incassato il quale, però, i bianconeri sono tornati a macinare il loro calcio diretto e verticale e anche i cambi hanno supportato il piano partita di Tudor.
Il punto preso all’Olimpico è importante, non vale ancora l’aggancio certo alla zona Champions League ma getta le fondamenta per la caccia a quota 70, altezza dove è posizionato quasi certamente il pass per l’Europa che conta. A Tudor servivano 18 punti nelle 9 partite concessegli: è a 4 dopo i primi 180 minuti. Visto da Roma, il futuro fa un po’ meno paura ed è simbolico che tutto sia avvenuto a poche ore dalla luna intervista rilasciata da Thiago Motta con le sue verità. Da una parte la Juventus che c’era, confusa e incapace di leggere la realtà, dall’altra quella che era (ed è) possibile: pragmatica, coesa e proiettata verso il risultato. L’unica cosa che conta.
Leggi anche: