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Calcio

Atalanta tra Europa League e Coppa Italia: appuntamento con la storia

Il club bergamasco sta raccogliendo i frutti di un lavoro straordinario. Potrebbe essere l'ultimo ballo di Gasperini e sarebbe un peccato: perché non sognare in grande e puntare allo scudetto?

La prima, storica, finale europea in 117 anni di storia non è frutto del caso e nemmeno dell’allineamento favorevole dei pianeti. L’Atalanta che sta vivendo il maggio più bello di sempre, in corsa per un posto Champions in campionato e con davanti l’appuntamento di Coppa Italia ed Europa League da giocarsi a Roma e Dublino rappresenta un modello italiano di cui andare orgogliosi. Alzare o no un trofeo, circostanza che alla Dea è riuscita una sola volta con la Coppa Italia vinta nel 1963, non sarà un dettaglio e stabilirà il confine sottile tra trionfo leggendario e stagione straordinaria senza lieto fine. Dunque, che sia l’una o l’altra oppure entrambe, la squadra di Gasperini ha il dovere morale di provarci fino in fondo.

La Juventus e il Bayer Leverkusen hanno mezzi e storia per non entrare da sfavoriti nelle due sfide che chiuderanno il cammino dei bergamaschi. L’Atalanta ha dimostrato, però, di avere tutto per portare a compimento un ciclo bellissimo in cui è mandato fin qui solo il suggello di un trofeo. Lo merita il Gasp, che potrebbe essere alla last dance bergamasca e che è stato l’architetto di una fase irripetibile. Lo merita la famiglia Percassi, capace di sviluppare il club con logiche industriali di successo, dotarlo di un presente carico di onori e di un futuro che si annuncia stabile e continuo.

Da tempo si magnifica la capacità atalantina di far crescere i giovani, portarli ad esprimere il loro massimo potenziale e poi venderli creando plusvalenze da centinaia di milioni di euro. E’ solo un pezzo del metodo artigianale che sta rendendo grande questa società, una delle poche in Italia ad aver deciso di reinvestire buona parte di questi utili in infrastrutture acquistando lo stadio e rifacendolo pezzo dopo pezzo. Il Gewiss Stadium è un gioiello che ad agosto sarà finalmente completo, inserito nel tessuto di una città che si identifica completamente nell’Atalanta e nelle sue vicende e che ha compreso la potenzialità del mettersi al servizio dei Percassi per aiutarli nel processo di crescita, non nel creare ostacoli burocratici inutili e dannosi.

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Ormai l’Atalanta è una grande del calcio italiano. Lo è a dispetto di una dimensione economica lontana dalle big, con un fatturato di circa 200 milioni di euro che è la metà di quelli di Juventus, Milan e Inter ma anche con conti a posto e margini di crescita enormi soprattutto se riuscisse nell’impresa di stare stabilmente per qualche stagione nel lotto della Champions League. Possibile? Certamente, senza più dover scomodare il termine ‘miracolo’. Anche l’avvento di un socio americano come Stephen Pagliuca non ha cambiato l’identità della società. I punti cardine sono semplici: legame con il territorio, scouting continuo, investimenti sul settore giovanile, tempo concesso a tutti per crescere e comprensione reciproca di obiettivi e strumenti per ottenerli.

Un finale di stagione così potrebbe invogliare qualcuno dei protagonisti a considerare concluso il proprio ciclo. Sarebbe un peccato. Il riferimento principale è per Gianpiero Gasperini il cui contratto scade nel 2025 ma che, come ha confermato Percassi, troverebbe le porte aperte in sede nel caso volesse esprimere la necessità di percorrere altre strade. Una forma di riconoscenza, ma la verità è che sarebbe bello osservare la parabola dell’Atalanta misurarsi anche con un sogno che pare irrealizzabile. Ha detto tante volte il Gasp che lo scudetto non è una cosa da Dea. Ha ragione pensando con raziocinio. Ma anche l’Atalanta a giocarsi finali e a spaventare tutti in Italia ed Europa non era qualcosa di preventivabile e allora si può provare a sognare gettando la ragione oltre l’ostacolo. Non prima di essere passati da Roma e Dublino e aver risposto presente all’appuntamento con la storia.

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Giovanni Capuano