Il calcio è fallito (ma i giocatori fanno finta di niente)
Bilanci da incubo, club indebitati e a caccia di denaro: il Covid ha travolto il pallone ma calciatori e procuratori continuano a vivere come prima. Incuranti dello tsunami che ha colpito la loro industria - SERIE A, COSì LE BIG HANNO BRUCIATO UN MILIARDO
Il buco da 481 milioni di euro del Barcellona è destinato a rimanere un primato inarrivabile, ma è anche l'istantanea più impietosa dello stato di salute del calcio europeo nell'Anno Uno della crisi pandemica: coma profondo. Un settore industriale praticamente fallito, travolto da uno tsunami che ha cancellato in due anni 8,5 miliardi di euro di linee di ricavo, travolto soprattutto chi era più esposto e costretto i proprietari delle multinazionali del soccer a buttare sul tavolo centinaia di milioni di euro a fondo perduto oppure a cercarli indebitandosi più di quanto già non lo fossero.
Un pozzo senza fondo. Le tre nobili della Serie A (Juventus, Inter e Milan) hanno perso tra il 2019 e il 2021 oltre 938 milioni di euro più o meno equamente suddivisi e, se è vero che il Milan del fondo Elliott è più avanti delle altre due nel percorso di riequilibrio dei conti, le prospettive sono di un 2022 ancora fortemente impattato dal Covid. Nonostante il lento ritorno alla normalità, la progressiva riapertura degli stadi e qualche contratto commerciale che comincia a tornare dopo la fuga dei mesi scorsi.
Hanno perso tutti una vagonata di soldi, anche chi tradizionalmente è abituato a essere virtuoso come i tedeschi del Borussia Dortmund (passivo da 73 milioni) o i ricchissimi inglesi del Manchester United (addirittura -104). Tralasciando l'azienda Bayern Monaco e i club che fanno riferimento a Stati sovrani come PSG e Manchester City, per i quali la crisi è stata solo l'occasione di ampliare il gap a proprio vantaggio accompagnati dal silenzio della UEFA, il calcio europeo si è presentato in questo 2021 come un'azienda sull'orlo (forse oltre) del crac.
Se ne sono accorti tutti. I club hanno dovuto misurarsi con la necessità di riconoscere ai propri clienti tagli sostanziosi degli accordi stipulati: fette di sponsorizzazioni sparite da un giorno all'altro per l'impossibilità di ricevere soldi da aziende a loro volta in crisi o che, semplicemente, non hanno goduto dei benefit pagati al momento dell'intesa. Le stesse televisioni - tranne che in Italia dove la Lega ha inteso prendersi tutto da Sky come se il Covid non fosse esistito - hanno dovuto aggiustare il tiro: la UEFA ha ridotto gli assegni da market pool dopo aver dovuto accordare sconti ai broadcaster e lo stesso è accaduto nei principali campionati del Vecchio Continente.
Tutti sul Titanic tranne una categoria si super privilegiati: calciatori e procuratori. Per loro la crisi non c'è stata o, se l'hanno percepita, nel complesso l'hanno scaricata sui rispettivi datori di lavoro. Spesso e volentieri hanno preteso fino all'ultimo centesimo i loro stipendi da mercato pre-Covid (l'Inter ha annunciato di aver pagato tutto integralmente nel 2020 e 2021), nella migliore delle ipotesi hanno sottoscritto qualche micro-taglio dopo estenuanti trattative, meglio se semplicemente posticipandone la riscossione. Alla fine il calcio si è trovato stritolato in una morsa infernale: ricavi spariti, anche alla faccia dei contratti firmati, linee di costo incomprimibili.
Così stare in piedi sarebbe stato difficile per chiunque. Il pallone non ce l'ha fatta. E l'andazzo è destinato a proseguire, perché mentre a molti proprietari e dirigenti viene impartita la lezioncina su come siano stati dissennati a vivere al di sopra delle proprie possibilità (spesso scambiando gli investimenti per tentare di crescere con capricci di incompetenti), le loro stelle vanno avanti a ragionare utilizzando gli schemi del passato. Qualche caso? Le grandi italiane hanno tutte calciatori di primo livello in scadenza di contratto. Nessuno fa un passo indietro e nemmeno di lato.
Insigne ama Napoli come fosse casa sua? Vero, però o De Laurentiis gli garantisce una pensione ultramilionaria fino a che non sarà 36enne oppure via a parametro zero. Kessie voleva 6 milioni dal Milan? Maldini ora ne offre 6,5 ma nel frattempo la richiesta è salita a 8 (e il rendimento in campo è sceso e non poco). Dybala e la Juventus parlano di soldi ormai da tempi immemori, Brozovic e l'Inter discutono sulla soglia che non si può superare ("Se tizio prende 5 io voglio almeno 6 e fa niente se lui al lordo costa meno della metà"). Insieme a loro i procuratori ingrassano a colpi di commissioni che crescono con la possibilità di strappare a fine contratto un calciatore dalla sua squadra per portarlo in un'altra. Indebitata ugualmente, ma convinta di fare l'affare.
Ha raccontato Rocco Commisso, con un velo di rabbia e rassegnazione, di avere offerto al talentuoso Vlahovic un contratto da 40 milioni complessivi spalmati in cinque anni. La risposta? "Parlo con Dusan e mi dice che lui pensa solo al campo e che devo parlare con i suoi agenti, poi parlo con i procuratori e mi dicono che devo parlare con il giocatore". E la conclusione: "Non so dove si sia arrivati con questo calcio". Il rischio è che sia con i libri direttamente in tribunale e l'orchestrina del Titanic che prosegue a suonare imperterrita.
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