La rivincita di Inzaghi
L'Inter si ritrova in Europa e si avvicina alla semifinale di Champions League. Il tecnico più contestato si alza dal banco degli imputati ma anche la vittoria con il Benfica potrebbe non essergli sufficiente
Dunque, aveva ragione Simone Inzaghi: all'Inter delle ultime settimane serviva il gol perché le prestazioni, pur con le dovute postille dovute a qualche passaggio a vuoto di troppo, non erano da squadra in caduta libera come la classifica del campionato dice. Aveva ragione Inzaghi e a Lisbona l'Inter è stata quella che ha in testa da sempre: attenta in difesa, capace di palleggiare quando serve e cinica in attacco. Contro Fiorentina e Salernitana non erano bastati 40 tiri verso la porta avversaria per andare oltre un misero golletto (e un punticino inutile). Contro il Benfica la percentuale produttiva è stata di altro livello e trovando la via della rete i nerazzurri hanno trovato anche una vittoria che avvicina di molto la semifinale in Champions League.
Dovesse accadere, è giusto dire che sarebbe un risultato straordinario in un'epoca storica in cui il calcio italiano non è dominante in Europa. E anche che ci sarebbe molto del lavoro di Inzaghi che già un anno fa aveva regalato partite di grande spessore come la vittoria amara ad Anfield contro il Liverpool, dopo un'andata giocata a lungo alla pari, o la prima contro il Real Madrid a San Siro. In autunno ha dipinto il suo capolavoro mettendo fuori il Barcellona che si avvia a trionfare in Liga. Le avvisaglie della semina c'erano, insomma, non deve sorprendere che ora arrivino anche i frutti.
Non è dato sapere se il cammino di Champions League da 5 vittorie e 2 sole sconfitte fin qui, entrambe con il Bayern Monaco, possa bloccare il processo di separazione che sembra essere il finale scontato della storia tra Inzaghi e l'Inter. Se bisogna seguire il filo dei commenti, per i quali i successi sono merito dei giocatori e le cadute colpa solo dell'allenatore, il suo destino pare comunque segnato. Inzaghi ha colpe evidenti negli stenti di campionato, che resta la priorità assoluta con l'obbligo di centrare uno dei primi quattro posti pena il ridimensionamento del progetto sportivo, ma al contrario di quanto pensano i suoi detrattori ha anche molti alibi e meriti enormi.
Allena un'Inter più debole di quella lasciata da Conte nell'estate 2021, dentro una situazione societaria precaria e che definire complessa è limitativo, con mezza rosa in scadenza di contratto e alcuni giocatori cardine sul piede di partenza. Non ha avuto per lunghissimi mesi Brozovic e Lukaku e ha avuto a metà servizio Skriniar: basterebbe questo per dire, con onestà mentale, che ha allenato una squadra lontana da quella immaginata e costruita dai suoi dirigenti. Lo ha fatto spesso in silenzio e quando ha parlato ha sbagliato: errore che nessuno sembra disposto a perdonargli.
In questa stagione sulle montagne russe potrà godersi poco la gioia del sacco del Da Luz. La partita più importante è sempre la prossima, nello specifico quella con il Monza a San Siro in cui l'Inter si gioca la possibilità di restare agganciata al treno della Champions League futura. Una pena del contrappasso anche per gli errori suoi con la differenza che Inzaghi li sta pagando tutti mentre altri rimangono al coperto. Si dice che a fine anno potrebbe essere lui a spiegare di essere stanco del giochino; non sarebbe una novità sulla sponda nerazzurra del Naviglio.