Bob Dylan premio Nobel per la letteratura - I 5 album più belli (e famosi)
Dai primi dischi folk alla svolta elettrica, gli album memorabili del bardo di Duluth
Elvis ha portato la fisicità, mentre Dylan ha portato la parola nel rock
13 ottobre 2016: Bob Dylan Premio Nobel per la Letteratura (in questo post celebravamo i 75 del grandissimo menestrello e le sue canzoni più note)
Bob Dylan, con 75 primavere sulle spalle, non ha più la voce ammaliante degli anni Sessanta, ma conserva intatti un carisma e un’intensità interpretativa che non ha eguali nella musica contemporanea
In oltre cinquant’ anni di carriera Robert Allen Zimmerman, da tutti conosciuto come Bob Dylan, ha attraversato la storia del folk e del rock sorprendendo sempre i critici e i fan con i suoi continui cambiamenti di stile. Si pensi agli ultimi due dischi Shadows in the night e Fallen angels, dove l'artista si è reinventato cantante confidenziale alla Frank Sinatra.
Dylan, che oggi festeggia il traguardo del 75 anni, è il cantautore più influente della storia del rock, che da portavoce del movimento pacifista degli anni Sessanta, quasi suo malgrado, è diventato via via un’icona di straordinario carisma.
Il bardo di Duluth ha raccolto l’ideale testimone dai suoi idoli giovanili Woody Guthrie e Pete Seeger e l’ha passato ad almeno due generazioni di cantautori. John Lennon, l’anima colta dei Beatles, ha riassunto bene la sua importanza: «Dylan ci ha indicato la direzione».
Vediamo insieme i 5 album fondamentali della sua carriera, una piccola, ma significativa parte della sua eccezionale produzione discografica. [Cliccare su Avanti]
1) Highway 61 Revisited (1965)
"Non potevo continuare a fare il cantante folk solitario che strimpella Blowin' in the wind per tre ore ogni sera" . Così Dylan ha spiegato la clamorosa "svolta elettrica" del 1965, iniziata pochi mesi prima con il lato A di Bring it all back home e portata a pieno compimento in Highway 61 Revisited, da molti considerato l'album più bello o comunque il più importante della sua carriera. La Highway 61 del titolo è la superstrada che unisce il Nord degli Stati Uniti al Sud, collegando idealmente il blues di Chicago al southern rock. Affiancato da una all star del blues elettrificato (Al Kooper, Mike Bloomfield, Paul Griffin, Bobby Gregg, Harvey Brooks e Sam Lay), l'album, a partire dall'iconica Like a rolling stone e proseguendo con From a Buick 6 e Just like Tom Thumb's blues, è una continua scarica di adrenalina, grazie anche alla sapiente mano del produttore Bob Johnston. Le due facciate di Highway 61 Revisited si chiudono con le magnifiche slow tempo Ballad of a thin man, storia di un anonimo Mr.Jones ammantata del tipico cinismo dylaniano, e Desolation row, in cui lo sguardo disincantato del bardo di Duluth si posa sui bizzarri protagonisti dell'altra America, quella lontana dai lustrini e dai riflettori.
2) Blood on the tracks (1975)
Se c'è un album di Dylan in grado di reggere il confronto con i capolavori degli anni Sessanta, quello è Blood on the tracks del 1975, giunto quasi per magia dopo un inizio di decennio turbolento dal punto di vista discografico. Una delle migliori raccolte di canzoni d'amore della storia del rock, anche se alla maniera di Dylan, incentrata sull' amore perduto, tormentato, incerto e conflittuale. Tangled up in blue, You're e big girl now e If you see her say hello sono da annoverare tra i vertici dell'arte dylaniana. Blood on the tracks è uno dei dischi più maturi, equilibrati musicalmente e sinceri della sua vasta discografia.
3) Bring it all back home (1965)
Fin dalla copertina di Bring it all back home, sfocata, colorata ed enigmatica, è evidente che nel 1965 ci troviamo di fronte a un nuovo Dylan, probabilmente stanco di incarnare la coscienza collettiva dei giovani pacifisti americani. Ci piace immaginare lo stupore dei puristi del folk quando si sono trovati ad ascoltare per la prima volta in vinile Subterranean homesick blues, Maggie's farm e Outlaws blues, veementi brani rock-blues di straordinario impatto. Il lato B, più tradizionale ed acustico, è aperto da Mr. Tambourine man (che nello slang americano indica la figura dello spacciatore), un brano che, da solo, vale un'intera carriera.
4) The times they are a-changin' (1964)
E' difficile escludere dalla nostra Top 5 un album eccezionale come The freewheelin' Bob Dylan ma, dovendo scegliere un solo disco del Dylan folksinger, non si poteva tenere fuori un capolavoro assoluto come The times they are a-changing, il culmine della prima fase della sua carriera, prima della svolta elettrica. La title track, probabilmente il suo brano più apertamente politico, diventò un manifesto dell'epoca, oltre che un accorato appello a rimanere uniti e a guardare nella stessa direzione in un periodo di profonde trasformazioni economiche e sociali. Dopo le canzoni di protesta Ballad of Hollis Brown, Lonesome death of Hattie Carroll, With God on our side e One too many mornings, la ballad Boots of spanish letter, ispirata dalla fiamma di allora Suze Rotolo, rivela il lato più intimo di Dylan, quasi un' anticipazione della poetica di Blood on the tracks del 1975.
5) Blonde on blonde (1966)
Blonde on Blonde, pubblicato il 16 maggio del 1966, è il coronamento di una prima parte di carriera straordinaria e irripetibile, con sei capolavori su sette album pubblicati. Bisognerà aspettare il 1975, anno di pubblicazione di Blood on the tracks, per ritrovare un Dylan così ispirato. In un periodo in cui i 33 giri erano formati da 8-9 brani, Blonde on Blonde conteneva ben 14 brani, quasi tutti di durata superiore a i 5 minuti. Per questo fu necessario stamparlo su due 33 giri, cosa mai accaduta prima d’ora, rendendolo il primo doppio album della storia del rock, seguito ad agosto da Freak out di Frank Zappa.
Il sound rock-blues del disco, descritto da Dylan come “sottile, sfrenatamente mercuriale”, fu esattamente quello che il bardo di Duluth aveva già in testa fin da Highway 61 Revistited, ma qui ancora più compatto e rifinito. Merito degli straordinari musicisti che lo accompagnarono in studio: la Band al completo, l’organista Al Kooper, il chitarrista degli Hawks Robbie Robertson e turnisti locali come il batterista Kenneth Buttrey e il pianista Hargus “Pig” Robbins.
Durante una delle session negli studi Columbia di Nashville dà un piccolo contributo anche Johnny Cash, anche se il suo nome non appare nei credits del disco.
Visions of Johanna, Just like a woman e a Rainy Day Woman #12 and 35 sono alcuni dei migliori testi mai realizzati da Dylan. E’ incredibile la facilità con la quale l’artista scriveva allora canzoni indimenticabili, una dopo l’altra, chiuso in studio di registrazione mentre i suoi musicisti giocavano a carte, in attesa che il brano fosse pronto.
(questo post è stato pubblicato per la prima volta il 24 maggio 2016)