Boom di mariti che non versano l'assegno di mantenimento, causa Covid-19
La crisi legata all'epidemia ha scatenato l'emergenza assegni. Ma tra molte persone in difficoltà vera ce ne sono parecchie che se ne approfittano
"Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare", ci insegnò il celebre filosofo latino Lucio Seneca.
Ed invece l'emergenza Covid-19 pare stia trasformando moltissimi mariti (soprattutto loro) in lupi di mare esperti, pronti a cogliere il 'vento in poppa' e trasformare una tragedia nell'opportunità di vedere alleggerito il portafoglio da quel fastidioso e mai tollerato onere periodico di versare assegni di mantenimento a mogli e figli.
E ben venga se ai TG nazionali e locali rimbalzano servizi sempre più allarmistici sul rischio di povertà che incombe quale effetto collaterale del lockdown e del blocco del Paese: è tutta linfa che alimenta il fatidico annuncio.
"Cara, dal prossimo mese non sarò più in grado di versarti gli assegni stabiliti, causa crisi lavorativa conseguente al coronavirus". Forse il "Cara" è un mio eccesso di gentilezza che nei fatti non esiste. Ma tant'è.
E infatti, i più scaltri passano direttamente alle vie di fatto riducendo, senza preavviso, i plafond delle carte di credito utilizzate per il sostentamento dei figli, con l'effetto di procurare sgomento e angoscia alla poveretta di turno che, dopo una massacrante fila di ore per la spesa settimanale al supermercato, equipaggiata di mascherine e guanti, si imbatte nel niet della cassiera.
E pazienza se con il coronavirus mogli e figli continuano a mangiare, a vestirsi, a consumare utenze.
Oggi, il necessario lockdown imposto a tutti noi per salvaguardare la nostra salute, si è tradotto, per alcune sventurate ex mogli, in un regime di reclusione che alimenta il loro senso di impotenza soprattutto una volta compreso che la chiusura dei Tribunali non consentirà di reagire, in tempi accettabili, agli arbitrii di chi può decidere cosa e quanto dare, in barba agli accordi presi o ai provvedimenti in vigore.
E pazienza se con il coronavirus il furbetto, magari adagiato mollemente in qualche dimora di vacanza e in buona compagnia, non abbia avuto che disagi indiretti, compensati in altro modo (magari dal Governo, dalla Cassa di previdenza professionale o dall'azienda di appartenenza).
E pace amen se magari la crisi sia momentanea e potrà riassorbirsi nei mesi futuri.
In epoche di Tribunali chiusi c'è già chi, in barba alla crisi di liquidità lamentata, ha dato pronto mandato ai legali (ma quei denari non avrebbero potuto essere spesi per onorare gli impegni economici verso la propria famiglia?) per inoltrare domande giudiziali di modifica delle condizioni di separazione o divorzio, appunto per ottenere riduzioni o azzeramenti degli assegni alimentari.
Sarebbe da auspicare che i Giudici facciano strage di questi ricorsi, perché per la stragrande maggioranza non sono altro che figli dell'opportunismo di chi vive unicamente pensando a come ridimensionare le proprie uscite finanziarie.
Se poi la parte danneggiata sono le odiate ex consorti, meglio ancora. I figli? Sacrificabili.
Affinché un Giudice possa accogliere queste domande di abolizione/riduzione degli assegni è necessario provare in modo rigoroso non solo una modificazione peggiorativa e significativa dei propri redditi, ma anche che questa abbia caratteristiche di continuità, stabilità, difficile reversibilità.
Oggi è troppo presto per dirlo: ancora nulla si conosce del futuro e i Governi di quasi tutti gli Stati interessati hanno varato manovre poderose di immissione di liquidità alla popolazione, per salvaguardare i redditi delle famiglie.
Quello che adesso è da scongiurare è un cortocircuito sociale che generi proprio quelle situazioni che questi disonesti marinai vorrebbero sfruttare.