Bandabardò: il nostro segreto è la felicità
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Bandabardò: il nostro segreto è la felicità

A tre anni di distanza da Scaccianuvole, la band fiorentina tornacon un nuovo album: L'improbabile

Mentre ascoltavo per la prima volta il nuovo disco della Bandabardò, mi è venuto in mente quell'amico che d'estate gira per l'isola di Ponza con una maglietta nera. Sopra c'è il disegno di un pirata e una scritta: La libertà è sempre un buon bottino. Un motto che secondo me calzerebbe a pennello anche alla band fiorentina creata nel 1993 da Enrico Greppi e Alessandro Finazzo, per gli amici Erriquez e Finaz. Un po' per quella voglia di vivere senza catene vere o presunte (i falsi bisogni di cui è piena la nostra esistenza quotidiana) che da sempre ispira questo gruppo, un po' perché L'improbabile (è questo il titolo del nuovo cd) nasce dal desiderio di raccontare con il consueto stile provocatorio e trascinante l'amore, l'attualità, le sciocchezze che scandiscono la vita di tutti.

Giusto il tempo di segnalare il tour che toccherà tra l'altro Roma (3 luglio, Arena del Tennis), Pistoia (12 luglio, Blues Festival) e Milano (18 luglio, Carroponte), ed eccoci a fare quattro chiacchiere con Erriquez.

Bastano poche note per capire chi è a suonare: «L'improbabile» è un disco molto riconoscibile.

"Lo considero un complimento, perché in questa canzoni ci siamo noi al 100 per cento. Ci ha ispirato un luogo meraviglioso, la Libera Università di Alcatraz, sulle colline dell'Umbria. Qui siamo stati ospiti del Rettore Jacopo Fo (che è anche autore del disegno di copertina, ndr) e abbiamo cercato di assorbire la bellezza e l'umanità di questo posto unico. Il risultato è un lavoro in cui c'è la nostra voglia di essere felici, senza vivere in funzione del marketing e di altre cose che con noi non c'entrano niente".

Dev'essere una bella sensazione.

"Non sai quanto. La musica ci riempie la vita e noi ci sentiamo uguali alle persone che ci vengono a sentire, i capricci li lasciamo ad altri. Noi siamo cittadini, non solo musicisti, e ai nostri concerti non ci sono le autorità ma le persone come noi, affamate di vita e di normalità".

A proposito di concerti: avete maturato una «discreta» esperienza...

"In vent'anni siamo arrivati a quota 1376, eppure ogni volta mi sembra un miracolo. Non mi sembra vero vedere gente che ha speso tempo e denaro pur di venire a cantare a memoria le nostre canzoni.. In certi posti perfino gli anziani sanno le parole delle nostre canzoni, perché negli anni, concerto dopo concerto, siamo diventati amici. E poi abbiamo accumulato esperienze incredibili suonando ad Auschwitz e nelle regioni zapatiste: tutto merito della musica".

Che Italia vedete durante i vostri spettacoli?

"Quella che ci somiglia e ci commuove ogni volta. Una folla meravigliosa di gente ricca di umanità, che se ne frega degli status symbol e dei finti bisogni che questa società vorrebbe imporci. Perché l'unica cosa che conta è inseguire la felicità e, prima o poi, raggiungerla".

 

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Alberto Rivaroli