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Trump graffia un Biden sulla difensiva

Trump graffia un Biden sulla difensiva

Il secondo dibattito in vista delle elezioni presidenziali tra i due candidati si è svolto in un clima più sereno

Un po’ più costruttivo e cattivo al punto giusto. Il secondo dibattito televisivo tra Donald Trump e Joe Biden non ha brillato per momenti memorabili, ma – complici anche le nuove regole sui microfoni – ha avuto uno svolgimento tutto sommato più lineare e comprensibile. Moderato dalla giornalista di Nbc News Kristen Welker, il confronto si è dipanato per novanta minuti, con i due contendenti che se le sono date di santa ragione su svariati temi: dalla sanità al clima, passando per la sicurezza nazionale e le accuse personali. Rispetto al duello di settembre, Trump è apparso decisamente più calmo (pur con qualche deciso guizzo di esuberanza), mentre Biden – dal canto suo – ha cercato di ribadire la propria immagine di candidato moderato e preparato, pur accusando – soprattutto nella parte finale – alcuni segni di stanchezza. In generale, la strategia messa in campo dai due rivali si è confermata quella del mese scorso. L’ex vicepresidente ha cercato di presentare l’avversario come un incompetente sconclusionato, mentre l’inquilino della Casa Bianca ha replicato additando Biden come un politico di professione che – in quarantasette anni di carriera – non è riuscito a conseguire alcun risultato significativo.

Come che sia, nonostante i toni meno accesi rispetto a settembre, il confronto si è in gran parte incentrato su un andirivieni di accuse personali. Biden è andato efficacemente all’attacco sulla dichiarazione dei redditi del presidente, non risparmiando critiche al suo conto corrente in Cina: conto corrente, di cui è stato il New York Times – pochi giorni fa – a rivelare l’esistenza. Trump, dal canto suo, ha invece affilato i propri strali sulle email, recentemente pubblicate dal New York Post: email, che gettano su Biden dei forti sospetti di conflitto di interessi, risalente ai tempi della sua attività come vicepresidente. In particolare, secondo il New York Post, il figlio di Biden, Hunter, avrebbe presentato nel 2015 suo padre a un consulente della società energetica ucraina in cui lavorava, Burisma Holdings, per sfruttare a vantaggio di quest’ultima l’influenza politica del genitore. Inoltre, la testata sostiene che lo stesso Hunter avrebbe cercato di concludere opachi affari con un’azienda energetica cinese. Biden, ieri sera, ha negato le accuse, dichiarando di non aver commesso nulla di “non etico”. Scintille si sono registrate anche sui “poteri forti”, con Trump che ha rinverdito la sua classica carica antisistema, accusando il rivale di essere al soldo di Wall Street: una linea di attacco che contro Hillary Clinton quattro anni fa si rivelò efficace. “Sei tu quello che prende tutti i soldi da Wall Street, io non li prendo”, ha detto il presidente. “Hai raccolto molti soldi, enormi somme di denaro. E ogni volta che raccogli denaro, vengono conclusi accordi”, ha aggiunto.

Venendo ai temi affrontati, la prima ora di dibattito si è rivelata relativamente equilibrata, con i due contendenti che hanno riproposto le proprie consuete posizioni: un elemento che non sarà probabilmente destinato a spostare significativamente voti. Nella sezione dedicata alla crisi pandemica, Biden ha messo in evidenza le preoccupazioni per la salute e Trump quelle per lo stato dell’economia: il primo non ha escluso nuove chiusure, mentre il secondo ha sostenuto che scuole e imprese debbano restare aperte. Nella sezione sull’immigrazione clandestina, Trump ha confermato la linea dura, Biden invece quella maggiormente aperturista. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole, con i duellanti che hanno rappresentato le antitetiche esigenze di due Americhe sempre più divise.

È semmai nella parte conclusiva del confronto che Trump è riuscito ad assestare due colpi efficaci all’avversario. Innanzitutto lo ha incalzato, chiedendogli per quale ragione non abbia messo in campo le ricette politiche che propone oggi, durante la sua lunga attività come vicepresidente e senatore del Delaware: se in un primo momento ha glissato sulla questione, Biden si è alla fine trincerato dietro la (un po’ troppo) comoda spiegazione del Congresso repubblicano che bloccava le iniziative dell’amministrazione Obama. È anche in questo quadro, che Trump ha cercato di rispedire al mittente alcune delle critiche mossegli dall’avversario: quando Biden ha attaccato la politica di separazione delle famiglie al confine meridionale, il presidente ha sottolineato che – come già fatto presente dall’Associated Press lo scorso agosto – fu l’amministrazione Obama a realizzare le “gabbie” in cui gli immigrati clandestini vengono temporaneamente collocati al loro arrivo.

In secondo luogo, Trump è stato abbastanza incisivo sul tema ambientale, mettendo in evidenza le ambiguità di Biden in materia di fratturazione idraulica. In realtà, non si tratta di una novità: l’attuale presidente ha sempre difeso a spada tratta questa controversa tecnica di estrazione del gas naturale, mentre il candidato dem ha dovuto ripetutamente trovare un equilibrio tra l’ala più ambientalista del Partito democratico e le posizioni dei colletti blu della Rust Belt. L’elemento parzialmente nuovo stavolta risiede tuttavia nella piega che la corsa elettorale sta ormai assumendo in uno Stato chiave come la Pennsylvania, la cui economia – ricordiamolo – è fortemente legata alla fratturazione idraulica. Ebbene, proprio in Pennsylvania, Biden – secondo la media sondaggistica di Real Clear Politics – mantiene attualmente un vantaggio inferiore a quello che, il 22 ottobre 2016, deteneva in loco Hillary Clinton. La battaglia in quest’area è quindi aspra e Trump (non certo da oggi) punta moltissimo sulla fratturazione idraulica per espugnare nuovamente questo Stato. Non è quindi escludibile che il dibattito di ieri sera possa dargli una mano nel conseguimento di un simile obiettivo. In tal senso – nonostante gli instant poll della Cnn diano come vincitore della serata Biden con il 53% del gradimento – resta probabile che possa essere Trump il candidato a risultare maggiormente avvantaggiato dal secondo confronto presidenziale.

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