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Niente Nato per l’Ucraina, il problema dell’Articolo Cinque

Niente Nato per l’Ucraina, il problema dell’Articolo Cinque

Veti da alcuni alleati, precondizioni insufficienti e confini da ridefinire. Mentre incoraggiano colloqui di pace gli Usa avvertono: sarà necessario schierare truppe Nato tra russi e ucraini, ma non dovranno essere americane.

Niente Nato per l’Ucraina, lo ha sottolineato il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Pete Hegseth nella giornata di ieri durante un incontro a Bruxelles chiesto dal Regno Unito, sostenendo che l’adesione di Kiev è irrealistica, così come l’idea di tornare ai confini esistenti prima del 2014. Ma anche che per poter svolgere un negoziato con la Russia probabilmente servirà schierare truppe internazionali ma non statunitensi, fatto che preoccupa gli alleati degli Usa, impazienti di sapere anche quanto sostegno militare e finanziario Washington intende fornire all’Ucraina d’ora in poi. Sullo sfondo, l’idea che Trump voglia perseguire quanto ha sempre sostenuto durante il suo primo mandato, ovvero che le nazioni europee devono spendere più denaro in armamenti per restare nell’Alleanza. Hegseth nel suo discorso ha affermato che gli alleati devono aumentare la spesa perla difesa fino al 5% dei loro Pil, un traguardo che tuttavia al momento neppure gli Stati Uniti raggiungono.

“Gli Stati Uniti non tollereranno più una relazione sbilanciata che incoraggi la dipendenza; la nostra relazione darà priorità al rafforzamento dell’Europa affinché si assuma la responsabilità della propria sicurezza”, ha affermato Hegseth. A ben guardare gli alleati europei hanno già aumentato i loro budget militari da quando Putin ha invaso l’Ucraina, ma si stima che soltanto 23 nazioni abbiano raggiunto o superato l’obiettivo precedente del 2%. L’Italia non è tra questi, un terzo dei membri non ha ancora raggiunto quella soglia e nessun membro ha comunque aumentato la spesa al 5% del Pil, nemmeno la Polonia che staziona al 4,3%. Gli Usa sotto l’amministrazione Biden sono al 3,3%. Un argomento, questo, che i leader della Nato dovrebbero concordare in occasione del prossimo vertice programmato all’Aia dal 24 al 26 giugno. A proposito delle ipotetiche forze di sicurezza da schierare in Ucraina, queste secondo il Segretario Usa non dovrebbero avere la protezione “dell’articolo Cinque”, ovvero l’obbligo di intervento corale qualora dovessero scontrarsi contro forze russe. Il che è come dire di aprire un altro fronte identico a quello esistente, ma nel quale morirebbero soldati stranieri. Rivolgendosi all’Ukraine Defense Contact Group, il numero uno della Difesa Usa ha anche affermato che in quasi tre anni i Paesi alleati hanno fornito collettivamente all’Ucraina più di 126 miliardi di dollari in armi e assistenza militare, inclusi oltre 66,5 miliardi dagli Stati Uniti che hanno presieduto il gruppo dalla sua creazione.

Un fatto mai accaduto prima nella storia. Vero è che la maggior parte degli alleati Nato geograficamente situati nell’Europa dell’Est teme che, qualora “vinca” consolidando gli obiettivi della sua “Operazione speciale”, il presidente russo Vladimir Putin non si fermi ai confini dell’Ucraina facendo scoppiare un nuovo grande conflitto. Sullo sfondo, intanto, il fatto che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump abbia promesso di porre fine alla guerra in fretta, lamentandosi che sta costando troppi soldi ai contribuenti americani, con tanto di trattative dirette con Zelensky e preaccordi sull’accesso alle sue riserve di terre rare. Questo però non piace ad alcuni alleati come la Francia, che sul terreno ucraino hanno grandi aspettative. Prima che Hegseth parlasse, il segretario generale della Nato Mark Rutte aveva dichiarato all’agenzia Associated Press: “Dobbiamo assicurarci che la Russia non abbia altre opzioni se non negoziare, e questo significa costringerla a sedersi al tavolo, Mosca deve capire che non rinunceremo all’Ucraina. Dobbiamo assicurarci di avere il massimo impatto economico sulla Russia”. Resta però il nodo dell’articolo Cinque dello statuto dell’Alleanza Atlantica che rimane oggi la massima garanzia di sicurezza riguardo un’aggressione, garanzia che l’Ucraina cerca di ottenere da molto tempo. Ma stante la situazione in Donbass, del tutto instabile e lontana dal controllo ucraino, un’eventuale adesione di Kiev oggi porterebbe con certezza all’innesco di un nuovo conflitto inevitabilmente allargato proprio da quella garanzia.

Ci sono poi altri fattori: non tutti gli alleati della Nato sono d’accordo con l’ingresso dell’Ucraina: Slovacchia e Ungheria per esempio, con Viktor Orban che lo ha dichiarato in presenza di Zelensky l’11 luglio 2024. Non completamente chiara è poi la posizione della Turchia, con il presidente Recep Tayyp Erdogan che dichiarò: “Alla Nato non dovrebbe mai essere consentito di prendere parte alla guerra in Ucraina, la diplomazia non dovrebbe essere esclusa e i negoziati non significano necessariamente una resa”. Oltre all’assenso di tutti gli alleati per poter cominciare il percorso (Map) per l’adesione, per entrare nella Nato è necessario rispettare requisiti militari, politici, economici e legali. Tra questi possedere un sistema democratico solido – il mandato di Zelensky è scaduto – basato su un’economia di mercato, dimostrare il rispetto dei diritti umani e dello stato di diritto – e in Donbass l’Ucraina non l’ha fatto – l’attitudine alla risoluzione pacifica di eventuali conflitti – neppure -, quindi la volontà e la capacità di supportare le operazioni militari della Nato dimostrando standard di sicurezza adeguati nella gestione delle informazioni d’intelligence.

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