Beata ignoranza, Giallini e Gassmann contro: la recensione
I due mattatori della commedia italiana sono amici nemici divisi dalla tecnologia (e non solo), al servizio di Massimiliano Bruno
Nel 2001 Nessuno mi può giudicare era stato un fulgente esordio alla regia per Massimiliano Bruno. Prendendo spunto comico dal malcostume delle cronache contemporanee (escort e politica a luci rosse), appoggiandosi quindi a quel portento di Paola Cortellesi, aveva sbeffeggiato i vizi italiani facendo ridere allegramente, toccando quel miracolo tanto difficile da raggiungere che è la compiutezza.
Da allora il commediagrafo romano, dall'ampia attività teatrale alle spalle, ha cercato di replicare quegli ingredienti azzeccati, però senza mai ottenere lo stesso risultato equilibrato e pungente. Una spolverata di critica sociale, ampie quantità di comicità, gli attori migliori della commedia nostrana: ecco l'ultimo nato, il film Beata ignoranza, un altro tentativo spuntato che non replica le buone promesse di Nessuno mi può giudicare. Dal 23 febbraio al cinema, Beata ignoranza parla di relazioni ai tempi dei social network, di paternità, di scuola, senza imboccare una strada precisa e ricadendo in esasparazioni semplicistiche, gag stonate, conclusioni ovvie.
Gassmann e Giallini, amici nemici
Bruno, che è anche autore della sceneggiatura insieme a Herbert Simone Paragnani e Gianni Corsi, ingaggia una coppia di attori brillanti che promette scintille, Marco Giallini e Alessandro Gassmann, due amabili mattacchioni pieni di fascino. Giallini è in grande spolvero, ormai sempre più punta di diamante della commedia italiana, capace di iniettare nei suoi ruoli leggerezza e spessore al contempo. È anche fortunato (ma la fortuna non la si crea con il talento?) a ricevere in consegna personaggi simpatici ma sempre di una certa statura morale: si pensi al padre psicanalista di Tutta colpa di Freud o al marito amorevole di Perfetti sconosciuti. Per Gassmann invece un personaggio più guascone e superficiale, da belloccio senza troppi pensieri, molto simile ad altri vistigli addosso.
I due mattatori sono amici nemici in Beata ignoranza. Ex compagni d'infanzia e di adolescenza, l'amore per una donna, Marianna (Carolina Crescentini), li ha irrimediabilmente divisi.
Contrapposizione tra malati digitali e conservatori
Entrambi docenti, uno, Ernesto (Giallini), di letteratura, l'altro, Filippo (Gassmann), di matematica, si ritrovano a insegnare nello stesso liceo. E a contendersi l'interesse di un'altra donna (Valeria Bilello). Soprattutto, però, a porli su barricate contrapposte è la tecnologia. Ernesto è un oltranzista consevatore: aborrisce internet, si tiene alla larga dagli smartphone, a casa ha ancora la tv con il tubo catodico. Filippo invece è più connesso al suo smartphone che al suo cuore: in aula "insegna" usando le app e organizza foto di classe con gli alunni per postarle sui social.
Come fece Perfetti sconosciuti, la commedia che ha sbancato in Italia nel 2016, Bruno gioca con le storture causate dalla tecnologia, ma fa uso di esagerazioni tutt'altro che realistiche, ancora più smisurate di quelle adottate da Genovese. Potrebbe essere questa la strada giusta da prendere, quella delle iperbole comiche. Ma anche questa non è imboccata con decisione e coerenza stilistica.
La contrapposizione portata in scena sembra datata. "Tu chatti?", si stupisce Ernesto, con una battuta da fuori tempo massimo. Qua e là sono esplicitate morali, un po' troppo spicce, che mancano di originalità e profondità.
Svolte narrative disarmoniche
Tra Ernesto e Filippo sbuca anche una figlia condivisa, Nina (Teresa Romagnoli). Al fine di realizzare un fantomatico documentario, i due amici nemici si sottopongono all'esperimento dello scambio di ruoli, con risultati prevedibili: al supertecnologico è inflitta l'astinenza da connessione, all'amante di Baudelaire e di libri di carta è imposto di entrare in Rete.
Tra l'esplosione di un palazzo buttata lì come un sottaceto a colazione e la fuga di Nina che sembra tanto già vista, Beata ignoranza incappa in diverse svolte narrative disarmoniche.
Con fare ammiccante, ricorre anche ad espedienti narrativi che invece di conquistare disaffezionano, rendendo singhiozzante il ritmo: viaggi a ritroso nel tempo, personaggi che rompono la quarta parete e si rivolgono al pubblico, il volto in foto della defunta Marianna che si anima e dispensa consigli.
Emanuela Fanelli, una gioia
La sceneggiatura non sollazza granché, ma ogni tanto strappa dei sorrisi. "Tu perché sai tutte 'ste cose inutili", chiede nervosamente Ernesto all'operatrice del documentario. L'operatrice in questione, Iris, è interpretata da Emanuela Fanelli che, pur nel piccolo spazio concessole, non sbaglia un colpo. Il suo personaggio dal dialetto marcato e dalla personalità schiacciante è una bella pennellata, in un quadro mal riuscito.