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La Toto-scommessa

La Toto-scommessa

Il costruttore di Chieti, che gestisce la rete tra Lazio e Abruzzo, è alle prese con una trattativa delicata. In gioco un contenzioso miliardario con lo Stato fatto di concessioni e adeguamenti delle strutture che potrebbe risolversi con ottime notizie per lui. Intanto, però, ha spedito 110 lettere di licenziamento.


Il peggio rischia di fare scuola. Il gruppo Toto, che gestisce le autostrade tra Lazio e Abruzzo, è alle prese con il famoso Trattamento Benetton: prima lo Stato ti fa un po’ soffrire, tra contestazioni assortite, minacce di revoche e recesso, tiramolla infiniti e inchieste varie della magistratura; poi ti fa godere rilevando tutto e staccando un assegno assai generoso. E i cittadini? Pagano il conto e anche due volte: come contribuenti e come utenti da tosare sempre di più al casello. Lunedì 2 maggio, archiviata la Festa dei lavoratori, la Toto costruzioni generali, controllata dalla società Strada dei Parchi che gestisce i lavori sulle autostrade A24 e A25, ha spedito le lettere di licenziamento a 110 dipendenti sui 302 impiegati nel cantiere di Valle del Salto, nell’Aquilano. Per una volta, è stata l’azienda stessa a tenerci a comunicare la decisione, non senza esprimere il proprio disappunto e spiegare di averla presa «contro la propria volontà».

La colpa, secondo la società della famiglia Toto, sarebbe tutta dello Stato, proprietario dei 300 chilometri di autostrada che collegano la capitale con l’Abruzzo. Ed è una colpa doppia, perché da un lato è scaduta la cassa integrazione ordinaria di due anni, dall’altro «da dieci anni è stata sancita l’urgenza della messa in sicurezza, mai partita». C’è uno stallo totale sulla gestione futura dell’autostrada, che una legge del 2012, dopo il terremoto del 2009, considera strategica in caso di calamità naturale.

Il primo problema è proprio il terremoto, dopo il quale l’Italia ha evidentemente scoperto il rischio sismico sull’Appennino, cambiando i requisiti di sicurezza delle due tratte autostradali. Il gruppo che fa capo a Carlo Toto (78 anni), ex patron di AirOne, e ai figli Riccardo e Alfonso, ha in concessione A24 e A25 dal 1999, quando vinse regolare gara, e quindi è un po’ come un inquilino al quale il padrone di casa chiede di fare lavori straordinari e strutturali.

Il progetto di messa in sicurezza di viadotti e gallerie vale circa sei miliardi e mezzo di euro ed è il nucleo centrale del Piano economico-finanziario (Pef) di Strada dei Parchi, bloccato al ministero della Infrastrutture dal 2013 e sul quale sono stati nominati due commissari. Nei giorni scorsi, dopo un contenzioso decennale, il governo di Mario Draghi ha deciso di battere la strada della revoca anticipata delle concessioni, che scadrebbero nel 2030. Per sfrattare l’inquilino Toto, il padrone Stato dovrebbe spendere circa due miliardi e mezzo, tra debiti da rilevare e indennizzi. Significa che la nazionalizzazione costerebbe nove miliardi, lavori compresi, ovvero addirittura un miliardo in più di quanto è costato rilevare Autostrade per l’Italia dai Benetton (oltre ai 12 miliardi di debiti, naturalmente).

Ma come si è arrivati a questo finale assurdo? Detto che le norme di sicurezza sono cambiate dopo la vittoria della concessione, i Toto non sono ovviamente una società filantropica e negli anni scorsi hanno provato il colpaccio. In sostanza, hanno detto allo Stato: «Noi mettiamo quattro miliardi per i lavori e il pubblico intanto ne mette due. Poi il resto ce lo rimborsa nel tempo allungandoci anche le concessioni». E naturalmente aumentando anche i pedaggi, che sono fermi dal 2015. Sulla proposta del concessionario è partito il braccio di ferro, imbastardito da un lato dai ricatti occupazionali, dall’altro dal fiorire di ben quattro inchieste di quattro procure diverse sulla sicurezza di A24 e A25.

Lo scorso 23 aprile, la Procura di Teramo ha chiesto il rinvio a giudizio di alcuni dirigenti di Strada dei Parchi, tra cui il patron Carlo Toto, per i reati di inadempimento di contratti di pubbliche forniture e attentato alla sicurezza dei trasporti. L’inchiesta riguarda la sicurezza e la manutenzione di sette viadotti del versante teramano. Identica iniziativa, il 12 novembre scorso, da parte della procura di Sulmona, che vuole mandare a giudizio i dirigenti del concessionario per gli stessi reati, ovviamente nel tratto di sua competenza. È all’udienza preliminare, poi, l’inchiesta della Procura dell’Aquila, che contesta a Toto senior e ai suoi manager, a vario titolo, i reati di attentato alla sicurezza dei trasporti e crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, inadempienza e frode nelle pubbliche forniture. Sugli stessi fatti, ovviamente nella parte di propria competenza, indagano anche i pm di Pescara dal febbraio 2019.

Dalle carte dell’inchiesta aquilana emergono alcuni episodi che dimostrerebbero la capacità di lobbing del gruppo Toto, secondo i pm capaci di «imboccare» i sindaci abruzzesi per protestare contro il governo che non dà il via libera a quel Piano economico-finanziario di oltre tre miliardi. A giugno 2019, un dirigente della società è intercettato mentre corregge al telefono la lettera che 108 sindaci stavano per mandare al ministro delle Infrastrutture dell’epoca, Danilo Toninelli. E in altre intercettazioni dei dirigenti di Strada dei Parchi si parla apertamente di un presunto ammorbidimento del governo Conte I nei confronti del gruppo Toto, per la sua disponibilità a dare una mano nel salvataggio di Alitalia. Ma l’inchiesta che sotto questo punto offre gli squarci più interessanti è quella fiorentina sulla Fondazione Open di Matteo Renzi.

Nell’udienza preliminare iniziata lo scorso 4 aprile c’è un’informativa della Guardia di finanza che lega un finanziamento da 800 mila euro di Alfonso Toto all’avvocato renziano Alberto Bianchi per una prestazione professionale ai tentativi di approvare in Parlamento modifiche favorevoli sulle concessionarie autostradali. In attesa che tutte queste accuse vengano dimostrate, per A24 e A25 si è messa in moto la strada della revoca. I Toto, che ormai si sono buttati a capofitto nel business delle energie rinnovabili con Renexia, in particolare negli Stati Uniti, potrebbero cedere la mano per due miliardi e mezzo di euro. Allo Stato resterebbero lavori per circa sei miliardi e mezzo, per mettersi in regola con se stesso. Seguendo lo schema dell’operazione Autostrade-Benetton, basta invitare al tavolo uno dei tre o quattro fondi esteri che nell’Italia di Mario Draghi ormai fanno tutto quanto, dalle autostrade alle reti 5G, e i conti si fanno tornare. Ci sarebbe forse un problema di Antitrust ad aggiungere altri 300 chilometri al quasi-monopolio di Autostrade per l’Italia, ma soprattutto bisognerebbe rivedere i conti del piano finanziario che avevano sfornato i Toto. Un piano che prevedeva aumenti del 375 per cento entro il 2030, con pedaggi che sarebbero saliti del 15,8 per cento ogni anno. Per fare un esempio: una tratta come L’Aquila Ovest-Roma passerebbe da 11,60 a 55,10 euro. Il problema è che un’autostrada di montagna in zona sismica forse non è remunerativa e non andrebbe affidata ai privati. Ma ora, per metterla in sicurezza e riportarla in mani pubbliche, tocca essere generosi con i Toto almeno quanto lo si è stato con i Benetton. In fondo, i costruttori chietini non hanno neppure fatto cadere un ponte.

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In seguito alla pubblicazione dell’articolo che avete appena letto, la redazione di Panorama è stata raggiunta da una lettera di precisazione dell’avvocato Alberto Bianchi citato, appunto, dal suddetto articolo. Per correttezza, la pubblichiamo integralmente.

Gentile direttore,
leggo sul numero odierno del suo settimanale che il Gruppo Toto mi avrebbe finanziato con 800 mila euro. La notizia è falsa. Il Gruppo Toto ha pagato una parcella professionale per una prestazione legale svolta a suo favore per un corrispettivo oggetto di un previo accordo, come è prassi per ogni avvocato. La prego di pubblicare con pari evidenza questa mia rettifica e, quanto alle carte del processo Open, sono certo che la stessa attenzione sarà riservata da Panorama alle verità della difesa, e non solo alle tesi dell’accusa, nel corso del suo prossimo svolgimento.
Cordialmente
Avv. Alberto Bianchi

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