Black Sabbath: la recensione di 13
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Black Sabbath: la recensione di 13

Il ritorno della formazione originale (ma manca il batterista, Bill Ward)

Fa un certo effetto vedere nelle stesse Top 10 il nuovo album dei Daft Punk e quello dei Black Sabbath. I primi sono il funky sound tecnologico e vincente della nuova generazione, i ragazzi del Sabba Nero sono invece gli ultimi eroi di un altro mondo sonoro, i pionieri del metal, ma soprattutto gli interpreti di una musica oscura, plumbea, a tratti claustrofobica. 13 è il primo album della vecchia formazione dei Sabbath da decenni (manca solo il batteriesta Bill Ward qui sostituito da Brad Wilk dei Rage Against the Machine). Lo ha prodotto Rick Rubin, il guru dei Red Hot Chili Peppers, una garanzia. 

Risultato? I Black Sabbath suonano credibili anche alla soglia dei settant'anni. Il disco non è ovviamente paragonabile ai capolavori di quarant'anni fa, ma ha un suo perché. Il sound della band a base di chitarre heavy blues e roboanti giri di basso funziona ancora. Ozzy è Ozzy, non azzarda le tonalità di un tempo, ma per la musica dei Black Sabbath non esiste un vocalist più adatto di lui. Non pigiano quasi mai sull'acceleratore i quattro. La formula è quella dei grandi riff sostenuti da tempi medi e giri di basso corposi (vedi Loner). End of the beginning e God is dead sono piacevoli reminiscenze dei Seventies. Come Damaged soul, con la bluesy-side di Toni Iommi in grande evidenza. 

In un tripudio di distorsioni e suoni potenti si staglia splendidamente l'unico episodio "soft", ovvero la bellissima Zeitgeist una ballad alla Sabbath. Intensa, ispirata, suonata con gusto e classe. Ecco, se c'è qialcosa che manca a 13 è il classico sound sporco e graffiante delle origini. Questi Sabbath in versione Rubin suonano un po' troppo patinati. Un piccolo difetto. Nulla se paragonato all'assenza di Bill Ward uno dei batteristi più geniali della golden age dell'hard rock. Un po' come se i Led Zeppelin avessero registrato un disco di inediti senza John Bonham...

I Black Sabbath in studio di registrazione

 

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Gianni Poglio