Le pagelle del 2020 del calcio
La corsa senza freni del Milan, Conte a due facce e la Juventus che sta sparendo: un anno di pallone (Covid permettendo) tra promossi e bocciati
Il pallone mette in archivio il suo anno horribilis. Terribile, unico (si spera), da bocciare tutto insieme perché la pandemia ne ha messo prima in discussione la stessa sopravvivenza e poi ha lasciato in eredità una crisi economica che ha riportato indietro nel tempo le lancette dell'orologio del calcio mondiale. Tutto considerato, il 2020 del calcio merita l'insufficienza piena (voto 0), anche se a ben guardare qualche segnale contrario c'è stato perché senza una forte reazione di chi il calcio lo governa (voto 8 alla Uefa ad esempio) semplicemente non ci sarebbe stato più nulla da commentare. Invece eccoci qui, con alle spalle dodici mesi indimenticabili e davanti a noi altri dodici che saranno vissuti a velocità folle, con campionati, coppa europee, manifestazioni varie, Europeo, Nations League e Olimpiadi che si salderanno in un'unica rincorsa che finirà col diventare una gara ad eliminazione per highlander.
La pagella più alta del pallone italiano (voto 10) lo prende la Figc con il suo presidente Gabriele Gravina, che viaggia spedito verso una meritata riconferma. E' stato lui a tenere la barra dritta in primavera nel mezzo del lockdown che larga parte della politica (per il ministro Spadafora voto 3) sperava di rendere definitivo almeno fino ad estate consumata. Il 2020 di via Allegri è stato tutto positivo. Anche la nazionale di Mancini (voto 8,5) ha seminato e raccolto in grande quantità e potrà guardare al 2021 con grande ottimismo. Ora Gravina annuncia che andrà dritto sulla riforma dei format dei campionati. A chi scrive, l'idea di una Serie A con playoff e playout non piace (voto 4), però il tentativo di riformare un settore sempre restio agli aggiornamenti va seguito con interesse.
Venendo al campo, il promosso per eccellenza è il Milan (voto 9) di Stefano Pioli (9). Un anno fa di questi tempi, dopo la manita incassata a Bergamo, Gazidis (voto 6 per essersi ravveduto in tempo) si era messo a caccia del successore innescando la crisi che ha portato al licenziamento di Boban. Oggi guarda tutti dall'alto in basso in una classifica rafforzata dal conto complessivo dei punti messi insieme nel 2020: 79, più di tutti. Non significa ancora nulla se non la conferma che la leadership ha radici più profonde della sola dipendenza da Ibrahimovic.
Anche Conte (voto 6,5) può lucidare un numero di quelli che vanno tenuti a mente: da quando è sulla panchina dell'Inter nessuna squadra ha raccolto di più: 115 punti contro i 107 della Juventus e i 100 del Milan. La sufficienza e non oltre deriva dalle delusioni europee dell'Inter (voto 7,5 in Italia e 4,5 in Champions League) e dalla guerra interna ed esterna che ha dichiarato alla sua società e a chi si permette di ricordagli che con gli investimenti fatti da Suning per consegnargli una rosa all'altezza è lecito chiedere di puntare alla vittoria e nulla più.
Dietro la lavagna la Juventus (voto 5) che in un anno e mezzo ha disintegrato il suo dna vincente. La scelta di Sarri (voto 6 perché alla fine l'obiettivo scudetto lo ha portato a casa) è stata sbagliata. Quella di Pirlo (5,5 fin qui, rivedibile), pare un azzardo. Non è obbligatorio vincere in eterno, però la sensazione di una marcia sportiva che ha perso la bussola è netta e il contesto economico non ha aiutato a completare l'opera di ringiovanimento della rosa iniziata sul mercato.
Merita un voto altissimo (8) l'Atalanta di Gasperini (7) che ha sognato l'inimmaginabile e cioè di approdare tra le prime quattro d'Europa. Peccato per il finale con lo strappo dal Papu Gomez (voto 7 anche a lui) che ha certificato come in ogni famiglia, anche quelle apparentemente più unite, il fuoco cova sotto la cenere. Promosso anche Fonseca (voto 7), tecnico di una Roma che si barcamena tra problemi enormi di bilancio, ristrutturazione societaria e tecnica: eppure i giallorossi non mollano e sono lì in alto, alle spalle delle sole milanesi. Dietro la lavagna, invece, l'altro allenatore 'romano' Inzaghi: voto 5,5. La sua Lazio ha volato per tre mesi poi si è sciolta come neve al sole. Eppure poteva essere l'anno giusto per tornare a festeggiare lo scudetto che manca dal 2001.
Meglio di Simone, ha fatto Pippo Inzaghi (voto 7): prima il dominio della Serie B e poi il Benevento rivelazione di questo avvio di campionato. Bisogna essere sinceri: in tanti hanno pensato che si fosse bruciato sulla panchina precoce del Milan, mentre nella realtà è stato capace di ricominciare daccapo con la sua gavetta e ora si sta prendendo grandi soddisfazioni. Una specie di storia alla Gattuso (voto 8) sul cui valore ormai non ci sono più dubbi. Ha preso il Napoli (voto 5) terremotato da vicende interne e lo ha ricostruito anche se talvolta pare che l'ostacolo più altro ce l'abbia dentro casa e risponda al nome di Aurelio De Laurentiis (voto 4,5). Il presidente e proprietario ha immensi meriti nel rilancio del club partenopeo, ma ora serve il salto di qualità definitivo che significa un progetto industriale complessivo per far entrare stabilmente il Napoli nelle grandi d'Europa.
Tra i bocciati il Torino di Cairo (voto 4): così non si può andare avanti e gli arbitri non c'entrano nulla nel lungo tunnel in cui è entrata la storia granata. Sufficienza per Commisso (voto 6) cui le p...e cominciano a girare vorticosamente avendo capito che non gli faranno fare lo stadio nuovo "fast fast fast" e che l'Italia è un posto strano dove investire una montagna di denaro. Per tutti c'è comunque tempo di emendare i propri errori e correggere la direzione presa. Il 2021 sarà l'anno della verità, quello che dovrà trascinare il pallone italiano fuori dalla crisi e dirci se saremo stati capaci di approfittarne per migliorare o se torneremo quelli di prima. Declinanti nel confronto con i competitor europei.