L'addio di Mancini alla Nazionale, ultimo esempio di un calcio rovinato
Il modo, una mail e non una telefonata, scelta dall'ex ct per dimettersi dalla guida della Nazionale è solo l'ultimo esempio di una estate in cui il gioco più amato del mondo ha visto i suoi difetti crescere a dismisura
Nessuno sa cosa ci sia dietro la decisione di Roberto Mancini di lasciare la Nazionale; «motivi personali» è una espressione che vuol dire tutto e niente. Può significare che sia pronto a firmare un contratto come nuovo ct dell’Arabia Saudita (ipotesi avvalorata da diversi quotidiani secondo i quali le trattative sarebbero iniziate due mesi fa) come può voler dire che ha avuto un improvviso e complicato problema oppure che si sia soltanto stufato. Se le ragioni quindi rimangono un mistero (e lue critiche su questo valgono zero) si può invece commentare il «modo» con cui Mancini ha dato la notizia alla Federazione ed agli italiani, partendo dal presupposto che la Nazionale, essendo la squadra di tutti, merita maggiore rispetto di una qualsiasi seppur prestigioso club.
Invece l’ex capitano della Sampdoria ha deciso di dire addio con una pec, una mail mandata da Mykonos dove si trova in vacanza. Mail, risulta dalle cronache, arrivata poche ore dopo una telefonata tra Mancini ed il Presidente della Figc, Gravina, in cui i due avrebbero discusso di tante cose senza però che Mancini neppur lontanamente ipotizzasse l’ipotesi del passo indietro.
Non è così che ci si lascia, soprattutto non è così che si lascia la Nazionale. Minimo avrebbe imposto al «Mancio» di prendere il cellulare, richiamare Gravina a poche ore dall’ultima telefonata, e spiegare a voce la cosa, avendo così il coraggio delle proprie azioni. Invece Mancini ha scelto un’altra strada, decisamente meno signorile, meno di talento, meno da persona seria come su uno lasciasse la moglie (calcistica, in questo caso) con un messaggio whatsapp. Questo si, indigna; questo, si fa rabbia.
Ad essere onesti però fino ad un certo punto. Perché questa estate del calcio, anzi del calciomercato, ci ha definitivamente aperto gli occhi su una cosa: non ci sono più regole, valori, stile.
Abbiamo ad esempio visto Lukaku che mentre sui social giurava amore eterno all’Inter in realtà era già pronto a volare alla Juventus, scelta sportivamente legittima, ci mancherebbe. Ma perché arrivare a mentire, anzi, ad ingannare volutamente? Da quando l’onestà è un difetto?
Abbiamo visto poi procuratori, agenti, intermediari fare di tutto di più; pensate alla vicenda di Lazar Samardzic, il giocatore dell’Udinese per il quale l’Inter ed i friulani avevano trovato un accordo sul trasferimento, con tanto di visite mediche effettuate a Milano (ed albergo pagato dai nerazzurri) quando ecco che il padre al momento della firma si sarebbe presentato in sede con nuovi intermediari e nuove richieste economiche. Come dire: nemmeno i contratti alla firma valgono più: pure quelli carta straccia.
Il tutto nell’estate in cui il calcio europeo è stato sconvolto dal fiume di denaro arrivato dall’Arabia Saudita che si è portato via a suon di offerte irrinunciabili (ultima: 90 mln l’anno per due anni a Neymar. Impossibile dire di no, altro che storie) campioni non solo a fine carriera il tutto per riuscire ad accaparrarsi i mondiali di calcio del 2030 o del 2034.
Insomma, un marciume, del quale però gli italiani (non solo noi, sia chiaro) non riesce a farne a meno. Gli idoli passano, le squadre restano; compresa la Nazionale oggi alla caccia di Spalletti o di Antonio Conte (e dal punto di vista tecnico potrebbe addirittura essere un bene) per ritrovare entusiasmo e, magari la partecipazione alla prossima Coppa del Mondo dopo l’assenza nelle ultime due edizioni. Una cosa però è chiara: questo calcio fa sicuramente più schifo rispetto a quello di 20 anni fa.
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