Arbitri, la paura di scusarsi
Le reazioni al chiarimento offerto dopo l'errore di Serra contro il Milan, la marcia indietro e le smentite: l'operazione trasparenza, però, non si può fermare - DOPO MILAN-SPEZIA, SALVATE IL SOLDATO SERRA
Niente scuse e niente smentite. Niente di niente, come se la sera di Milan-Spezia con l'errore mastodontico dell'arbitro Serra e la reazione composta degli uomini di campo (calciatori, dirigenti e vertici arbitrali presenti allo stadio) fosse da cancellare: una macchia sulla storia e credibilità dell'associazione dei fischietti italiani che si sta aprendo al dialogo e al futuro come mai fatto in passato. Non siamo ancora pronti a vedere cadere il tabù dei direttori di gara che si scusano per uno sbaglio. E non è colpa dell'AIA e di chi la dirige, se la reazione all'umanissimo scambio di opinioni a caldo tra Serra, i milanisti, il vice del designatore Rocchi e il Milan è stato uno scandalizzato e pretestuoso "allora adesso scusatevi anche con noi". E giù a percorrere a ritroso la storia del campionato fino al gol di Turone, mischiando realtà e suggestioni e finendo col rovinare il quadro di San Siro.
Non esiste alcuna smentita alle scuse rivolte dall'AIA al Milan, semplicemente perché non ci sono state scuse ufficiali di cui ci possa essere traccia. Ma questo non significa che nel ventre di San Siro non sia successo qualcosa che assomiglia molto alle scuse, nel senso di condivisione del dispiacere per un episodio così impattante sul risultato di campo. Fatta a titolo personale, ma da chi ha un ruolo nel mondo dei direttori di gara e non passava lì per caso. Non è poco, visto che in passato l'AIA e chi la rappresenta ha spesso tenuto il punto anche contro l'evidenza.
Che poi sia passato il concetto (quello, sì, smentito) delle scuse ufficiali in carta bollata è la conferma che il calcio italiano e tutto quello che lo circonda faticano a mettersi al passo con i tempi. E faticano anche a immaginare che, in un'ottica trasparente, gli arbitri possano ammettere di aver preso un abbaglio, esserne dispiaciuti esternandolo e non per questo doversi poi sentire in debito futuro con chi è stato danneggiato.
Perché il non detto di chi ha costretto a faticose precisazioni e smentite-non smentite è proprio questo: chi è danneggiato oggi avrà un risarcimento domani. Un'occasione persa dentro un processo inarrestabile. Da quando Alfredo Trentalange è diventato presidente dell'AIA abbiamo cominciato a vedere gli arbitri in televisione (e anche qui il primo esperimento è fallito e non per colpa di Orsato), si è aperta la sala Var ai giornalisti svelandone il sistema di lavoro e facendo ascoltare i dialoghi e si è cercato di far cadere il muro di diffidenza reciproca. E il futuro è ancora maggiore trasparenza con la pubblicazione della spiegazione degli episodi del campionato. Quando? Serve tempo perché il sistema lo digerisca ma la strada è tracciata. E neanche l'aver compreso che le 'scuse' degli arbitri rimangono ancora un tabù dovrà far deviare dal punto d'arrivo.
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